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Recapitati alla famiglia soltanto oggetti che non gli appartenevano

L’Egitto non ha mandato alcun documento di Giulio Regeni in Italia. Il passaporto, le tessere universitarie, erano state già consegnate alla famiglia anni fa. Mancavano i vestiti di Giulio, chiesti all’epoca dai genitori al presidente egiziano Al Sisi, ma quelli al momento non sono nemmeno stati consegnati. Quello fatto recapitare in Italia è invece un affronto. Oppure, tecnicamente, per citare le parole proprio di un nostro investigatore, “la prova di un reato”. Sono stati inviati infatti soltanto – la famiglia Regeni li ha riconosciuti in queste ore attraverso le fotografie – quegli oggetti, che non appartenevano a Giulio, esibiti dal governo egiziano quando furono uccisi, in un conflitto a fuoco con la Polizia, cinque innocenti, accusati dell’omicidio di Giulio dai servizi segreti egiziani nella speranza di chiudere la questione.

Così non fu. Perché immediatamente la procura di Roma si accorse della messa in scena. E perché furono commessi troppi errori grossolani. Compresa l’esposizione di quei borselli, gli occhiali da sole (e anche un pezzo di hashish) che dimostrarono subito che era soltanto una messinscena. Tra gli agenti della National security, tra l’altro, implicati in quel depistaggio ce n’è almeno uno dei cinque indagati dalla procura di Roma. E che i pm di piazzale Clodio vorrebbero processare al più presto.

Caso Regeni, l'Egitto non manda ancora i vestiti di Giulio

Paola e Claudio Regeni genitori di Giulio, il ricercatore universitario ucciso in Egitto

 

Per farlo è però necessaria quella collaborazione promessa dall’Egitto all’Italia che, vedendo com’è andata la questione degli effetti personali, non comincia dunque nel migliore dei modi. La partita si giocherà nella prossima settimana: se, davvero, il Cairo ha deciso di collaborare, il primo luglio dovrà presentarsi all’incontro con la procura di Roma (in videoconferenza) con le risposte alle 12 domande della rogatoria presentata ormai più di un anno fa.

rep


Non c’è ottimismo, nemmeno dopo le parole del premier Giuseppe Conte davanti alla commissione parlamentare di inchiesta. I genitori di Giulio, Paola e Claudio, insieme con il loro avvocato Alessandra Ballerini, dopo aver accusato il Governo di “tradimento”, hanno scelto la strada del silenzio. Eloquente, però. L’affronto della restituzione beffa è l’ennesimo sfregio al loro dolore e alla loro “coscienza di cittadini”, come hanno sempre detto, dopo il sequestro, le torture e l’omicidio di Giulio. In questi giorni, inoltre, in molti hanno proposto l’intitolazione di strade delle città a Giulio. Un’iniziativa che la famiglia Regeni ha sempre detto di non gradire. “Non vogliamo monumenti alla memoria” hanno spiegato in più occasioni, “ma azioni vere per restituire a tutti verità e giustizia: i sindaci espongano gli striscioni o chiedano il ritiro dell’ambasciatore italiano al Cairo”.

 

Sorgente: Caso Regeni, l’Egitto non manda ancora i vestiti di Giulio – la Repubblica

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