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Ci vorranno ore se non giorni prima di conoscere i risultati delle elezioni che si sono svolte ieri in Bolivia. Si è votato per il nuovo presidente dopo l’annullamento per frode delle consultazioni, contestatissime, dell’ottobre del 2019, la cacciata dell’ex presidente Evo Morales, la sua fuga prima in Messico e poi in Argentina e la nomina di un governo provvisorio dominato dalla destra estrema. Ma gli exit poll e il conteggio rapido realizzato dalla principale tv della Bolivia danno per vincitore il candidato della sinistra Luis Arce, ministro delle Finanze per 11 dei quasi quattordici anni di governo dell’ex presidente ed ex leader dei cocaleros. Si tratta di dati ufficiosi e parziali che vanno oltre quello che rilevavano i sondaggi degli ultimi giorni. Con il 52 per cento dei voti, Arce si avvia a diventare il prossimo presidente della Bolivia; il suo avversario, il centrista Carlos Mesa, con il 31,5 per cento, non ha il margine sufficiente di 10 punti, utile ad andare al ballottaggio così come prevede la Costituzione.Nonostante si tratti di un risultato ancora da confermare, c’è festa grande tra gli strati più poveri e contadini del Paese e tra le folte comunità indigene che hanno sempre votato per il Mas, partito fondato da Morales di cui Arce è esponente. La presidente transitoria Janine Añez si è complimentata con Arce. “Sebbene non abbiamo alcun conteggio ufficiale”, ha scritto su Twitter l’esponente della destra, “in base ai dati di cui siamo a conoscenza i signor Arce e il signor Choquehuanca (il suo vice, ndr) hanno vinto le elezioni. Mi congratulo con i vincitori e chiedo loro di governare pensando alla Bolivia e alla democrazia”.Se il risultato verrà confermato anche dal Tribunale Supremo Elettorale si tratterà di un successo schiacciante. Nemmeno le previsioni più ottimiste lo prevedevano: il Mas si trova adesso a gestire un potere che la rivolta dell’anno scorso, fomentata dalla borghesia ricca e bianca esclusa dal potere negli ultimi 15 anni, aveva affidato alla destra con un colpo di mano sostenuto dai militari. L’esponente di questa rivolta, l’uomo che guidò i Comitati civici, Luis Fernando Camacho, leader di Santa Cruz, feudo degli anti Morales, nelle regioni orientali del Paese, ha ottenuto il 14,1 per cento, sempre secondo gli exit poll e le proiezioni della televisione.Ricchi contro poveri, indigeni aymara contro bianchi delle regioni orientali. In un clima teso e polarizzato tra una sinistra contadina e una destra decisa a riprendersi il potere ininterrotto di Evo Morales, la Bolivia aveva affrontato questo appuntamento elettorale. In dodici mesi, da quando era stato tolto a furor di popolo lo scettro del potere a Evo Morales, sono accadute tante cose. Il piccolo Paese andino incuneato tra Argentina, Cile, Perú, Paraguay e Brasile ha visto la fuga del leader socialista che era riuscito a sostenere una crescita economica sorprendente in un Continente travolto dalla crisi, il suo rifugio prima in Messico e poi in Argentina, dove tuttora si trova, la rivolta di una classe media e alta, l’intervento dell’esercito con un golpe strisciante, la presidenza transitoria di un blocco reazionario animato da un desiderio di rivalsa e di vendetta, il ciclone della pandemia che ha colpito 139 mila persone e provocato più di 8 mila vittime. Ora resta sospesa la posizione di Evo Morales. È stato accusato di terrorismo da parte della magistratura. È riparato da mesi in Argentina, non è amato dai suoi detrattori ma difeso a oltranza dai suoi seguaci. Se dovesse rientrare in patria dovrebbe affrontare un giudizio pieno di incognite. La vittoria del suo Mas e del suo ex ministro delle Finanze potrebbero aiutarlo a smontare le accuse, molte delle quali hanno motivazioni politiche.

Sorgente: Bolivia, il socialista Arce verso la vittoria: in ballo anche il futuro di Morales – la Repubblica

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