Sotoudeh è stata in sciopero della fame per sei settimane per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigioneri politici in Iran: ricoverata in ospedale, è stata dimessa dopo pochi giorni ma senza le cure adeguate, ha raccontato il marito Reza Khandan. “Nasrin Sotoudeh è uscita con un permesso temporaneo autorizzato dalla prigione femminile” in cui è detenuta, ha fatto sapere l’agenzia di stampa iraniana Mizan.
In questi mesi, da febbraio, il governo di Teheran ha concesso permessi di uscita temporanea dal carcere a migliaia di detenuti per evitare una diffusione dell’epidemia di coronavirus nelle spesso sovraffollate prigioni iraniane. I prigionieri politici però sono stati in gran parte esclusi dalla misura.
Sotoudeh, che ha 57 anni, è una delle avvocatesse e attiviste per i diritti umani più note e apprezzate in Iran, insignita del premio Sakharov nel 2012: si è battuta contro la pena di morte e per i diritti delle donne, difendendo molte ragazze che aveva protestato contro l’obbligo del velo in Iran, un impegno che le è costato una condanna a 38 anni per propaganda contro lo stato e spionaggio. Era già stata in carcere 8 anni fa con le stesse accuse. Pochi mesi fa anche sua figlia Mehraveh, che ha 20 anni, è finita nelle maglie della giustizia iraniana, arrestata e dopo poco rilasciata con l’accusa di aver aggredito una guardia penitenziaria.
Il marito di Nasrin, Reza Khandan ha denunciato il processo a carico della figlia come l’ennesimo atto di pressione nei confronti della sua famiglia per spingere Sotoudeh a interrompere lo sciopero della fame e le sue attività in difesa dei diritti.