0 7 minuti 4 anni

Conte si trova in incerta posizione. Alle volte, sembra lanciato verso una politica non solo italiana ma anche europeista, mentre altre volte regredisce verso posizioni di scarso vigore

di Eugenio Scalfari

Sabato pomeriggio 9 maggio il canale tv La7 ha lungamente rievocato i cosiddetti “anni di piombo” della società milanese e torinese. Un periodo segnato da un potere politico ancora molto incerto tra una destra accanita e una sinistra oscillante, da una magistratura molto attiva in queste due città e nel loro circondario di piccole fabbriche e operai del Sud emigrati verso il Centro-Nord. Insomma, un periodo pieno di bene e di male, di forza e di debolezza. Con una politica assai poco visibile perché cancellata dagli interessi delle imprese e dei sindacati.

A rivedere quei filmati si misura una notevole differenza con il nostro presente, ma non mancano dei richiami che illuminano il panorama politico attuale nel quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si trova in incerta posizione. Alle volte, sembra lanciato verso una politica non solo italiana ma anche europeista, mentre altre volte regredisce verso posizioni di scarso vigore.

Siamo nel 2020, cui il presidente Conte giunge dopo un percorso sempre da Presidente: l’avevano appoggiato Salvini e la sua Lega e i grillini Cinquestelle di Beppe Grillo. Durò circa un anno questa situazione, durante la quale Conte era (diciamolo) un burattino. A quel punto decise di creare una novità: ruppe con Salvini con un bacio e contemporaneamente uno schiaffo sulla guancia. Non ruppe con Di Maio e i grillini e gettò salvagenti politicamente amichevoli verso Zingaretti e il Partito democratico. Questa è da allora la posizione di Conte, resa alquanto più complicata dal risorgimento sia pure parziale di Matteo Renzi. A questo siamo arrivati.

In qualche modo (l’ho già ricordato) vengono in mente gli anni Novanta. L’Italia è tipica per la sua fragilità politica e le sue divisioni interne, che non sono puramente formali ma profonde. Se guardate ai successori di Camillo Benso conte di Cavour, che nel 1861 proclamò il Regno d’Italia ma morì pochi mesi dopo, ne potete cogliere una interessante visione. Dopo Cavour, i successori che governarono questo Paese furono moltissimi: duravano più o meno un anno e poi passavano la mano ad altri di regioni diverse, esperienze politiche figlie di diverse culture ed esperienze con le quali la storia di Cavour non aveva nulla da spartire.

Il nostro giornale ha pubblicato venerdì 8 maggio un articolo di Alberto Asor Rosa del quale mi permetto di consigliare la lettura, per chi l’avesse persa. Asor Rosa fa una diagnosi che non è di oggi ma di gran parte della storia d’Italia. E vale la pena di darne qui conto.

Il titolo è: “Cari studenti, riconquistate la vecchia classe”. Ne riporto i passi salienti. “Ho insegnato in tutti gli ordini di scuola, dalla media (cosiddetta unica) all’università. E naturalmente per arrivare a sedermi dalla parte dell’insegnante, ho fatto l’intero percorso sul versante opposto, in questo caso dalle elementari alle medie, al ginnasio, al liceo, all’università. Frutto conoscitivo ed esistenziale (per me) del doppio transito. Io non credo che esista strumento pedagogico più straordinario, sia dalla parte dello studente sia dalla parte dell’insegnante, della classe. La Classe! L’insegnamento è un gettito di notizie, informazioni, suggerimenti, suggestioni, indicazioni, comportamenti, esempi. Parlerei di una vera e propria nebulizzazione del sapere che scende da tutte le parti sullo studioso-studente e lo aiuta in tutti i modi a “crescere”. Insomma cos’è una classe? È un insieme più o meno discreto di individui giovani, generalmente coetanei, che seguono l’insegnamento di un gruppo di docenti diversi per conoscenze e formazione, ma fortemente assimilati tra loro dal compito che di volta in volta sono chiamati a svolgere”.

Conosco benissimo l’esperienza evocata da Asor Rosa. L’ho più volte raccontata, ma vale la pena che ne scriva ancora qualche ricordo. Arrivai a Sanremo che avevo 14 anni. Venivo da Roma ed avevo preso la licenza ginnasiale. Al liceo di Sanremo c’era un gruppo di giovani invaghiti dalle arti e dalla filosofia e respinti dalle materie scientifiche e matematiche. Avevano infatti voti molto alti in queste materie e, al contrario, pessimi nelle materie scientifiche. Il nostro, insomma, era un gruppo assai sui generis, profondamente stimato da un professore di Lettere (un ex prete) che ci fece studiare da Dante in avanti. Attraversando tutti i secoli successivi. Da Montaigne ed Étienne de La Boétie, all’Illuminismo di Diderot, d’Alembert e Voltaire. E ancora: Vico, Foscolo, Alfieri. Per proseguire con Carducci, Pascoli, D’Annunzio e poi con Quasimodo, Ungaretti e Montale. Naturalmente, c’erano anche Italo Calvino e Federico García Lorca. Questi sono i miei lontani ricordi.

***

Leggo ormai abbastanza spesso testi antichi. Ne sono stato stimolato da papa Francesco. L’ho ricordato più volte e quindi non mi pare opportuno ripetermi in proposito. Posso solo dire che un Papa della sua qualità non s’è quasi mai visto nella Chiesa di Roma. Stimola tuttavia la cultura rivolta verso il passato. La cultura non ha una data, la religione non ha una data, le arti non hanno data. Sono creature e creatrici. Quali che siano i percorsi storici delle civiltà che conosciamo, il finale è sempre unico: l’Io crea Dio e ne è a sua volta creato. Il mistero di tutti i misteri è questo al quale la morte s’accompagna. Il vero problema odierno non è soltanto il coronavirus: certamente bisogna curarlo e purtroppo porta con sé la morte, come sempre accade nelle pestilenze molto diffuse.

Ma c’è un altro tema che è sovrabbondante e riguarda l’ambiente, il caldo crescente ai poli del Nord e del Sud, i venti e le correnti marine, il genere degli animali e dei vegetali. Questa è la vita della quale noi siamo una delle specie, ma non la sola e non la più importante. Il genere animale cui apparteniamo è ricco di molte altre specie.

A me piace pensare alla rosa senza spine. È quanto di meglio per me. Accompagna il sogno dei miei pensieri.

Sorgente: La fragilità dell’Italia viene dal passato | Rep

Please follow and like us:
0
fb-share-icon0
Tweet 20
Pin Share20