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Morti raddoppiati in 24 ore. L’Iss: è la fase acuta, indice di contagio a 1,17. E gli organici sono quelli di giugno: mai spesi fondi per 1,2 miliardi di euro

ROMA. Mentre il numero dei contagi esplode e quello dei morti torna a far tremare i polsi, si scopre che la prima trincea anti-Covid, quella dei cacciatori di virus che devono scovare, testare e isolare le persone contagiose, è rimasta sguarnita. Perché erano una pattuglia di 8.966 uomini il 26 giugno, quando di casi se ne contavano poche centinaia, sono 9.241 oggi, con 8.804 positivi in 24 ore. E poiché per ogni nuovo contagiato bisogna rintracciare in media 20 suoi contatti stretti, vuol dire che ogni giorno c’è da dare la caccia a circa 170 mila persone a rischio.

 

 

Troppe per una truppa così piccola. Che infatti riesce a mettere in isolamento domiciliare tra le 5 e le 6mila persone al giorno, perdendosene per strada le restanti 165mila per le quali non si è riusciti a fare il tracciamento. «La Caporetto del contact tracing», l’ha definita nell’intervista rilasciata ieri a La Stampa il padre del «metodo Vo’», Andrea Crisanti. E oggi scopriamo che è proprio così perché le Regioni non hanno attinto a quella dote di 1,25 miliardi stanziati a maggio dal decreto Rilancio per assumere professionisti sanitari nel territorio. E in particolare in quei servizi di prevenzione delle Asl che devono farsi carico di tracciare i contatti a rischio.

 

 

In realtà i dati del ministero della Salute dicono che al 12 giugno risultavano essere stati assunti 27.278 tra medici, infermieri e operatori sanitari. Ma come fa osservare Carlo Palermo, segretario nazionale dell’Anaao, il più rappresentativo sindacato dei camici bianchi ospedalieri, «quelle assunzioni sono andate a rimpiazzare il personale andato in pensione». Fatto sta che confrontando i dati regionali sul personale addetto a testing e contact tracing, contenuti nei report settimanali di Iss e ministero della salute, scopriamo che da fine giugno a oggi sono stati reclutati appena 275 cacciatori di virus. E Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia, Liguria e Piemonte hanno persino leggermente tagliato gli organici. Mentre il Lazio, che ha assunto, ha fatto anche il record di tamponi.

 

 

«In Piemonte siamo partiti con una dotazione sopra lo standard previsto dal ministero, che però era pensato prima dell’emergenza Covid. Abbiamo fatto bandi di assunzione ma si presentano in pochi, tanto che ricorreremo anche agli amministrativi, almeno per funzioni come il caricamento dati e il trasporto», spiega l’assessore piemontese alla sanità, Luigi Icardi.

 

 

Una débâcle che spiega, se non tutta, buona parte della seconda ondata che sta investendo l’Italia, con i morti raddoppiati in un giorno da 43 a 83, altri 326 ricoverati in più nei reparti di medicina e 47 nelle terapie intensive. Per l’Iss «l’epidemia accelera». L’indice Rt a livello nazionale è salito a 1,17. A Milano è ormai sopra 2 da 48 ore. Il che significa che ogni contagiato infetta più di due persone, facendo crescere a ritmo esponenziale la curva epidemica. Ma la situazione si sta facendo drammatica anche a Napoli, dove si concentra il 70% degli oltre mille casi registrati in Campania, nelle zone del centro di Genova, a Belluno.

 

 

Si sente dire spesso che la marea dei contagi è spinta dall’aumento dei tamponi, ieri nuovo record di quasi 163mila. Ma se fosse così dovremmo veder diluire la percentuale di positivi sulle persone testate per la prima diagnosi. E invece si è passati dallo 0,8 di fine giugno all’8,9% di ieri. Segno che di virus ne circola tanto. Troppo per sperare che una sparuta pattuglia di 9.241 sanitari arruolati per dargli la caccia riesca a fermarlo senza l’aiuto di nuove chiusure.

 

 

Sorgente: Ora l’epidemia accelera, il personale sanitario non è stato potenziato – Il Secolo XIX

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