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Ma è fine settembre la data cerchiata in rosso per sciogliere tutti i nodi, dall’attivazione della linea di credito del Salva-Stati alla scelta della nuova governance

di Manuela Perrone

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«Un armistizio fragile». Un big del M5S riassume così lo stato dell’arte in casa pentastellata dopo lo scontro pubblico tra Beppe Grillo e Alessandro Di Battista e la decisione di congelare ogni decisione sulla nuova governance fino a fine settembre- inizio ottobre, la data promessa per gli Stati generali.

Il ruolo di Crimi

La data non è casuale: consentirebbe al capo politico reggente, Vito Crimi, di lasciare il timone indossando i panni dell’agnello sacrificale e «risolvendo prima tutte le rogne», come spiega la stessa fonte: dal via libera all’attivazione del Mes all’addio al divieto dei due mandati, inviso all’intero gruppo parlamentare, fino al (previsto) ennesimo risultato negativo alle elezioni regionali.

Settembre come spartiacque

Ma c’è un altro motivo per cui la deadline di settembre ricorre in tutti i ragionamenti dei Cinque Stelle. E riguarda la stessa tenuta del Governo e del premier Giuseppe Conte. Perché è convinzione diffusa nei palazzi romani che soltanto dopo l’estate si capiranno davvero la portata della crisi economica post-epidemia e le prospettive di ripresa del Paese, e con loro le possibilità di questo Esecutivo di continuare la navigazione, tutt’altro che scontate.

La tregua tra Di Battista e l’ala pro-Conte

Va letta in questa chiave la tregua raggiunta tra Di Battista e l’ala pro-Conte, capitanata da Grillo, che annovera la vicepresidente del Senato Paola Taverna e tiene insieme i parlamentari che fanno riferimento al presidente della Camera, Roberto Fico. Dopo aver giurato che non vuole terremotare il Movimento, Di Battista, ospite giovedì sera da Del Debbio su Rete4, ha pronunciato una frase chiave: «Una cosa sono i Cinque Stelle al Governo, un’altra è il Movimento». Come a dire: attenzione a incatenare i destini del M5S a Conte e a questo Esecutivo.

Obiettivo: primo sì al pacchetto Ue a luglio

Il sentiero è strettissimo, per una forza politica che ha visto cadere uno dopo l’altro tutti i suoi cavalli di battaglia. Per questo sul Mes, pressato dal Pd, il premier è costretto a procedere per gradi. L’obiettivo è arrivare a un primo voto del Parlamento a luglio sull’intero pacchetto di aiuti Ue, sempre che il Consiglio europeo riesca a raggiungere l’intesa definitiva. Un pacchetto in cui il Fondo Salva-Stati sia citato ancora come soltanto uno degli strumenti a disposizione, ma “diluito” nel pacchetto e soprattutto – questa è la speranza del Governo – oscurato dalla potenza di fuoco del Recovery Fund, se si riuscisse realmente a raggiungere un buon accordo.

Ma i veri nodi sono rinviati

Per questo primo voto non ci sarebbero grossi ostacoli per la maggioranza (che si muove sempre sul filo al Senato, come il voto sul decreto elezioni ha dimostrato), mentre un referendum sul Mes, secondo le stime dei vertici pentastellati, vedrebbe oggi una trentina tra deputati e senatori schierati sul “no”. Per il ricorso vero e proprio alla linea di credito, dunque, come anticipato sul Sole 24 Ore nei giorni scorsi, si aspetterebbe appunto settembre. Quando sarà chiaro se e quanta parte del Recovery Fund potrà essere anticipata, quando la Nota di aggiornamento al Def dovrà mettere nero su bianco le prospettive dell’economia italiana e quando il recovery plan sarà pronto. Almeno si spera.

Le ipotesi per la nuova governance

Sempre a settembre, non a caso, i pentastellati chiedono di rinviare le modifiche ai decreti sicurezza. Una volta capito che aria tirerà e superato lo scoglio elezioni, il Movimento adatterà ai tempi anche il suo direttivo. Al momento la certezza è soltanto una: avrà una segreteria-direttorio, nella quale si cercheranno di far confluire tutti i capicorrente, da Taverna a Luigi Di Maio (che si è ritagliato il ruolo di terzo, pragmatico, e invita alla «responsabilità»), fino allo stesso Di Battista. A meno che non convenga che lui resti fuori, a puntellare quella parte di Movimento ostile al Pd che in caso di elezioni in primavera (e/o di un partito di Conte) potrebbe tornare utile.

Sorgente: L’armistizio fragile nel M5S per strappare il primo sì al pacchetto Ue, Mes compreso – Il Sole 24 ORE


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