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Nelle carte dell’accusa il vorticoso giro di favori reciproci tra Muttoni, Esposito, Lavolta e l’ex caposcorta del pm Padalino e poi della sindaca, il poliziotto Barbato

di OTTAVIA GIUSTETTI

La maxi inchiesta sui mondo dei concerti, e non solo, conta quaranta persone indagate e 86 capi di imputazione, tra cui turbativa d’asta, corruzione, traffico di influenze illecite, falso ideologico, corruzione elettorale, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, accesso abusivo al sistema informatico.

E’ un lavoro articolato e complesso, un puzzle messo insieme in cinque anni di indagini, quello che ha chiuso questa mattina la procura di Torino e che ha tra gli indagati personaggi politici, imprenditori importanti ma anche tanti esponenti di forze dell’ordine e dipendenti della prefettura di Torino per diversi filoni che si intrecciano ma scaturiscono da un unico faro, acceso nel 2015, sui tentativi di Giulio Muttoni, ex patron di Set Up Live – la società torinese che insieme a Live Nation ha ereditato, in Parcolimpico, il Palaisozaki, e tutti gli impianti di Torino 2006 – di ottenere la revoca di un provvedimento di interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Milano durante l’Expo, interdittiva che nasceva da una rilettura delle carte dell’inchiesta torinese sulla ‘ndrangheta, battezzata San Michele.

Sulle tracce delle azioni che l’imprenditore mise in campo per aggirare quel grave ostacolo che metteva in seria difficoltà economica la sua azienda, prima i carabinieri del Nucleo operativo, poi i carabinieri della procura, hanno fotografato episodi che coinvolgono l’ex senatore Pd Stefano Esposito, accusato di corruzione e traffico di influenze per essersi adoperato anche come componente della commissione parlamentare antimafia e per i suoi rapporti con l’Anac, l’autorità anticorruzione, a favore dell’amico fraterno Muttoni. “Procurò anche un incontro al suo legale, presso la propria abitazione con il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, in occasione di un evento pubblico in Torino, per acquisire informazioni volte a individuare strategie e consigli finalizzati a ottenere la revoca del provvedimento”, è scritto nell’atto di chiusura indagini.

Esposito, secondo il pm Gianfranco Colace che coordina l’inchiesta, riceveva in cambio cospicue somme di denaro in prestito che restituiva solo in parte e a interessi inferiori all’1%. Utilizzava una linea telefonica intestata a Set Up Live e faceva esercizio su un tapis roulant regalatogli dal “re” dei concerti. In questo filone compaiono anche tra gli indagati Roberto De Luca, presidente di Live Nation Italia, e un maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alla Dia (Direzione distrettuale antimafia), anche lui accusato di essersi adoperato per aiutare Muttoni compiendo azioni contrarie al suo dovere di pubblico ufficiale impiegato, ottenendo in cambio la promessa di una intercessione di Esposito per trovare un incarico di lavoro meglio remunerato.

Ma l’indagine si intreccia anche con una sospetta gara d’appalto, sempre del 2015, per l’individuazione della location dove organizzare il “Terzo forum mondiale dello sviluppo economico locale”, nella quale Parcolimpico e Gl Events si erano entrambi candidati. Per questa vicenda sono accusati del reato di turbata libertà del procedimento ancora Giulio Muttoni e Stefano Esposito ma anche Enzo Lavolta, consigliere comunale del Pd in Comune nonché aspirante candidato sindaco della Città di Torino nel 2021. Lavolta, dietro richiesta del collega di partito avrebbe dato una mano a Set Up per aggiudicarsi l’organizzazione.

Su Lavolta pende anche un’accusa di corruzione elettorale per un episodio del 2017. Ma l’elenco di nomi coinvolti è ancora lungo, e tra questi vi sono membri della commissione prefettizia che davano l’ok ai concerti al Palaisozaki e poi erano spesso anche in platea, ospiti di Set Up Live, ad assistere agli spettacoli, il vice comandante dei Vigili del fuoco, Giovanni Ciccorelli, che non si perdeva uno show e riceveva biglietti per sé e per amici o parenti, un appuntato dei carabinieri del Cocer, Luigi Pappalardo, che avrebbe chiesto in virtù del proprio ruolo un totale di 210 biglietti per i concerti al presidente di Set Up Live.

Infine, un capitolo articolato fa riferimento a Davide Barbato, sovrintendente capo della Polizia di Stato e addetto al servizio scorte della Questura, rimosso dall’incarico un anno fa, mentre era impegnato come capo scorta della sindaca Chiara Appendino (totalmente estranea all’indagine), per un elenco interminabile di episodi penalmente discutibili che gli venivano già contestati. All’epoca dei fatti oggetto dell’inchiesta, Barbato era il capo scorta del pm Andrea Padalino, sotto protezione per i suoi processi agli esponenti più violenti del movimento No Tav, ma poi finito anche lui nei guai giudiziari e ora sotto inchiesta della procura di Milano.

Barbato, all’epoca secondo la ricostruzione del pm Colace, si adoperava come appartenente al corpo di Polizia per elargire favori di ogni genere, permessi di soggiorno rapidi, per esempio, pratiche di passaporto o di porto d’armi, in cambio di promesse di un lavoro per i figlio, ma anche regali di abbigliamento intimo, un telefono cellulare, ingressi gratis nelle discoteche. Dall’elenco degli episodi che gli vengono contestati risulta che Barbato aveva l’abitudine di far controllare a dipendenti delle amministrazioni suoi complici dati anagrafici o carichi penali pendenti di persone per qualche ragione sconosciuta, gli interessavano.

Così, ha una sfilza di contestazioni di accesso abusivo al sistema informatico, in concorso con un altro poliziotto in servizio alla Digos, Giovanni Ingallina, che era di fatto la sua chiave d’accesso alla banca dati della questura. Infine è accusato, insieme a un avvocato di Torino, Stefano La Notte, di abuso d’ufficio per averlo indicato come difensore di fiducia in cinque occasioni a persone che avevano bisogno di un legale.

Sorgente: Prestiti agevolati e un tapis roulant all’ex senatore: così il re dei concerti voleva neutralizzare lo stop dall’Antimafia – la Repubblica

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