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I gruppi si accordano perché partecipino alla seduta solo 350 eletti. «Qui rischiamo un contagio di massa». Dopo il primo deputato positivo, c’è chi insiste per fare a tutti il tampone. Fico è contrario: sarebbe una concessione alla Casta

ROMA. C’è chi indossa la mascherina coperta da una sciarpa rossa per non darla troppo a vedere e chi la cela con maglioni a giro collo, per l’imbarazzo di mostrarsi spaventati. E tutti discettano del momento tragico che vive il Paese, ma accalcati come non si dovrebbe in Transatlantico. Insomma, alla prima prova dopo giorni di assenza, i parlamentari non sembrano rendersi ben conto dei pericoli della vicinanza tra le persone, a dispetto delle prescrizioni del governo. Questa almeno la brutta impressione dei più avveduti, quelli che appena si vota escono «fuori da questo girone infernale», mentre gli altri restano a chiacchierare amabilmente nei capannelli, «con un di più di distanza ma sempre in mucchi».

Certo, molti vivono il momento come una sorta di eroismo dovuto alla nazione di chi si chiude insieme ad altri trecento prescelti a votare per il bene del Paese lo scostamento di bilancio per fare una manovra che dia ossigeno a famiglie e imprese. Ma molti dopo questo momento vissuto pericolosamente battono i pugni per ottenere il voto elettronico, «qui rischiamo un contagio di massa», si lamenta il costituzionalista Dem Stefano Ceccanti. «E di non poter più riunire le Camere. Ma i funzionari in tutto ciò resistono contro il voto a distanza, che sarebbe fattibile». Quindi pressing sul presidente Fico.

Ai banchi del governo, tanto per fare un esempio sono seduti accanto il ministro Lorenzo Guerini da Lodi, con il titolare degli Esteri Luigi Di Maio. E Roberto Gualtieri parla con la solennità richiesta.

Commessi in guanti di lattice
Su un tavolo sono disposte bottiglie d’acqua, perché la buvette è chiusa, e Amuchina per tutti. Sistemata anche in Aula, un flacone per ogni banco. Certo, quando entrano i commessi in livrea e guanti di lattice, ai pochi presenti monta un conato d’angoscia. La liturgia dispone che solo i due più anziani che accompagnano l’ingresso del presidente dell’assemblea indossino guanti bianchi, mentre stavolta li hanno tutti e di quelli precauzionali che evocano il virus, non la cerimonia.

L’atmosfera da tregenda la danno invece i numeri. Siccome la legge costituzionale impone che il voto sullo scostamento di bilancio sia approvato dalla maggioranza assoluta degli aventi diritto (ovvero 316 su 630), i gruppi parlamentari si sono messi d’accordo in modo da far arrivare in aula solo la metà dei deputati più qualcuno, ovvero 350. Per superare agevolmente quel 316 fatidico e darsela poi tutti a gambe.

I numeri la dicono lunga anche prima del voto fatidico. L’Aula è semideserta, da accordo tra capigruppo solo in pochi assistono al discorso solenne di Roberto Gualtieri, perché è meglio stare assiepati meno tempo possibile, arrivare giusto in tempo per fare clic sul tasto verde senza stringere la mano a nessuno e uscire da questo girone infernale. Dove tutti arrivano da ogni angolo d’Italia e nessuno si sente tranquillo. Specie dopo la notizia del primo contagiato, un deputato del gruppo Misto eletto a Lodi.

«I primi macchinari sono in consegna in queste ore – scandisce austero il ministro dell’economia – il personale medico sarà incrementato con centinaia di unità di personale medico militare, aumenteremo del cinquanta per cento le terapie intensive. E sul lavoro l’obiettivo e che nessuno venga licenziato e perda il posto».

Ingresso a blocchi in fila per uno
Lui se ne va, altri parlano in un «dibattito surreale ma importante», come lo liquida la leghista Vannia Gava, e scatta l’operazione militare: predisposta nei dettagli per contrastare il contagio in questo splendido emiciclo liberty creato da Ernesto Basile. Alle 17,20 in punto vengono fatti entrare a blocchi i gruppi, scaglionati per non mischiarsi. Prima i 118 grillini, su 207, diversi di loro indossano la mascherina. E poi cinque minuti dopo, ore 17,25, quelli del gruppo Misto, di Forza Italia, Italia viva, Fratelli d’Italia, e Leu, totale 118 su 208. Ore 17,30 entrano quelli della Lega e del Pd. Tutti sono stati scelti scartando quelli che vengono dalle regioni del nord.

Nessun dem della segreteriaIl Pd h

a scartato anche tutti i deputati che hanno avuto contatti con la segreteria, dopo che Zingaretti si è rivelato contagiato. Alle 17,15 il Transatlantico è pieno, tutti sono assiepati li e le misure di precauzione vanno a quel paese. Capannelli ovunque, diversi bivaccano in cortile a fumare. Fuori qualcuno con parla con l’ex sottosegretario renziano Luca Lotti, mentre Salvini passeggia nel corridoio dei bagni in trasferta dal Senato.Allora clou risuona la voce del presidente Roberto Fico. «Colleghi, vi chiedo di non fermarvi e andare ai vostri posti, accelerando l’operazione di ingresso e senza creare capannelli», dice rivolto ai pentastellati che fanno il loro ingresso.  «Vi chiedo di sedervi e di non fermarvi nell’emiciclo, poi di rimanere seduti ai vostri posti e di stare in silenzio», li bacchetta dai microfoni della presidenza. «Non fermatevi a parlare per favore». Non è facile mantenere la disciplina ferrea nel parlamento italiano.

L’urlo angosciato di Fico
Si vota finalmente la risoluzione accettata dal governo. Sullo schermo solo luci verdi, nessuno contrario come da copione. «Trecentotrentasei favorevoli…Non vi muovete!!», grida Fico angosciato da un possibile scatto simultaneo di tutti i presenti verso l’uscita. E invece fuori vanno in scena gruppetti di gente con  il trolley fermi a chiacchierare. «Un Parlamento non consapevole del pericolo – commenta un deputato sconsolato – e il fatto che nessuno di noi sia con la mascherina la dice lunga sull’imbarazzo di tutti». Tra imbarazzo e atteggiamento intrepido, c’è chi si fa un selfie, chi come Alessio Villarosa va in diretta Facebook. E chi prevede che l’appuntamento della prossima settimana salterà, «perché questa è stata una follia e si passerà al voto a distanza».

E parte pure il dibattito sul “tampone per tutti”, rimbalzato tra Camera e Senato. Pare che Fico non voglia, per evitare che passi come una concessione alla Casta, mentre le persone normali soffrono per averlo. E quindi si discetta se sia giusto, tampone sì-tampone no.

Sorgente: Alla Camera voto sul deficit tra mascherine e appelli a mantenere la distanza – La Stampa

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