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Oggi in Italia sono diverse le figure politiche che giocano molto abilmente con la morale: Salvini, Renzi, Di Maio e Meloni

di EUGENIO SCALFARI

Tutti gli esseri hanno un’anima e per suo mezzo sentono, godono e soffrono. Questa è la vita. E la cultura medievale, che ha ancora pregi e valori per l’umanità di oggi, aveva comunque indicato che cosa fosse la morale e in quali modi l’uomo fosse in grado di reagirvi, rendendola tuttora operativa.

Il piccolo gruppo di favole che la tradizione medievale ci ha tramandato aveva come padre Gargantua e i suoi successori erano guidati da Pantagruel, Panurge e fra’ Giovanni. Vivevano in uno strano mondo: il cielo era diventato in molti punti della sua estensione assolutamente ghiacciato e quel ghiaccio aveva racchiuso gran parte delle parole che spiegano la vita. Il ghiaccio non si poteva leggere e il gruppo di Pantagruel era molto infastidito da questa impossibilità. Ma ce n’era un’altra, egualmente inspiegabile e altrettanto fastidiosa: grandi strade, velocissime a trasportare qualunque persona e qualunque peso, avevano una loro propria direzione: ci si poteva salir sopra ma non discenderne quando si erano messe in moto e avevano una loro destinazione molti e molti chilometri più oltre. Solo lì si poteva scendere. Al contrario, vi si poteva salir sopra in qualunque punto. Si poteva anche fare a meno delle strade. Ma allora bisognava camminare ed evitare aggressioni molto pericolose.

Questa era la situazione così come la cultura medievale ce la consegnò. Moltissimi non la conoscono o la considerano una divertente favola. Altri, tra i quali mi permetto di collocarmi, considerano le “parole ghiacciate” e le “strade velocissime” come due condizioni d’un mondo che riconosce l’importanza della morale. Dunque, vogliamo chiarirla?

La morale è fatta di cento e cento particolari ma la sua essenza si riduce a una situazione decisiva: distingue il bene dal male.

L’Io distingue e salvaguarda la morale individuale.

Il popolo e lo Stato sono gli strumenti per realizzare la moralità collettiva.

Si tratta in realtà di due soluzioni politiche: una sbocca nella dittatura e l’altra nella democrazia. Questa è l’importanza della morale. Eppure ci sono democrazie che in teoria difendono la libertà ma non giovano a una moralità governante con efficacia per la massa dei cittadini. E allora qual è la soluzione? La storia può suggerirci le soluzioni del problema e ne indica da sempre i possibili risultati.

A me capita d’esser molto interessato a queste questioni. Perché nel corso di molti secoli il tema porta guerre e paci, amicizie e inimicizie, cultura e ignoranza. La biografia di ciascuna e di milioni di persone potrebbe essere raccontata narrando il confronto, che non ha tregua, non lascia riposo né respiro, tra l’impulso irrefrenabile dell’animale verso la felicità e il meccanismo cerebrale che gli appartiene. Che è cosa sua dietro a quella fronte. Un meccanismo raffinato, che ha confiscato all’animale una parte dei suoi istinti primigeni e governa attraverso la volontà della quale detiene gli strumenti biologici di trasmissione. Quel meccanismo si ritiene orgogliosamente autonomo e anzi sovrano, identificandosi con la complicatissima figura mentale definita con la parola Io.
Al contrario degli uomini, gli animali l’Io ce l’hanno, ma non lo avvertono.

È opportuno leggere i “Pensieri” che Blaise Pascal ha scritto su argomenti analoghi a quelli che abbiamo fin qui esaminato. Ecco, ad esempio, una frase che merita d’essere meditata: «Si è miserabili perché ci si riconosce miserabili, ma è essere grandi riconoscere che si è miserabili. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo. Se lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide, dal momento che egli sa di morire mentre l’universo non sa nulla. Ma Dio?».

La divinità trascendente entra a questo punto nella questione morale. Scrive Pascal nei suoi “Pensieri”: «Senza la carità, Dio sarebbe soltanto un idolo. Cristo non è nulla senza la carità».
Nella sua disperazione verso la morte che su di lui incombe, Pascal sente dentro di sé — e lo scrive — una via di salvezza ed è la Croce e la carità di cui Cristo rappresenta l’incarnazione ed è fonte testimoniale. A 39 anni, l’esistenza di Pascal è minata da un male che i medici non sono in grado di diagnosticare. Lascia la sua abitazione a una famiglia bisognosa e muore dopo pochi giorni a casa di sua sorella dove è stato ricoverato.

Sainte-Beuve in una pagina di grande letteratura con la quale conclude il suo saggio su Pascal, racconta il funerale immaginario di Montaigne. Vi fa partecipare tutti coloro che nel corso del tempo hanno dialogato con lui attraverso il suo libro e nutrendosi del suo pensiero.

In quel funerale immaginario, ci mette Charnon e la signorina de Gournay, Fontenelle e La Bruyère, La Fontaine, Madame de Sévigné, Montesquieu, Rousseau, Molière. Voltaire a parte, nel mezzo. «Il funerale», commenta l’autore di “Port-Royal”, «non può essere umanamente più glorioso, più invidiabile per l’Io? Tutti conversano del defunto, della sua filosofia che torna in gioco tante volte nella vita. Conversano di se stessi. Nessuno dimentica il proprio debito, ogni pensiero restituisce la propria eco. Chi conducono essi? E dove mai lo conducono? Dov’è la benedizione? Dov’è la preghiera? Io temo che solo Pascal, lui soltanto — se è del corteo — abbia pregato».

C’è di che associarsi a questo finale.

“La morale perduta” è un antico mio libro, ma non è certo quello che voglio qui commentare. La morale usata in certe circostanze si adatta a distinguerle ed esaminarle, ma operando in questo modo noi la usiamo per chiarire alcune questioni con una funzione di secondo grado. La morale, però, va esaminata soprattutto al primo grado. È una finalità, è il centro del discorso. Tutti gli esseri hanno un’anima e l’anima si distingue con la morale. Il Dio Unico è il centro del problema e la morale è di fronte a quel Dio o alla sua inesistenza ed è essa che decide per i mortali.
La morale distingue il bene dal male, ma effettua questa distinzione in modo individuale o collettivo. L’Io è la morale individuale. Quella collettiva è rappresentata dal Popolo e dallo Stato. La prima è democratica, la seconda è una dittatura.

Abbiamo oggi tre figure di notevole importanza che con la morale giocano molto abilmente.

Matteo Salvini, che la morale la porta ovunque con sé, ne fa uno strumento della massima importanza, che chiude i porti e le vie d’ingresso. E usa la morale politica per motivare questo suo atteggiamento col quale spera di convogliare verso il suo partito la maggioranza del voto popolare.

È dubbio che Meloni e il suo partito “Fratelli d’Italia” stiano con Salvini ed è altrettanto dubbio che ci stia Berlusconi. Ma il più dubbio di tutti è Matteo Renzi. Salvini gli piace, i Cinquestelle possono perder voti a suo favore. Se c’è un personaggio da lui detestato è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Renzi e Conte: sono questi i veri avversari.

Conte non ha nulla a che vedere con Renzi, ma Renzi viceversa ha molto a che vedere con Conte.

E Di Maio? Ecco un’altra figurina non priva di peso politico. Sta perdendo voti, ma quelli che gli sono finora rimasti hanno aumentato il loro peso e stanno rafforzando la propria autonomia. Non hanno alleanze, anche se a volte dicono il contrario.

La sinistra si è rafforzata e sta raccogliendo voti di gran peso.

La morale della sinistra è evidente: raccoglie gli istinti democratici del Paese e li convoglia verso movimenti di vario peso e nomi di notevole importanza: a cominciare, oltre che da Nicola Zingaretti, da Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Piero Fassino, Marco Minniti, Carlo Calenda e molti altri sindaci e governatori regionali che coltivano la sinistra democratica e giovanile. La morale è decisiva: la sinistra liberaldemocratica coltiva la moralità politica che fu impersonata a suo tempo da Enrico Berlinguer e da quelli che dopo di lui fecero una forza di rilievo del Partito comunista democratico, che oggi è ancora tra le forze storiche d’un passato più che mai proiettato verso il presente e sperabilmente il futuro. Questa è la moralità storica e di questa siamo i sostenitori. Diderot e Voltaire ci tengono buona compagnia.

Sorgente: La Morale che divide democrazia e dittatura | Rep

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