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In una lettera aperta il più grande fotografo contemporaneo si rivolge al presidente brasiliano perché protegga gli indios dalla scomparsa a causa del Covid 19

di RAFFAELLA SCUDERI

(fotografia: 21 aprile, le fosse comuni a Manaus nello Stato dell’Amazzonia (afp)

“Chiediamo al presidente della Repubblica, il Sig. Jair Bolsonaro, e ai dirigenti del Congresso e della Magistratura di adottare misure immediate per proteggere le popolazioni indigene del Paese da questo devastante virus”.

Il più grande fotografo brasiliano e sua moglie hanno lanciato un appello ai tre poteri del Brasile affinché aiutino e proteggano dallo “sterminio” le popolazioni indigene. Sebastião Salgado e Lélia Wanick Salgado hanno scritto la petizione due giorni fa sulla piattaforma Aavaz. In due giorni si sono unite più di 22 mila persone con la loro firma, tra cui quelle illustri di Ai Weiwei, Norman Foster, Meryl Streep, Oprah Winfrey e Pedro Almodovar.

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Gli indios brasiliani sono “a rischio genocidio”, scrive Salgado. Le loro comunità sono tra quelle più a rischio a causa di difese immunitarie più basse per la vita isolata in luoghi remoti e per l’accesso praticamente inesistente alle strutture sanitarie.

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Il lockdown voluto da Brasilia, anche se osteggiato a più riprese dallo stesso presidente, li ha respinti ancora più lontano e senza più alcuna protezione dai cercatori d’oro illegali e dagli agricoltori che disboscano senza essere stati autorizzati: in questo periodo le loro invasioni sono aumentate notevolmente per la paralisi da Covid nel governo.

La paura è salita forte all’inizio di aprile quando c’è stata la prima vittima tra gli indigeni: Alvanei Xirixana. Il ragazzo 15enne, ricoverato per una settimana in terapia intensiva a Boa Vista, veniva dal villaggio di Rehebe, lungo il fiume Uraricoera, battuto frequentemente dai cercatori d’oro. La famiglia e la tribù ha cercato di capire a lungo dove potesse essersi contagiato, vivendo così lontano dai centri urbani. E l’unica risposta che si sono dati, e per cui si sono spaventati, è stato un contagio avvenuto da fuori, da qualcuno entrato clandestinamente nei loro territori.

Coronavirus, Salgado a Bolsonaro: "Indigeni dell'Amazzonia a rischio genocidio. Non c'è tempo da perdere"

 Sebastião Salgado, 76 anni

“Le comunità native, alcune delle quali vivono isolate nel Bacino dell’Amazzonia, potrebbero essere completamente eliminate – scrive Salgado – La loro situazione è doppiamente critica, perché i territori riconosciuti per loro uso esclusivo vengono invasi illegalmente da minatori, taglialegna e accaparratori di terre. Queste operazioni illecite sono accelerate nelle ultime settimane…Gli indios affrontano un rischio reale di genocidio”.

Di sterminio di massa aveva già parlato qualche giorno fa il capo indigeno brasiliano payako, Raoni Metuktire, nella sua lettera alla comunità internazionale, in cui chiedeva aiuto a nome delle sue tribù: “Per favore, aiutateci a evitare un genocidio nei nostri villaggi”.

Gli scavatori che lavorano su una spianata puntellata da centinaia di fosse comuni a Manaus in Amazzonia, è una foto di solo una settimana fa. Manaus è la regione più colpita dal virus. In Brasile i morti registrati per Covid 19 sono 6.700.

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Il principale destinatario del messaggio di Salgado e Léila, il presidente Bolsonaro, finora ha negato la severità del Covid 19 e quindi l’emergenza, pur essendo stato costretto dal suo governo a emanare le misure restrittive. Negazionista anche sulla fragilità dei popoli amazzonici per l’invasione illegale di agricoltori e minatori, non si è mai schierato dalla parte degli indios e mai ne ha riconosciuto l’esigenza di essere protetti.

Quando l’Amazzonia bruciava e il mondo lo sollecitava a esserci per risolvere, minacciando anche ritorsioni economiche, Bolsonaro ha fatto spallucce replicando che la foresta è di proprietà brasiliana e nessuno ha il diritto di mettere bocca nelle sue questioni, salvo poi mandare l’esercito. Ha preferito non rischiare.

Che non ci sia molto da aspettarsi dal leader dell’estrema destra, il fotografo brasiliano lo sa: “Bolsonaro ha detto in campagna elettorale che bisognava allargare la superficie abitata e coltivata dell’Amazzonia – ha detto in un’intervista a Repubblica – Non appena è arrivato al potere ha tolto tutti i tecnici del ministro dell’Ambiente sostituiti da militari di sua fiducia. Ha eliminato la legge che puniva i responsabili di deforestazione”. Ma forse, è convinto Salgado, la pressione internazionale può convincerlo.

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Insieme alla moglie, Sebastião Salgado porta avanti diversi progetti dedicati alla Terra, come quello di riforestazione dello stato brasiliano di Minas Gerais, dove hanno piantato due milioni e 300 mila alberi. Sono sette anni che vive spesso in Amazzonia per un progetto fotografico che porterà tra l’altro l’anno prossimo anche a Roma.

“Questi popoli fanno parte della straordinaria storia della nostra specie. La loro scomparsa sarebbe una grande tragedia per il Brasile e un’immensa perdita per l’umanità. Non c’è tempo da perdere. Rispettosamente. Sebastião Salgado, Lélia Wanick Salgado”.

Sorgente: Coronavirus, Salgado a Bolsonaro: “Indigeni dell’Amazzonia a rischio genocidio. Non c’è tempo da perdere” – la Repubblica

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