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Coronavirus: vaccino a gennaio 2021, farmaco in autunno, ecco il piano del più grande istituto di ricerca Usa

Da gennaio scorso centinaia di scienziati sono al lavoro, coordinati da Anthony Fauci, direttore del Niaid e figura chiave della task force contro il coronavirus

di Giuseppe Sarcina

Quattro vaccini e cinque medicine in sviluppo. Quasi un miliardo e mezzo di dollari investiti dal governo federale praticamente da un giorno all’altro. E una tabella che prende forma: a settembre-ottobre la terapia; dopo gennaio 2021, non prima, l’antidoto anti-Covid 19. Ecco che cosa si muove nel più grande istituto di ricerca degli Stati Uniti, il National Institutes of Health (NIH) di cui fa parte il NIAID, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, sede a Bethesda, pochi chilometri da Washington. Da gennaio scorso centinaia di scienziati sono al lavoro, coordinati da Anthony Fauci, direttore del Niaid e figura chiave della task force contro il coronavirus insediata da Donald Trump. Lo sforzo è sostenuto direttamente da Barda, «Biomedical Advanced Research and Development Authority», l’organismo incardinato nel Dipartimento federale della Salute.

I soldi

Anche in questa battaglia così convulsa i soldi contano, eccome. Per tutto il mese di gennaio e anche oltre Trump ha pubblicamente sottovalutato la pericolosità del contagio. Ma l’agenzia Barda, il ramo competente dell’amministrazione, ha messo immediatamente denaro fresco nelle mani dei laboratori e delle principali società private di ricerca farmaceutica. Alla Moderna Tx sono andati 430,2 milioni di dollari; alla Janssen Research & Devolepment (gruppo Johnson&Johnson) 456,2 milioni; alla Protein Science, 30,7 milioni. Totale: 917 milioni di dollari. Inoltre la Barda ha distribuito altri 310 milioni di dollari a sette aziende impegnate nella sperimentazione dei farmaci per la terapia. Tanto o poco? Sul sito dell’Unione europea leggiamo in un comunicato del 6 marzo che «l’ammontare totale delle risorse mobilitate da Horizon 2020 (programma della Commissione ndr) e dalla partnerhsip con l’industria privata potrebbe raggiungere circa 140 milioni di euro», per finanziare lo studio di 17 vaccini. A questi potrebbero aggiungersi altri 80 milioni di euro offerti alla società tedesca CureVac, al centro di una presunta operazione condotta dagli americani per ottenere in esclusiva il prototipo di un vaccino. Vicenda smentita da Washington. In ogni caso a Bethesda stanno procedendo a tutta velocità. Le risorse sono da mesi nel circuito e si possono vedere i primi risultati.

Vaccini

Spiega Cristina Cassetti, vice direttrice della Divisione di Microbiologia e Malattie infettive del Niaid: «Ci sono diversi progetti sui vaccini. Il più avanzato è il frutto della collaborazione tra il nostro istituto, altre agenzie pubbliche e Moderna. In questo caso il prototipo del vaccino è stato realizzato nei nostri laboratori. Poi stiamo collaborando con Barda per far avanzare altri progetti di vaccino inclusi quelli di Janssen, Sanofi e Merck». Sappiamo che il lavoro di Moderna, sede a Cambridge in Massachusetts, è già entrato nella fase di sperimentazione sugli esseri umani. C’è, invece, ancora incertezza sulla tabella di marcia da qui in avanti. La dottoressa Cassetti fa chiarezza: «Tra giugno e luglio si entra in quella che chiamiamo la “fase due”, con test su molte persone per studiare la sicurezza e la capacità di stimolare una risposta immunitaria del vaccino. Il momento decisivo dovrebbe cadere dopo settembre quando si capirà se la formula è efficace oppure no». Paolo Lusso, responsabile della Sezione del Laboratorio di patogenesi virale del Niaid, dice di essere «fiducioso»: «Il Covid-19 non sembra essere estremamente mutevole come altri virus. Per esempio quello dell’influenza, che cambia ogni anno, o quello dell’Hiv, su cui ci stiamo rompendo la testa da decenni».

Dosi di massa

In autunno la scienza lascerà il campo all’industria e quindi anche alla politica. L’amministrazione ha già semplificato al massimo le procedure di approvazione. Il problema, invece, è la produzione. La stima prudenziale di Fauci è che il composto dovrebbe essere messo in commercio in primavera. Ma se tutto va bene le prime dosi potrebbero essere disponibili già nel gennaio 2021. Il governo dovrà decidere come distribuirle. L’idea è cominciare con il personale degli ospedali, le forze di polizia, gli addetti ai trasporti, i lavoratori della filiera alimentare. Poi tutti gli altri. A Washington si sta esaminando l’ipotesi di lanciare un’alleanza tra diversi produttori, coinvolgendo anche aziende europee. Certo, ci sono ancora tanti problemi da risolvere, a cominciare dalla compatibilità delle diverse tecnologie. Si procederà, comunque, a ondate. Lo sviluppo degli altri tre vaccini viaggia con qualche mese di ritardo rispetto a quello di Moderna. Dovrebbero arrivare al traguardo a scaglioni nel corso del 2021, moltiplicando quindi le fonti di produzione e di distribuzione.

Farmaci e terapie

I ricercatori di Fauci stanno accelerando anche sulla terapia. I filoni sono due: gli antivirali, che neutralizzano direttamente il Covid-19, e gli anti infiammatori per contrastare gli effetti dell’infezione, a cominciare dalle polmoniti. Ancora una volta il momento della verità dovrebbe arrivare intorno al mese di ottobre, quando, dice ancora la dottoressa Cassetti, «dovremmo cominciare ad avere dati sufficienti e solidi per stabilire quali di queste medicine siano efficaci. Stiamo studiando anche possibili cocktail di sostanze diverse». Sempre in autunno si dovrebbe capire se anche l’idrossiclorichina, farmaco anti-malaria, potrà essere arruolato nel team anti-coronavirus.

Sorgente: corriere.ithttp://corriere.it

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