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L’accampamento a piazzale Spadolini. Dal 2017 molte persone trovano sul retro della stazione Tiburtina un minimo e precario riparo e, grazie a Baobab Experience, cibo e coperte. Le istituzioni sono assenti, qui come in altre situazioni critiche della capitale dove ottomila persone vivono per strada. Per loro manca un piano sanitario

Serena Chiodo

«Dormo qui da due mesi. Prima ero in un centro, poi è finita l’accoglienza». A parlare è Malik, 30enne della Sierra Leone. È in Italia da nove anni. Ha il permesso di soggiorno umanitario: «So che con la legge Salvini il rinnovo sarà un problema». Malik è passato di centro in centro prima di arrivare a piazzale Spadolini, dietro la stazione Tiburtina. «Il problema in Italia è il lavoro. Sono anni che chiedo ovunque, ma niente». Dorme all’aperto, su uno dei materassi poggiati a terra sotto la tettoia del grande complesso della stazione ferroviaria romana.

Insieme a lui, molti altri uomini: un centinaio, perlopiù giovani. «Quanti anni mi dai?» scherza Mohamed, 21enne egiziano con un permesso di soggiorno per motivi di studio. Anni fa ha svolto il servizio civile presso Acli. Ora lavora senza contratto nel settore agricolo.

Anche lui ha dormito diversi mesi qui. «Adesso lo ospitiamo noi», spiega Valerio Bevacqua, volontario di Baobab Experience. «In mancanza di altro ci arrangiamo».

Altro sarebbe il sostegno istituzionale, qui totalmente assente. «Abbiamo fatto un esposto dopo il primo decreto ministeriale, indirizzandolo a Comune, Prefettura e Protezione Civile, per sollecitare l’individuazione di locali idonei all’accoglienza, la distribuzione di dispositivi di protezione e il monitoraggio sanitario», afferma Andrea Costa, coordinatore di Baobab. «Non abbiamo avuto risposta. Nessuno ha fornito informative sulla situazione. Solo due volte, ad aprile, è arrivata la polizia locale con la protezione civile a distribuire qualche mascherina e guanti». Pochi giorni fa il Comune sembrava pronto a ospitare quaranta persone in una palestra nel secondo Municipio: una soluzione che sarebbe stata comunque parziale, e che tuttavia non si è concretizzata. «La giunta municipale del Pd si è opposta», spiega Costa.

L’assenteismo istituzionale a piazzale Spadolini non è una novità, come non lo è la presenza dei migranti: dal 2017 molte persone qui trovano un minimo e precario riparo e, grazie a Baobab Experience, cibo e coperte. «Da prima dell’emergenza a ora non è cambiato nulla, continuiamo a fare quello che facevamo prima», dichiara Bevaqua scaricando il bagagliaio dell’auto di un volontario, pieno di borse di cibo.

«Questa emergenza c’è da molto prima del Covid-19», denuncia Giovanna Cavallo, referente della rete legale Pensare Migrante che segue molte delle persone presenti. «Ora la situazione si è aggravata con l’immobilità dettata dal coronavirus. Misura che però non è stata tutelata, ad esempio con alloggiamenti negli alberghi». Cavallo evidenzia le colpe istituzionali che «non riguardano la riparazione del problema, bensì la sua prevenzione». A piazzale Spadolini ci sono persone che attendono il permesso di soggiorno, altre che hanno fatto ricorso e aspettano l’esito della domanda, e anche – soprattutto – persone fuoriuscite dai circuiti di accoglienza per scadenza dei termini, ma che non hanno acquisito i necessari strumenti per l’inserimento sociale. «Il congelamento della condizione fisica e giuridica di queste persone è conseguenza delle lungaggini e dell’immobilismo istituzionale, e responsabilità di chi dovrebbe promuovere politiche di inclusione e non lo fa».

Ne parliamo anche con Alberto Barbieri, coordinatore di Medici per i Diritti Umani. L’associazione segue la situazione di piazzale Spadolini insieme a molte altre, tra cui Tiburtina «da entrambi i lati» – specifica – anche davanti alla stazione dormono molte persone in condizioni critiche – Termini e alcune occupazioni abitative. «A Roma ottomila persone vivono per strada. Piazzale Spadolini è solo una di queste situazioni», evidenzia Barbieri parlando dell’assenza istituzionale sul piano sanitario. «È evidente che il contrasto a questa epidemia debba essere fatto sul territorio. A Roma il lavoro di sorveglianza attiva sistematica lo fanno le associazioni». Medu segue circa duemila persone, distribuisce i dispositivi di protezione e effettua continui screening. A questo piano si somma l’assenza di strutture adeguate per la quarantena delle persone senza fissa dimora: «Non esistono a Roma, e ci devono essere. Il Comune e le altre istituzioni sono in grave ritardo».

Sorgente: Emergenza migranti, Comune di Roma assente | il manifesto

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