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Coronavirus: Spagna, Germania e i nuovi focolai. L'Europa in ansia

Dopo la Francia e la Gran Bretagna, anche la Germania mette in allerta i propri cittadini dal viaggiare in alcune regioni della Spagna. Ed è scontro diplomatico con Madrid

di Elisabetta Rosaspina

Viaggiare poco, viaggiare il meno possibile: dalla Germania alla Francia, dalla Gran Bretagna alla Spagna, la paura della seconda ondata di contagi spinge i governi a frenare la circolazione dei propri residenti all’estero e quindi il turismo internazionale, sprofondato in un passivo tre volte peggiore di quello provocato dalla crisi del 2008.

All’indice in Europa, Madrid reagisce. Sul fronte esterno contro i governi, in particolare di Londra, Parigi e Berlino, che hanno più o meno energicamente dissuaso i loro cittadini dal partire per la Spagna. E sul fronte interno contro gli indisciplinati che, soprattutto di notte, dimenticano le cautele anti Covid e si ritrovano in festosi e affollati «botellon», happening ad alta gradazione alcolica, nelle piazze o sulle spiagge. Chi beve per strada rischia ora multe fino a 15 mila euro. E Madrid ha ripristinato l’obbligo di mascherine anche all’aperto.

Ma i focolai di coronavirus divampati nelle ultime settimane in comunità autonome già provate come Catalogna, Aragona e Navarra, non giustificano, secondo il premier Pedro Sánchez, l’embargo turistico nei confronti di tutto il paese, isole comprese, decretato dalla Gran Bretagna, imitata da Belgio, Norvegia, Olanda e ora anche dalla Germania. Dove pure la situazione interna non è tranquillizzante. Due giorni fa un nuovo focolaio è stato individuato in un’azienda agricola della Baviera, vicino a Mamming, 174 lavoratori stagionali sono risultati positivi al coronavirus e 500 dipendenti sono finiti in quarantena. L’istituto tedesco di epidemiologia segnala una media quotidiana di 557 nuovi casi, mentre a metà luglio erano 350. (Qui l’intervista all’epidemiologa Stefania Salmaso: «Ecco cosa sta succedendo in Europa, e che cosa dovrebbe fare l’Italia»)

Ma per ora è la Spagna la sorvegliata speciale in Europa. A chi torna o arriva dal suo territorio sono imposti 14 giorni di quarantena obbligatoria in Gran Bretagna, dieci in Norvegia. L’isolamento è previsto anche in Belgio e in Olanda, ma soltanto per chi proviene da alcune regioni, come la Catalogna, i Paesi Baschi, la Galizia. Anche Parigi si limita per ora a raccomandare di stare alla larga dalla Catalogna, che ha totalizzato 76 mila contagi, e a sottoporsi al test PCR al ritorno. Ciononostante nutrite comitive di francesi sono state avvistate sulla Costa Brava e il primo ministro francese, Jean Castex, medita di chiudere le frontiere.

Il suo collega britannico, Boris Johnson, non è meno drastico nonostante i tentativi di mediazione del governo spagnolo. Che gli rammenta quanto il virus sia ancora attivo nel Regno Unito dove gli infettati sono oltre 300 mila, 21 mila in più di quelli diagnosticati finora in Spagna. E dove il numero delle vittime, quasi 46 mila, è il più alto d’Europa. Ma da Downing Street si fa notare che l’origine di molti contagi è dovuta proprio alle vacanze di febbraio che molti britannici hanno trascorso in Francia, Italia e Spagna.

«Stiamo cercando di trovare una soluzione che soddisfi i requisiti epidemiologici», ha informato la ministra degli Esteri spagnola Arancha González Laya, determinata a convincere Londra che non ci sono pericoli, tantomeno alle Baleari e alle Canarie, «colonie» estive degli inglesi. Johnson potrebbe concedere forse uno sconto di qualche giorno sulla quarantena. I turisti sono la linfa dell’economia spagnola e la loro diserzione quest’anno sta aprendo una voragine nel bilancio e nell’occupazione, dove nel secondo trimestre si sono bruciati un milione di posti di lavoro.

 

Sorgente: corriere.it

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