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Al Pio Albergo Trivulzio ieri altri sei morti, in arrivo gli ispettori del ministero. A Macerata il procuratore ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. Il governatore delle Marche: «Posso capire gli errori a febbraio, oggi no. Pronti a revoca convenzioni»

«La cosa che mi porterò nel cuore per sempre — racconta Nadia Storti, direttrice della sanità regionale delle Marche — è la stretta di mano che mi diede, forte forte, prima di salutarci, una vecchina di 97 anni ospite del presidio di Chiaravalle, in provincia di Ancona. Una stretta di mano colma di gratitudine per quel contatto umano appena ricevuto…». Perché il dramma nel dramma, ormai lo sappiamo, per migliaia di anziani è proprio questo: vivere l’esperienza tragica del Covid-19 da soli, lontani dai parenti, in quarantena, dentro le case di riposo di tutta Italia. Il bollettino purtroppo si aggiorna di continuo, la strage silenziosa dei nonni d’Italia non si ferma. L’Istituto superiore di sanità ha reso pubblico il secondo rapporto sul contagio nelle strutture residenziali in Italia. Il 37,4% dei decessi, equivalente a 1.443 persone su 3.859 morti dal primo febbraio ad oggi, erano positivi al Sars-CoV-2 o avevano sintomi simil-influenzali, comuni a quelli dell’epidemia. L’indagine è partita a fine marzo, per ora riporta i dati di neppure 600 strutture. Tanto lavoro c’è ancora da fare, tanto c’è da scoprire se solo si pensa che queste strutture sono 4.630. Numeri, insomma, da moltiplicare. E il rapporto Iss si limita solo alle Rsa, strutture sanitarie dove operano medici. Ma mancano ancora dei numeri precisi sull’universo infinito delle case di riposo, dove i medici spesso non arrivano e il cui elenco sfugge perfino ai Comuni che devono dare le autorizzazioni. Per non parlare del sommerso. Dalla Lombardia alla Sicilia, insomma, un’ecatombe.

Le vittime lombarde

Le vittime, nelle sole Rsa milanesi, sono arrivate a quota 700. A Milano, salme in attesa di essere incassate nelle bare iniziano ad affollare persino le palestre prima utilizzate per le sedute di riabilitazione (come al «Girola», struttura del Don Gnocchi) o le sale mensa (succede alla Rsa «Famagosta»). Non bastano più, dunque, le cappelle degli istituti. Il Pio Albergo Trivulzio conta 54 morti nei primi nove giorni di aprile (sei solo ieri), erano stati 70 in tutto a marzo: forse già domani gli ispettori del ministero andranno a visitare la struttura. Al Don Gnocchi i deceduti sono arrivati a 140: il virus ha mietuto ieri la prima vittima persino nell’area super protetta, «L’Arcobaleno», dedicata ai malati di Alzheimer; al Golgi Redaelli (120 operatori a casa in malattia e 27 decessi) finalmente i pazienti senza sintomi sono stati isolati da quelli sospetti. Ancora: nelle sedi della Sacra Famiglia (Rsd per disabili, oltre che Rsa) il Covid è entrato da poco e sono già una ventina quelli che non ce l’hanno fatta.

Le accuse nelle Marche

Luca Ceriscioli, il governatore delle Marche (62 anziani morti dall’inizio della pandemia tra case di riposo e Rsa), è esterrefatto: «Io posso anche capire gli errori di sottovalutazione quando all’inizio, parlo di febbraio, non fu facile per nessuno, noi compresi, capire l’entità del fenomeno, la pericolosità del virus, e dentro le case di riposo si organizzarono perfino delle feste di Carnevale. Ma oggi (ieri, ndr) che dovrebbe essere tutto chiaro e tutti dovrebbero conoscere i protocolli, mi chiamano per esempio dalla Rsa di Saltara (Pesaro) per dirmi: “Siamo in difficoltà, qui gli anziani ospiti hanno tutti la febbre, aiutateci con i tamponi”. Ora è chiaro che noi daremo una mano, ma alla fine di tutto bisognerà rivedere molte cose: per esempio, alle strutture che hanno dato prova di cattiva gestione potremmo decidere di revocare la convenzione». Otto morti nella Rsa di Recanati; altri 13 in tre settimane a Villa Almagià (Ancona); 8 decessi (i primi, quelli che fecero più scalpore) nella casa di riposo di Cingoli, Macerata, dove adesso però per fortuna sono arrivati i rinforzi: due medici e quattro infermieri della Marina militare. Così come in 10 strutture tra Ancona, Senigallia, Jesi e Fabriano la Regione ha chiamato in supporto un team di Medici senza Frontiere con la loro enorme esperienza su Ebola per formare il personale sanitario e i medici di famiglia a contatto con gli anziani.

Le inchieste

Sono già state aperte varie inchieste: a Milano, Prato, Padova. «È un dramma — si sfoga il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti —. Sarebbe auspicabile l’introduzione di norme che chiariscano al più presto la possibilità delle audizioni da remoto. Noi, infatti, abbiamo la necessità di ascoltare il personale sanitario che ha operato in quelle case di riposo dove ci sono stati i decessi, per capire se ci sono state sottovalutazioni o peggio omissioni. Ma per ora ci possiamo limitare all’acquisizione di documenti, non possiamo interrogare a distanza i testimoni perché sarebbe un salto in avanti nel diritto: possiamo solo telefonare loro ma in questo caso la conversazione non ha valore giuridico. Eppoi perlopiù stiamo parlando di testimoni che adesso sono a casa in quarantena per il Covid-19». Secondo un report dell’Unione sindacale di base (Usb) oltre il 61% dei decessi di anziani è avvenuto in Lombardia. Seguono Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte. In Emilia-Romagna fanno spavento i 59 decessi registrati nelle case di riposo modenesi: 58 anziani oltre all’operatrice 36enne di «Villa Margherita» Anna Caracciolo, amatissima da tutti i vecchietti. E non va neppure dimenticato il terribile focolaio dell’istituto Sant’Anna e Santa Caterina di Bologna, con 18 decessi registrati fino al 6 aprile. Per fortuna da tre giorni, l’unica nota lieta, niente più lutti. Anche la Toscana piange in silenzio i suoi morti (63 in tutto): la Procura di Prato ha aperto un’inchiesta su quanto accaduto nella Rsa di Comeana (sei anziani deceduti, 18 positivi e 15 operatori contagiati). E ancora: nel Lazio emblematico il caso di Nerola, zona rossa in provincia di Rieti, con la casa «Maria Immacolata» subito evacuata dopo la seconda vittima. Altre situazioni critiche a Cassino, Veroli, Civitavecchia: «Quando saremo fuori dell’emergenza bisognerà riorganizzare le reti. Nelle case di riposo dovrebbero essere ospitati solo gli autosufficienti, qui l’80% non lo erano», denuncia l’assessore alla sanità Alessio D’Amato. Ogni regione conta i suoi morti: tre alla «Casa di Mela» di Fuorigrotta (Napoli), poi sgomberata dalla Asl; otto anziani deceduti in Sicilia nella casa di riposo di Villafrati (Palermo); 12 in Puglia a «La Fontanella» di Soleto (Lecce); 19 alla «Domus Aurea» di Chiaravalle (Catanzaro) dove il focolaio esplose 10 giorni fa. Ogni giorno ha la sua pena. Quando finirà?

Sorgente: Coronavirus, la strage dei nonni da Milano al Sud. I corpi anche nelle palestre – Corriere.it

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