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Paola Profeta e Tiziana Ferrario

Quale ruolo devono avere le donne nella prossima sfida economica che affronterà l’Italia travolta dall’emergenza Coronavirus? A nostro giudizio devono essere in prima linea, protagoniste del cambiamento, a differenza di quanto accaduto sinora, che sono state tenute ai margini. Intravediamo rischi enormi, ma le grandi crisi sono anche opportunità per migliorare il nostro paese e il benessere delle famiglie italiane, a patto che si ripensino i pilastri portanti di un modello organizzativo già prima non efficiente e che l’emergenza COVID sta comunque rimettendo in discussione. Sono giorni in cui gli sforzi di tutti sono tesi a capire quale mondo ci stia restituendo il COVID-19. Gli scenari che vengono immaginati sono tanti, le certezze poche, perché non conosciamo abbastanza questo nuovo virus. Su una cosa tutti concordano: in un mondo impoverito dalla pandemia, le disuguaglianze sociali sono destinate ad aumentare. Chi era fragile lo sarà di più, chi viveva in modo precario vedrà aumentare la sua precarietà.

Le donne sono sicuramente tra i soggetti più deboli del mercato del lavoro, ma i rischi di cui parliamo nel rapporto in uscita per il Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo (laboratoriofuturo.it), potrebbero essere aggirati e trasformati in opportunità. Non dimentichiamo che oggi le donne italiane sono più istruite degli uomini e rappresentano il 60% dei laureati. Le loro competenze sono un’opportunità di cui tenere conto, a differenza di quanto si è fatto sinora perfino nella gestione dell’emergenza COVID lasciata soprattutto in mani maschili. La ripresa sarà più rapida tanto più sapremo avvalerci di solide competenze trascendendo il genere. Tanto più che in periodi di profondo ripensamento saranno preziose quelle soft skills che sono una riconosciuta caratteristica delle donne, quelle competenze trasversali fatte di flessibilità, adattabilità e capacità di interagire armoniosamente. Per rendere questo possibile, ripensiamo orari e modelli dominanti nel mondo del lavoro. Approfittiamo della necessità di rivedere la vecchia organizzazione e mettiamone in campo una nuova che sia più funzionale non solo alla produttività delle imprese, ma anche alle famiglie. Rivediamo politiche pubbliche e sociali offrendo servizi necessari in una economia avanzata che attiva le donne, non scaricando su di queste tutto il peso della gestione familiare. Servono più asili nido a prezzo sostenibile, più servizi all’infanzia, congedi obbligatori e prolungati per i padri che contribuiscano a redistribuire gli oneri e a riequilibrare i costi del lavoro tra i generi. Alcune misure straordinarie sono state messe in campo durante la pandemia, bisogna valutare se siano state di aiuto alle donne e, nel caso, mantenerle. Le aziende hanno rivisto turni e ruoli in questa fase: un prezioso ripensamento organizzativo è l’occasione per permettere alle donne di lavorare e progredire nella carriera senza tutti gli ostacoli che ancora ci sono e sono evidenti alla nascita dei figli. Parte della soluzione per una concreta parità di genere sono smart working, flessibilità dei congedi, parità di remunerazioni, monitoraggio delle carriere.

Il lockdown dovuto al COVID ha penalizzato tutti, e come di consueto le donne stanno pagando un prezzo più alto. È aumentato, infatti, l’impegno femminile dentro casa, nel lavoro domestico e di cura. Già prima era gravoso, (per il 74% delle donne italiane non c’è nessuna condivisione con il partner), lo smart working con le scuole sbarrate lo ha reso ancora più pesante, poiché in Italia sono ancora molto radicati stereotipi di genere che assegnano alle donne ruoli e compiti familiari che in altri paesi sono condivisi in modo più equo nella coppia. Ci saranno sicuramente uomini virtuosi che già si fanno carico in modo paritario delle incombenze familiari, ma siccome le statistiche ci dicono che la maggioranza non lo fa, perché non provare a rivedere gli equilibri familiari a favore di una maggiore condivisione? Siamo certe che l’atmosfera di casa ne trarrebbe un gran vantaggio. Il rischio maggiore, che va evitato assolutamente, è che le donne vengano colpite molto più degli uomini nella fase recessiva in cui stiamo entrando. Le condizioni di partenza per l’ Italia pre-COVID non erano tra le migliori: il tasso di occupazione femminile era il più basso in Europa (49,5%) con salari inferiori rispetto agli uomini e con le donne occupate soprattutto in settori tra i meno remunerati e messi a dura prova dall’emergenza coronavirus come il turismo, il commercio, o poco presenti in altri settori dove i dirigenti sono retribuiti meglio come la farmaceutica, le banche il lusso la chimica la metallurgia. La carenza di donne nelle materie scientifiche e tecnologiche, settore tra i più richiesti per il futuro e meglio pagati, sta diventando una vera emergenza, soprattutto ora che il coronavirus ha dimostrato come il digitale sia indispensabile. Emerge una debolezza finanziaria delle donne che contrasta con il fatto che dalle università escano più laureate che laureati.

Una fragilità economica, evidenziata anche nell’indagine Ipsos che vi proponiamo, dove appare evidente un gap finanziario di genere che porta gli uomini, per esempio, ad essere titolari di conti corrente in numero maggiore delle donne. In un momento in cui il futuro appare incerto è interessante rilevare come gli italiani abbiano in generale scarse competenze finanziarie, ma con le donne che per oltre il 63% affermano di non partecipare mai ad una discussione economica e di non avere acquistato un prodotto finanziario nell’ultimo anno. Dati che rendono urgente rafforzare questo tipo di competenze nella popolazione italiana, perché la sicurezza economica delle persone passa anche attraverso una scelta oculata degli strumenti finanziari su cui contare nella programmazione personale e familiare. Evitiamo di fare passi indietro rispetto a quanto raggiunto e ripensiamo a quello che ci dicono da tempo economisti e centri studi e, per una volta, comportiamoci razionalmente ed evitiamo provvedimenti che penalizzano le donne, come potrebbe accadere in caso di ritorno al lavoro con scuole e asili chiusi. Più donne al lavoro significano una maggiore crescita del paese e più bambini che nascono, perché quando le donne lavorano scelgono con serenità di diventare madri. Avere donne dove si prendono le decisioni importanti significa favorire la ripresa economica e, nel contempo, puntare ad una crescita più sostenibile, perché una donna sa come prendersi cura e proteggere ciò a cui tiene.

Sorgente: Covid, donne e lavoro: solo la metà degli uomini fa qualcosa in casa

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