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L’appello delle Nazioni unite: «Tregua globale, fermate le guerre». Guerre in corso e contagi, i primi in Siria e in Egitto lo stesso Al Sisi in quarantena. Il Covid-19 arriva a Gaza dove la sanità è al collasso.

Solo guerra al coronavirus

L’appello è partito ieri dal Palazzo di Vetro di New York, dal segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres: «La furia del virus rende palese la follia della guerra», scrive in una nota Guterres, chiedendo di porre fine a tutti i conflitti del mondo, un cessate il fuoco globale che permetta di concentrare gli sforzi nella lotta alla pandemia. Chiedo oggi una tregua mondiale immediata in ogni angolo del mondo. È tempo di mettere in quarantena i conflitti armati e focalizzarci insieme sulla lotta vera per le nostre vite».
Le richieste: fermare gli scontri armati, l’artiglieria, i raid aerei; creare corridoi umanitari; aprire la porta alla diplomazia «per portare speranza ai luoghi più vulnerabili al Covid-19». Un virus che ha già colpito 180 paesi, con 300mila casi e oltre 12.700 morti nel mondo.

Invocazioni e cruda realtà

Siria. Dopo aver negato di avere casi positivi nel paese, domenica il governo di Damasco ha parlato di due persone contagiate in Siria. I timori, anticipati dalle denunce di casi sui social e dalle chiusure imposte nel Rojava e nel resto del paese, crescono viste le condizioni in cui si trova la sanità siriana, devastata da nove anni di guerra e da continui bombardamenti sugli ospedali. Nei giorni scorsi Damasco ha chiuso scuole, parchi, ristoranti, avanzato l’idea di un’amnistia e ordinato la chiusura dei forni: il pane è distribuito a casa. Egitto:  lo stesso presidente Al Sisi avrebbe passato 14 giorni in quarantena con la famiglia dopo contatti con due generali morti a causa del coronavirus. Situazione sanitaria estremamente preoccupante nel Paese.

Gaza, ora i bombardamenti del virus

«La notizia che tanto temevano è arrivata, sapevamo che era solo questione di tempo». La denuncia del direttore dell’ospedale Al Awda, il dottor Ahmad Mohanna ascoltato da Michele Giorgio, di Nena News. Primi casi positivi, due palestinesi rientrati dal Pakistan e ora in quarantena. «Ci stiamo impegnando tutti, coscienti che non saremo in grado di affrontare una possibile diffusione massiccia del coronavirus. In tutta Gaza abbiamo solo 48 terapie intensive, il ministero riuscirà ad arrivare a 70 ma in ogni caso non sono sufficienti per assistere un numero elevato di contagiati in condizioni gravi».
«La situazione della sanità a Gaza, conclude, «è lo sbocco ovvio di 13 anni di assedio del nostro territorio e di tre guerre (israeliane) contro Gaza».

La doppia guerra

Allestite due aree di quarantena per prevenire i contagi di ritorno e altre 17 strutture simili nel resto di Gaza. Scarseggiano però i farmaci salvavita, le attrezzature, laboratori adeguati, kit per i tamponi, tute, guanti e mascherine per proteggere i medici. Non sarà facile mettere in piedi, in caso di necessità, in ospedali spesso fatiscenti, aree isolate dove curare gli ammalati. E non si può non ricordare quanto sia penalizzante per il sistema sanitario la cronica mancanza di energia elettrica sufficiente.

Contagi in galera

«Immaginiamo due milioni di esseri umani che vivono in 365 kmq, circa 5400 persone per kmq, il luogo più densamente popolato del pianeta. Gli abitanti di Gaza sono confinati in una gabbia dalla quale non possono fuggire», denuncia il dottor Angelo Stefanini, ex direttore dell’Oms nei Territori occupati e volontario a Gaza. Secondo il ministero della salute palestinese, 53 casi di coronavirus sono stati confermati nella Cisgiordania occupata.

 

Sorgente: Onu, ‘tregua globale’ e guerra solo al coronavirus. Ma è illusione –

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