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Insegna Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia e da giorni studia i numeri di contagiati, guariti, deceduti in Italia, per interpretare l’andamento dell’epidemia

di Luca Fraioli

«Quello che ora sappiamo con sicurezza è che ormai i numeri della Lombardia non significano più nulla. La situazione è fuori controllo, in senso etimologico». Enrico Bucci, professore di Biologia dei sistemi alla Temple University di Philadelphia, da giorni studia i numeri di contagiati, guariti, deceduti in Italia, per interpretare l’andamento dell’epidemia che sta sconvolgendo il paese. Ieri sperava di poter cogliere, nei dati snocciolati dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, un primo segno di inversione di tendenza, di rallentamento, di cambiamento della concavità della curva, perché quell’andamento esponenziale cominciasse ad appiattirsi per poi piegare verso il basso. E invece…

E invece, professor Bucci, cosa ha visto nei numeri di ieri?
«L’unica cosa certa è che i dati in arrivo dalla Lombardia sono ormai inutilizzabili. C’è un effetto saturazione che li falsa. Per chi, come me, fa questo tipo di analisi è meglio non prenderli in considerazione e concentrarsi sulle altre zone d’Italia».

Cosa intende per saturazione?
«Da quello che sappiamo, gli ospedali lombardi, ormai al limite del collasso, rimandano indietro moltissime persone con sintomi senza far loro il tampone. E quindi il numero di contagiati è ampiamente sottostimato. Ma come denunciano i sindaci del Bergamasco, c’è una stima errata anche dei decessi. Molti ormai muoiono a casa senza tampone e non nelle terapie intensive, quindi non risultano conteggiati come decessi per Covid-19 nei resoconti ufficiali. Per ogni morto in ospedale ce ne potrebbero essere due che sfuggono al controllo. Più in generale i dati arrivano “sporchi” e in ritardo, effetto della saturazione della sanità lombarda».

In realtà, i ritardi non riguardano solo la Lombardia.
«Infatti: ieri ai dati forniti dalla Protezione civile mancavano quelli della Campania, il giorno prima quelli della Puglia e della Provincia autonoma di Trento».

Che significa?
«Che i sistemi sanitari regionali, per quanto riguarda anche la trasmissione e l’analisi dei dati, non erano preparati ad affrontare una emergenza di queste dimensioni. A livello locale mancano strutture efficienti che facciano i test e trasmettano i dati relativi alle autorità centrali».

Dunque Lombardia fuori controllo. E qual è la situazione nelle altre regioni?
«I dati mostrano una accelerazione in Piemonte, oltre a quanto già noto per le Marche. E poi c’è lo strano comportamento della Toscana: la curva dei ricoverati in terapia intensiva è come se fosse fatta dall’unione di due rette consecutive, la prima più piatta, la seconda più inclinata».

Cosa può significare?
«Che c’è qualcosa di anomalo da studiare. Nessuna epidemia si comporta così».

Se si guarda ai dati italiani nel complesso, cosa si può dire?
«Ormai è inutile farlo. Della Lombardia abbiamo detto, va scorporata perché ormai in saturazione. E poi ci sono situazioni molto diverse a seconda delle aree geografiche del Paese, l’epidemia in Italia è a macchia di leopardo. Penso sia meglio concentrarsi sui dati delle province e delle singole città. Ed è quello che farò nelle prossime ore».

Veramente noi ci aspettavamo una previsione sul picco dell’epidemia in Italia, nel suo insieme.
«L’ho detto e lo ribadisco: in questo momento nessuno, con nessun modello matematico, può fare previsioni di questo tipo. Certo se qualcuno prevede un picco domani, poi dopodomani e così via, prima o poi ci azzeccherà, come il famoso orologio rotto che due volte al giorno segna l’ora esatta».

Ma allora a cosa servono le analisi che lei ed altri studiosi fate sui numeri dell’epidemia?
«Non a fare previsioni, ma descrizioni di quello che sta succedendo. Per scoprire se ci sono anomalie, come appunto sospetto per la Toscana. Oppure per aiutare i decisori a capire come gestire le risorse e i posti letto in una emergenza che colpisce con tempi diversi aree diverse del Paese».

C’è un modo per capire quanti sono i contagiati reali in Italia?
«Ce ne sono due. Il primo ha a che fare con la genetica del virus: in queste ore sono state isolate altre due varianti genetiche nelle Marche. Ma perché le varianti si presentino il virus si deve essere riprodotto in certo numero di volte e questo ci può dire quante persone lo hanno ospitato. È un po’ come la genetica delle popolazioni, che ha permesso di capire quanti millenni fa si sono separate le varie etnie umane. Poi c’è un metodo più approssimativo che si basa sul numero dei decessi: dai morti di oggi si può risalire a quanti erano i contagiati due settimane fa, assumendo che si muoia a due settimane dal contagio e che il tasso di letalità (il rapporto tra morti e contagiati) di Covid-19 sia compreso tra il 1 e il 5%».

Lasciamo il professor Bucci alle sue analisi e azzardiamo noi una stima. Ieri sono morte 475 persone. Se la letalità di Covid-19 fosse dell’1%, vorrebbe dire che due settimane fa i contagiati erano 47.500. Se invece la letalità fosse del 5%, vorrebbe dire che due settimane fa i contagiati effettivi erano 9.500. Dunque il numero reale di contagiati di due settimane fa è compreso in una forchetta tra 9.500 e 47.500. I dati ufficiali del 4 marzo parlavano di 3.089 positivi al tampone, che quindi, come anche il prof. Bucci ha sempre sostenuto, sono una notevole sottostima. Forse anche per questo la situazione è fuori controllo.

Sorgente: Bucci: “Dalla Lombardia numeri ormai insensati. I contagiati sono di più” | Rep

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