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Stati uniti. A Camden, Ferguson e Minneapolis la polizia si unisce ai cortei ma nel resto degli Usa le proteste sono represse con la violenza. A New York De Blasio si schiera con gli agenti, la figlia viene arrestata per «adunata sediziosa» con un centinaio di altri manifestanti

Gli Stati uniti hanno visto la loro sesta notte consecutiva di proteste, nuovamente la rivolta si è accesa in decine di città e piccoli centri americani, anche dove non era mai accaduto, come Fort Lauderdale in Florida, cittadina di riviera abitata per lo più da pensionati bianchi della costa est, ma dove il personale di servizio è afroamericano o ispanico.

Le manifestazioni durante il giorno sono state, in tutto il paese, per lo più pacifiche per diventare più violente con il passare delle ore. In diverse città si sono visti poliziotti unirsi alle proteste e marciare con i manifestanti: il luogo più simbolico è stato Camden, New Jersey, una delle città più problematiche, ma dove non ci sono stati scontri di alcun tipo.

A Camden il capo della polizia Joseph Wysocki ha aperto la marcia reggendo lo striscione «Restando in solidarietà», mentre gli altri agenti scandivano con i manifestanti lo slogan «Nessuna giustizia, nessuna pace». Anche il sindaco di Camden Frank Moran si è unito alla manifestazione.

A Minneapolis il capo della polizia Medaria Arradondo intervistato dalla Cnn ha condannato i suoi uomini sottolineando che vanno incriminati anche i tre poliziotti che non hanno fermato il collega mentre soffocava George Floyd: «Il signor Floyd è morto nelle nostre mani e quindi siamo complici. Silenzio e inazione, sei complice. Se ci fosse stata una sola voce a intervenire, è quello che avrei sperato accadesse».

Poliziotti inginocchiati in solidarietà con i manifestanti, Ferguson (Ap)

L’importanza di questa affermazione di Arradondo non è solo simbolica, ma apre la strada a un’incriminazione per i tre agenti. Ma questi esempi virtuosi non sono stati i più comuni. La violenza della polizia sui manifestanti è stata registrata nella maggior parte delle piazze da migliaia di telefonini e condivisa online da manifestanti iperconnessi e consci di questo potere nelle loro mani. Il video di una pattuglia di agenti di Minneapolis che seguiva un blindato dell’esercito durante i coprifuoco, ripresi mentre usavano i canister (bombolette esplosive letali quanto i lacrimogeni) contro le persone ferme sotto il portico di casa loro, gridando «Dagli fuoco», è stato visto da centinaia di migliaia di persone. Immagini come queste hanno provocato ulteriori denunce sul comportamento della polizia.

Il coprifuoco a tempo indeterminato ora non è più prerogativa della sola Minneapolis ma è stato indetto in venti città tra cui la super liberal San Francisco che aveva appena cominciato a riallentarlo per entrare in una fase più aperta del lockdown.

A New York, dove sono ripresi gli scontri e non più solo a Brooklyn ma a downtown Manhattan, nel Greenwich Village, il sindaco De Blasio ha deciso di non introdurre il coprifuoco perché poco efficace ed è stato molto criticato per il sostegno dato alle forze dell’ordine a cui, a suo dire, non è data altra scelta che usare la violenza contro i manifestanti.

Non si era ancora spenta l’eco delle dichiarazioni di De Blasio che si è sparsa la notizia dell’arresto della figlia Chiara, che aveva preso parte alle proteste di Manhattan dove è stata fermata e accusata di «adunata sediziosa» insieme a un centinaio di altri manifestanti. Poche ore dopo il governatore Cuomo ha imposto il coprifuoco a New York City, dalle 23 alle 5

Il fuoco, letterale e simbolico, di questa rivolta nella notte si è riacceso anche a Washington, sempre più vicino alla Casa bianca, e la protesta è diventata talmente accesa che i servizi segreti hanno deciso di portare Trump nel bunker sotterraneo della Casa bianca, predisposto per proteggere il presidente ed essere usato durante le minacce terroristiche.

L’esterno della Casa bianca, solitamente illuminato a giorno, è stato oscurato e l’immagine al buio mentre nel parco che la circonda venivano appiccati fuochi e si alzava il fumo dei lacrimogeni è diventata immediatamente la metafora iconica di questa presidenza.

Dal bunker fisico e politico dove è blindato, Trump non mai parlato al paese, ma ha affidato a Twitter la sua strategia per uscire dal buco nero dove sono sprofondati gli Usa. Ha annunciato che considererà Antifa un’organizzazione terroristica e sarà trattata come tale. Il fatto che l’antifascismo non è un’organizzazione in sé che può essere considerata più o meno illegale non è stato affrontato.

Questo principio è stato ripetuto dalla sua portavoce Kayleigh McEnany, che ha annunciato che negli Usa verranno impiegate più risorse dell’esercito perché «per dominare le strade ora controllate dai manifestanti ci sarà bisogno di più forza» e di voler mettere un generale al comando dell’operazione: «Ci sono anarchici e antifa nelle nostre strade». Alla domanda su come identificare gli antifascisti in quanto tali McEnany ha risposto che a questo sta lavorando il Dipartimento di Giustizia.

Trump non è apparso in pubblico nemmeno durante la conferenza stampa ma nel briefing con il suo team ha affermato che i governatori che non ordinano l’incarcerazione dei manifestanti «per lungo tempo» dovranno cambiare rotta o sembreranno dei «coglioni».

Sorgente: ilmanifesto.it

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