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Rafforzamento del dollaro in piena pandemia ha portato alla svalutazione delle monete nazionali, e il 2020 potrebbe chiudersi in America latina con 23 milioni di nuovi poveri e un aumento del 10% della disoccupazione. L’allarme della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) sugli effetti economici della pandemia nella regione.

«Sebbene dal Rio Bravo in giù gli effetti della pandemia siano ancora minori rispetto all’Europa -81.942 i contagi e 3.759 morti fino al 17 aprile- scrive Federico Larsen-  per le economie emergenti il panico dilagato nei mercati già a febbraio ha significato un colpo quasi letale». Altro che ‘giacche blu’ alla conquista dei territori altrui, pellerossa o messicani che fossero. E la fuga di capitali verso investimenti più sicuri ha colpito principalmente le Borse di paesi come Brasile (-40,32% fra il 19 febbraio e il 3 aprile) o Argentina (-30,95%).

«Tutti i Paesi stanno adottando misure per affrontare la crisi ma le capacità statali sono diverse», spiega Julia Strada, direttrice del Gruppo della Banca Provincia di Buenos Aires e del Centro di Economia Politica Argentina.

L’Argentina che già traballava

«L’Argentina, ad esempio, con un pacchetto di misure che rappresentano il 2,3% del Pil sta portando avanti un espansione inedita nella sua storia recente». Una cifra, quel 2,3% che sembra pochissimo. Soprattutto  se l’isolamento –come sta accadendo- si protrae oltre il limite previsto del 26 aprile, sarà insufficiente. In Argentina, le richieste del sussidio straordinario di 10.000 pesos (circa 130 euro, il 60% di un salario minimo), previsto per tre milioni di persone ha già ricevuto 11 milioni di richieste e il governo ha annunciato che non potrà pagare nessuna delle scadenze del proprio debito estero fino al 2023», aggiunge sul Manifesto Federico Larsen.

Dollaro Usa ammazza tutto

Secondo il Centro di Economia Politica Argentina, il CEPA, il rafforzamento del dollaro come moneta sicura in piena pandemia ha avuto come conseguenza una brusca svalutazione delle monete nazionali in Messico (-19,82% tra l’1 marzo e il 6 aprile), Brasile (-14,28%), Colombia (-11,44%) e Uruguay (-9,08%).

«Per poter funzionare però queste economie hanno bisogno di importare forniture che non producono, tra cui quelle sanitarie. Ma il plus di interessi che i paesi emergenti pagano rispetto ai bond del tesoro Usa, è schizzato a marzo in tutto il continente rendendo sempre più inaccessibile il credito internazionale. Anche il crollo dei prezzi delle materie prime delle esportazioni rende tutto più difficile. La società petrolifera più grande dell’America Latina, Petrobras, ha subito un tracollo pari al 65% del suo valore in borsa tra gennaio ed aprile, e prezzi della soia sono tornati ai valori del 2010».

Se l’isolamento è la sola arma

L’isolamento come sola prevenzione nota alla Pandamia e crisi economica che già incombe per ragioni opposte. La denuncia di Julia Strada: «I metalmeccanici della multinazionale Tenaris gestita dall’italo-argentino Paolo Rocca, mi hanno confermato che hanno registrato un 35% di assenteismo dovuto ai primi contagi dentro alle fabbriche quando il padrone non voleva ridurre la produzione. Un’astensione dal lavoro mai vista. Arriva un punto in cui chi vuole salvare l’economia, comunque la compromette con le sue azioni».

Economia e salute

La dicotomia tra economia e salute però continua ad essere il centro dell’azione di alcuni governi sudamericani. Salvo decidere chi sarà alla fine chi pagherà di più. «Sta cambiando, almeno temporalmente, il modo di vedere come i paesi si finanziano e come dovrebbero spendere. Si parla di distribuzione del reddito in mezzo a una pandemia, e bisognerebbe approfittarne», la speranza della studiosa. Ma in Brasile,  il governo Bolsonaro capofila del trumpismo da bordello, ha già deciso chi sarà a pagare il conto del coronavirus da subito:

«ha autorizzato riduzioni dei salari fino al 70% e sospensioni per un massimo di due mesi»

E con la scusa del virus distruggiamo un alto po’ di Amazzonia

«Governo “distratto” dal virus: Amazzonia, il saccheggio avanza», scrive  Giuseppe Bizzarri sul Fatto Quotidiano. «Doppio danno, disboscatori e cercatori d’oro non solo devastano la foresta ma contagiano anche gli indigeni. Licenziato il funzionario che si opponeva». Il fascistissimo Bolsonaro che rischia persino un golpe da destra per le sue ‘estrosità’ di comando. Loro, i suoi amici disboscatori della Foresta Amazzonica non sono in isolamento, anzi, «Approfittano dell’attenzione incentrata sul Covid-19 e del disinteresse istituzionale del governo del presidente Jair Bolsonaro verso il medio ambiente, per agire indisturbati in Brasile». Carogne, dal Palácio do Planalto alla foreste dei popoli orginari che vogliono distruggere.

Sorgente: Dopovirus in America Latina: 23 milioni di nuovi poveri  – remocontro.it

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