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Il Mose pronto ad alzarsi sabato (archivio)

L’acqua alta potrebbe arrivare a 140 cm, la decisione di Spitz e Zincone: sarebbe la prima volta

di Alberto Zorxi

VENEZIA Potrebbe essere il momento atteso a Venezia da quasi 54 anni. Da quel 4 novembre del 1966, quando una marea straordinaria arrivata a 194 centimetri sopra il livello del medio mare, poi passata alla storia come «acqua granda», aveva stravolto Venezia e dato il via al dibattito su come salvarla. Sabato, per la prima volta, il Mose potrebbe essere chiuso in emergenza per proteggere la città dall’alta marea: 78 paratoie potrebbero alzarsi – come hanno già fatto per tre volte tutte assieme, sebbene in condizioni meteo tranquille, ben lontane da quelle previste fra tre giorni – per creare una barriera tra mare e laguna. Il condizionale è d’obbligo. In primo luogo perché tutto dipenderà dal livello a cui l’acqua arriverà sabato. A mettere in pre-allerta la «macchina» sono state però le previsioni molto preoccupanti: quelle in mano al Provveditorato parlano di una «forchetta» che va da un minimo di 112 centimetri a una massimo di 134; il Centro maree del Comune di Venezia ipotizza un picco di 130/140 centimetri. Certo, mancano ancora tre giorni e il meteo può cambiare: il problema è che il picco della marea cosiddetta «meteorologica» a volte coincide con quella «astronomica», che sia venerdì che sabato, intorno a mezzogiorno, toccherà quota 75 centimetri. Mentre venerdì l’apporto meteo, soprattutto il vento di scirocco, sarà ridotto e si prevede una quota massima di 105 centimetri, sabato qualche rischio in più c’è.

La decisione del commissario

È a questo punto che il commissario «sblocca cantieri» del Mose Elisabetta Spitz e il provveditore alle opere pubbliche Cinzia Zincone si sono parlate e hanno deciso: sabato il Mose si potrà alzare. D’altra parte era stata la stessa Spitz a dirlo con decisione: «Da ottobre saremo in grado di chiudere il Mose in emergenza». L’opera infatti non è finita e il cronoprogramma prevede che sia consegnata a dicembre 2021, ma si è deciso di accelerare i tempi, con tutti i rischi connessi. Per «emergenza» è stata ritenuta una marea superiore a 130 centimetri, come sancisce la procedura di sollevamento stabilita proprio dalle due donne, anche se forse la speranza era che quelle quote arrivassero un po’ più avanti nel tempo: a fine ottobre, se non addirittura il mese successivo, come l’anno scorso quando il 12 novembre si toccò la seconda marea di sempre con 187 centimetri. Ovviamente nel caso in cui nei prossimi giorni le provisioni dovessero calare l’allarme rientrerebbe. «Abbiamo avuto trombe marine in mezza Italia, anche al largo delle coste veneziane, un fenomeno che di solito si verifica in maggio o giugno – sottolinea Alvise Papa, direttore del Centro maree – Per il prossimo fine settimana sono previste mareggiate da scirocco, un fenomeno tardo autunnale. Certamente un segnale dei cambiamenti climatici».

Primo all’ordine del giorno

Quella della procedura di emergenza è la seconda incognita. Il testo infatti sarà messo proprio mercoledì al vaglio del Comitato tecnico-amministrativo del Provveditorato. Per non sbagliarsi, il provveditore Zincone ha fatto mettere l’argomento al primo posto dell’ordine del giorno, in modo da ottenere quell’approvazione che sarebbe fondamentale per alzare le dighe già sabato. La procedura prevede, appunto, che il Mose si sollevi a 130 e che la decisione spetti al commissario e al provveditore. L’operazione sarà gestita dal Consorzio Venezia Nuova, in attesa che con il decreto Agosto – la cui conversione in legge è in itinere al Senato – nasca l’Autorità per la laguna, a cui spetteranno gestione e manutenzione del Mose.

Tre test già eseguiti

Il Cvn, che ha realizzato l’opera dalla posa della prima pietra nel 2003 a oggi, ha già gestito tre test di sollevamento completo. Il primo è stato il 10 luglio, alla presenza del premier Giuseppe Conte; poi ci sono stati quelli del 7 agosto e dell’11 settembre. In quest’ultima occasione per la prima volta le paratoie sono state sollevate in modalità automatica, anche se un problema di software ha causato un ritardo alla bocca di Malamocco, dove la diga si è chiusa mezz’ora dopo le altre. Dopo una rapida riconfigurazione, è stato fatto un secondo tentativo che è invece durato 50 minuti, come il sollevamento delle altre tre bocche fatto in precedenza (Lido Treporti, Lido San Nicolò e Chioggia) e dunque i tecnici ritengono superato quel problema. E’ per questo che però si invita sempre alla prudenza, proprio perché mancano le prove con il mare mosso.

Il prossimo l’11 ottobre, ma potrebbe essere anticipato

Il prossimo test era invece previsto per l’11 ottobre e si sarebbe dovuta testare proprio la procedura, che prevede anche la comunicazione sei ore prima del sollevamento a tutti gli enti coinvolti (Comune, Regione, Porto, Capitaneria e così via) e poi aggiornamenti frequenti sull’evoluzione della situazione fino all’abbassamento. Ma forse la realtà costringerà ad anticipare tutto.

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