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Centro di accoglienza, Milano

Quasi umani. Esame veloce delle domande di asilo per chi elude i controlli o arriva da un Paese sicuro. Via le maxi multe alle ong ma non si chiude alla Libia

Carlo Lania

Più luci che ombre, ma queste ultime ci sono. La riscrittura dei decreti sicurezza di Matteo Salvini, varata lunedì notte dal consiglio dei ministri, manda definitivamente in soffitta le misure anti migranti volute dal leader della Lega, senza però arrivare a cancellare l’impostazione di fondo che vede ancora l’immigrazione come un problema di sicurezza. Al punto da fare dell’Italia una sorta di laboratorio nel quale sperimentare alcune delle misure inserite nel piano europeo su immigrazione e asilo presentato nelle scorse settimane a Bruxelles.

Un esempio di questa impostazione si trova all’articolo 2 del decreto («Disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale») che prevede la possibilità per le commissioni territoriali di esaminare le richieste di asilo «entro sette giorni dalla data di ricezione della documentazione» da parte della questura, arrivando a una decisione «entro i successivi due giorni». Una procedura accelerata che rischia di compromettere pesantemente il diritto di chiedere asilo e riservata a quanti presentano la domanda dall’interno di un Centro per rimpatri e a chi viene fermato alla frontiera per aver eluso i controlli (esclusi quindi i migranti tratti in salvo da una nave). Ma anche per chi arriva da un Paese ritenuto sicuro. Per queste categorie, la richiesta può essere valutata in tempi stretti e «direttamente alla frontiera o nelle zone limitrofe».

Un’altra questione riguarda le navi delle ong. Non ci sono più le maxi multe introdotte da Salvini per le navi che non rispettano il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane (la cui decisione torna al ministero dell’Interno solo per ragioni di sicurezza pubblica) e le sanzioni tornano a quelle previste dal codice della navigazione (tra 10 mila e 50 mila euro) ma potranno essere decise, grazie alla trasformazione del reato da amministrativo a penale, solo da un giudice al termine di un processo.

Nessuna sanzione però se il salvataggio viene comunicato al centro di coordinamento competente e al Paese di bandiera della nave ed effettuato «nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e soccorso in mare». Punto controverso, quest’ultimo, visto che scritta in questo modo la norma non esclude che a fornire indicazioni su dove sbarcare i migranti possa essere anche la Libia, Paese verso il quale nessuna nave delle ong accetterebbe mai di dirigersi. Per quanto ammorbidita dal continuo riferimento al rispetto dei trattati internazionali, resta comunque l’impronta punitiva nei confronti delle navi umanitarie, molte delle quali ieri non hanno fatto mancare critiche al provvedimento.

Come si è detto nel nuovo decreto non mancano però gli aspetti positivi. Primo fra tutti l’estensione della protezione speciale a nuove categorie di migranti vulnerabili con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Introdotto anche il divieto di respingimento o rimpatrio verso Paesi nei quali vengono compiute violazioni dei diritti umani

Altro punto di vera discontinuità con i decreti del precedente governo riguarda l’accoglienza dei richiedenti asilo. Il testo licenziato dal consiglio dei ministri prevede un nuovo sistema denominato Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) formato da due livelli: un primo, gestito dai prefetti, che si occuperà della prima assistenza, e un secondo gestito dai Comuni dove avviare l’integrazione e composto da centri piccoli con al massimo cento persone.

Reintrodotta anche la possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale e di chiedere una carta di identità valida tre anni, mentre scende da 180 giorni a 90 il periodo massimo di detenzione all’interno dei Centri per il rimpatrio, prorogabili di altri 30 se il migrante appartiene a un Paese con cui l’Italia ha sottoscritto un accordo per i rimpatri. Novità infine anche per quanto riguarda le domande di cittadinanza. I tempi di attesa di una risposta, fatti salire da Salvini fino a 48 mesi, scende a 36, mentre il termine fissato prima dei decreti sicurezza era di 24. Un altro punto su cui l’esecutivo avrebbe potuto mostrare maggiore coraggio.

Scontata la reazione di Salvini, che ieri ha definito «decreti clandestini» il nuovo provvedimento e annunciato una raccolta di firme per bloccarlo.

Sorgente: ilmanifesto.it

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