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di Fabio Sottocornola

La birra e la Banca

Vince Heineken, davanti alla Banca d’Italia e a Costa Crociere. Un gradino fuori dal podio ci sono Microsoft, l’Hilton hotel e la catena di occhialeria Salmoiraghi & Viganò. A seguire, la sorpresa del gruppo Magna che in Puglia produce parti di automobili (il blocco dei cambi) e batte la Ferrari di Maranello. Poi, l’università di Milano Bicocca, la farmaceutica Pfizer e Alpitour. Sono questi i primi dieci best employers in Italia. Cioè i migliori posti in cui lavorare, secondo il mega sondaggio condotto tra i lavoratori dipendenti contattati attraverso un Online Access Panel e Corriere.it da Statista, una piattaforma digitale tedesca che raccoglie ed elabora dati, informazioni e ricerche in 170 ambiti economici. Oltre 650 mila le risposte ricevute da cui è uscita la graduatoria globale fatta da 400 posizioni (vedere la scheda relativa in fondo alla gallery). Ma è anche possibile osservare i confronti all’interno di singoli settori: sono 20 le aree di attività, come per esempio banche e assicurazioni, oppure abbigliamento e accessori. Nelle pagine che seguono tutte le classifiche divise per ciascun comparto. Dunque, l’Italy’s best employers 2021 è vinto dalla catena olandese di birrifici presente in Italia da oltre 40 anni con quattro siti produttivi e un network per la distribuzione e il marketing: un totale di duemila addetti per i quali è stato costruito un innovativo piano di welfare che ha puntato su comunicazione e fruizione digitale. Al secondo posto, istituzione tra le più ambite in cui lavorare, la Banca d’Italia sta innovando sul fronte dell’attenzione ai 6.600 dipendenti: è appena partito un piano di flexible benefit in base al quale ogni lavoratore riceve un credito individuale spendibile in servizi per la persona a cui si aggiunge un contributo welfare per famiglia, a seconda del numero e dell’età dei figli. La ricerca di Statista, condotta nei mesi dell’estate, è una fotografia sul clima aziendale in Italia dopo il lockdown. Ovviamente, con quello che ancora sta accadendo a causa della pandemia, è sempre opportuno aggiornare il punto di vista.

«C’è un grande bisogno di ri-orientarsi —, esordisce Gabriele Gabrielli che insegna Organizzazione e gestione delle risorse umane alla Università Luiss, con un passato da top executive in realtà quali Ferrovie dello Stato, Wind ed Enel —. Le persone sono disorientate per il lavoro, un po’ in presenza un po’ a distanza. Si fanno domande tipo: operativamente, dove mi colloco? La risposta deve arrivare dai manager: oggi hanno il compito di ricordare e comunicare. Ricordare qual è lo scopo dell’impresa e rispondere a domande tipo: a che cosa serve il lavoro che sto facendo? E comunicare. Per esempio, che tutti dobbiamo andare verso la stessa direzione». Gabrielli non nasconde che anche i manager sono disorientati: «Tutti questi scossoni hanno mandato le leadership sottosopra. C’è bisogno di fare i conti con dimensioni nuove, come lo smart working, cioè con l’assenza della presenza. Finora i capi avevano costruito modelli di lavoro basati sulla complicità organizzativa, con team magari costruiti alla pausa pranzo o alla macchinetta del caffè. Oggi come si rafforza il senso di appartenenza all’impresa, vivendola dal di fuori?». La parola magica è preStanza, una crasi tra presenza e distanza. Torna al centro la fiducia più che il controllo, l’attenzione ai risultati più che alle procedure.

 

 

Gabriele Ghini, managing director della società di head hunting Transearch Italia parla di una leadership bidimensionale: se prima il dirigente girava per l’ufficio e vedeva cosa facevano i collaboratori, adesso deve interagire con persone spesso non felici di lavorare sole da casa. E senza motivazioni. «Devono riuscire a dare un supporto vero. Essere molto rigorosi e più affettivi».

Buttando lo sguardo al di là di quanto può accadere nei prossimi mesi, secondo Ghini le aziende attueranno attività miste tra presenza e distanza. «Quindi occorre ripensare alla dimensione degli uffici, saranno rivisti strumenti come i ticket per il pranzo e verranno fuori opportunità interessanti, di cui si comincia a vedere qualcosa. Per esempio, in un assetto di lavoro misto, anche le donne impegnate in famiglia potranno cogliere più occasioni per accedere a posizioni rilevanti. Mentre oggi la sola vita di ufficio le penalizza». Punta molto sul valore del fattore umano l’economista Marco Vitale, al di là di aspetti come la sicurezza, la formazione, le opportunità di carriera. «Questi sono strumenti che funzionano se prima l’azienda ha messo al centro l’idea che si tratta di una società di persone, un ambiente comunitario. Il capitalismo finanziario degli ultimi anni ha tradito questa visione, alla quale si deve tornare anche in forme nuove. Con il rispetto della persona e dell’ambiente».

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Sorgente:corriere.it
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