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Il ministro ha chiesto un parere al Consiglio superiore di Sanità. Saviano contro la governatrice Tesei che prevede l’uso della Ru486 solo in ospedale: “Scelta irrispettosa, irrazionale. Ennesima picconata alla legge 194”

di CATERINA PASOLINI

ROMA – Nuove linee guida nazionali, perché l’aborto farmacologico possa essere fatto in day hospital, in ambulatorio senza giorni in ospedale obbligatori. A questo punta il ministro della salute Roberto Speranza che ha chiesto al Consiglio Superiore di Sanità un nuovo parere, a dieci anni di distanza.

Un gesto immediato come risposta all’uscita della governatrice umbra leghista e pro-life, Donatella Tesei, che lunedì aveva cancellato la delibera tornando a prevedere l’aborto farmacologico solo per chi si faceva ricoverare. Una sortita condannata dal Pd e da Iv, con accuse di oscurantismo, un’offesa ai diritti delle donne. Tra lo stupore tra i medici che ripetono da anni la sicurezza del metodo.

Lo stesso Roberto Saviano ha definito la decisione della governatrice “gravissima, irrazionale, irrispettosa, e che non c’entra con la sicurezza delle donne, ma è l’ennesima picconata alla legge 194”. Già difficile da far rispettare in un Paese con il 70 per cento dei medici obiettori negli ospedali pubblici.

Ancora una volta in Italia, dunque, la politica si combatte sulla pelle delle donne che in questi mesi di Covid, con consultori chiusi e reparti blindati, stracolmi di malati contagiosi, si sono ritrovate anche a viaggiare di regione in regione, in una lotta contro il tempo, per riuscire ad abortire. Perche l’aborto non era stato considerato tra i servizi fondamentali.

Se nei giorni del coronavirus col sistema sanitario in affanno, da più parti i medici chiedevano un aumento degli aborti farmacologici, che non prevedono ricovero e quindi davano minor rischio di contagio, appena finito il momento più critico è scattata la campagna pro- life. La legge 194, il diritto all’aborto legale sono tornati terreno di scontro tra destra e sinistra. Con la governatrice leghista dell’Umbria, Donatella Tesei, tra gli applausi dei suoi compagni di partito, che ha limitato l’accesso alla pillola abortiva solo a chi si faceva ricoverare. Richiamandosi alle linee guida del 2010, ormai superate nella pratica da quasi tutte le Regioni italiane e Paesi europei.

Poche ore dopo la mossa del ministro Roberto Speranza che ha chiesto un nuovo parere. “Sono trascorsi dieci anni da quando, su richiesta del Consiglio Superiore di Sanità, una apposita Commissione emanò le Linee guida ministeriali per l’utilizzo della RU486. In questo periodo nessun evento avverso ha evidenziato la necessità di ricoveri ospedalieri per l’utilizzo della cosiddetta pillola abortiva. Stupisce dunque la decisione della Regione Umbria di indicare in tre giorni di ricovero le condizioni per il ricorso alla IVG farmacologica”, dice la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa. Che condivide la decisione del ministro di chiedere un parere allo scopo di aggiornare le linee di indirizzo. “Auspicando che si possa favorire il ricorso all’interruzione di gravidanza farmacologica come in uso nella gran parte dei Paesi europei, in day hospital o ambulatoriale”. Realtà quotidiana in Francia e Inghilterra, Irlanda e Scozia, prassi di molte Regioni italiane: dall’Emilia alla Toscana, dal Piemonte alla Liguria.

“La verità è che sono sono inesistenti le complicanze dell’aborto farmacologico. Dal 2005 in Francia è il medico di famiglia che vede la donna e le consegna le pasticche necessarie per l’interruzione volontaria di gravidanza in un’unica volta. Dopo 15 anni, se ci fossero stati problemi, lo avremmo saputo”, dice Silvana Agatone, presidente della Libera associazione italiana ginecologi (Laiga) per l’applicazione della legge 194/78 sull’aborto. “Sono comunque ancora oggi molto pochi i centri che danno accesso all’aborto farmacologico: gli ostacoli permangono, dall’obiezione di coscienza alla mancata fornitura da parte dei servizi farmaceutici degli ospedali”.

Non solo, ricorda lo scrittore Saviano: “Prima del 1978 l’aborto era un reato punito col carcere. Oggi è ancora un diritto negato, anche a causa della percentuale di medici antiabortisti: in Basilicata, Molise e Trentino il 90% di ginecologi nelle strutture pubbliche lo è. Senza contare che ladecisione di abortire non è mai presa con leggerezza, non è mai indolore. Abortire con ostacoli, poi, diventa una vera a propria tortura”. E la pillola abortiva renderebbe tutto piu semplice.

Sorgente: “Pillola abortiva senza ricovero”: Speranza non sta con l’Umbria e vuole aggiornare le linee guida – la Repubblica

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