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A Rosarno

Agricoltura. Il flop della sanatoria aggrava degrado e sfruttamento tra i braccianti di Rosarno. Condizioni di vita e di lavoro indegne raccolte nel VII rapporto Medu (Medici per i Diritti Umani)

Marco Omizzolo

Sfruttamento lavorativo endemico, condizioni igienico-sanitarie precarie, difficoltà di accesso ai diritti fondamentali e ai servizi territoriali e uno stato di abbandono da parte delle istituzioni che ha, tra le altre cose, esposto al Covid migliaia di braccianti immigrati della Piana di Gioia Tauro.

Questa è la sintesi del VII rapporto Medu (Medici per i Diritti Umani) dal titolo «La pandemia di Rosarno» relativo alle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri residenti in particolare negli insediamenti informali nei comuni di Rosarno, San Ferdinando, Drosi (frazione del comune di Rizziconi) e Taurianova.

A fare da involontario sostegno ai dati di Medu, quelli pubblicati in contemporanea dal Ministero dell’Interno sull’emersione dei rapporti di lavoro prevista dall’articolo 103, comma 1, del decreto legge 34/2020.

Mentre, infatti, il rapporto Medu fotografa il drammatico peggioramento delle condizioni di vita, sociali e di lavoro dei braccianti immigrati, anche per via del combinato disposto del Covid-19 e della legge 132/2018 (decreto «Sicurezza»), i dati del Viminale certificano le contraddizioni di un provvedimento di emersione che doveva servire, stando alle dichiarazioni del governo, a superare quelle condizioni sociali e lavorative per riconoscere ai braccianti stranieri, dignità, sicurezza e legalità.

Un’aspettativa, sinora, sostanzialmente delusa.

Basti pensare che le domande di emersione ricevute dal portale del Ministero dell’Interno sono sinora solo 123.429, a fronte di una platea potenziale di circa 620 mila persone.

Per quanto riguarda i settori interessati dal provvedimento, il lavoro domestico e di assistenza alla persona comprende l’87% delle domande perfezionate (97.968), mentre quello subordinato, ossia agricolo, arriva appena al 13% (14.360).

I due documenti, dunque, sono la fotografia impietosa che segna tutta la distanza tra una norma, che era e resta giusta nelle intenzioni, ma anche incapace – per come è stata costruita – di intervenire sulle cause reali dello sfruttamento lavorativo degli immigrati in Italia, e la realtà di fatto delle agromafie nella Piana di Gioia Tauro.

Volontari Medu nella Piana

Nel corso di tre mesi circa di attività precedenti la pandemia (fine novembre 2019-febbraio 2020), Medu è riuscita a fornire, con la sua clinica mobile, servizi fondamentali di assistenza sanitaria, sociale e legale a 231 persone, divenute poi 400 in piena fase Covid, ai quali ha garantito sorveglianza attiva e la fornitura dei dispositivi di sicurezza.

I migranti intercettati, tutti uomini e con un’età media di 30 anni, provenivano dall’Africa subsahariana occidentale, in particolare da Mali (49%), Senegal (12%), Ghana (9%) e Gambia (9%). Il 63% di loro, peraltro, è risultata residente in Italia da più di 4 anni, il 25% da meno di 3 anni e il 12% da oltre dieci anni.

E ancora, l’81% delle 131 persone intervistate era presente nella Piana in modo stagionale, mentre il 19% ha dichiarato di vivere stabilmente in Calabria. Interessante notare che delle 213 persone che hanno fornito informazioni sulla propria condizione giuridica, il 90% è risultato regolarmente soggiornante, a fronte del 10% di irregolari.

Tra le persone regolarmente soggiornanti, i due terzi erano richiedenti asilo (28%), titolari di protezione internazionale (13% protezione sussidiaria, 1% status di rifugiato) e altri tipi di protezione (14% protezione umanitaria, 10% casi speciali, 2% protezione speciale).

Rilevante è poi il dato delle persone in fase di rinnovo o conversione della protezione umanitaria (25%) mentre solo il 7% degli assistiti era in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Medu ha anche prestato assistenza sanitaria a 201 persone nel corso di 291 visite mediche. Il 22% di loro è risultata affetta da patologie dell’apparato respiratorio, il 19% da patologie dell’apparato osteo-articolare, il 15% da patologie all’apparato digerente e il 9% da patologie della cute. A questi bisogna aggiungere, infine, una quota non irrilevante di pazienti che necessitano di supporto psicologico e/o psichiatrico a causa di un forte stress emotivo.

Il quadro generale che ne deriva è l’espressione di condizioni di vita e di lavoro estremamente difficili sul piano igienico-sanitario e per una diffusa emarginazione sociale, stigmatizzazione, promiscuità abitativa, carenza di elettricità e servizi igienici, mancanza di acqua potabile e riscaldamento negli insediamenti a cui si devono associare condizioni lavorative disumane.

Il rapporto di Medu mette in evidenza tutta la distanza tra la condizione reale dei bracciani immigrati sfruttati e una politica governativa che è lontana dalle ragioni di chi vive ogni giorno la violenza di un sistema di produzione criminale fondato su sfruttamento e caporalato.

 

Sorgente: ilmanifesto.it

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