
di Massimo Gramellini
Nei giorni scorsi qualcuno aveva sfasciato la lapide del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, appena inaugurata davanti alla sua casa di piazzale Segesta a Milano. Ieri, su quel cippo offeso, qualcun altro ha appoggiato due fiori. Difficile immaginare un gesto più contrario allo spirito del tempo. Il manuale del perfetto cittadino arrabbiato – odio dunque sono – avrebbe suggerito un paio di insulti sanguinosi, meglio se conditi da qualche allusione oscura. L’importante, spiegano gli esperti del ramo, è rispondere sempre colpo su colpo, usando i propri giacimenti di cattiveria per stigmatizzare quella altrui. E invece, guarda un po’: due fiori. Esiste qualcosa di meno aggressivo e polemico di un fiore? Figuriamoci di due. Mai visti due fiori alimentare una rissa in tv. Tanto più che a portarli sulla lapide sbrecciata della vittima ingiustamente sospettata della strage di piazza Fontana sono stati Gemma e Mario, la vedova e uno dei figli del commissario Calabresi, che a sua volta pagò con la morte il sospetto ingiusto di esserne stato il carnefice. Mezzo secolo dopo, eccoci qua. Con carichi inesausti di odio ancora da smaltire. Ma anche con quei due fiori per Pinelli, che se fossero stati insulti per i vandali avrebbero dato loro un alibi per sentirsi dalla parte della ragione. Mentre un piccolo gesto di pace e rispetto è riuscito nel miracolo di rendere patetici, almeno per un attimo, tutti quelli che custodiscono la guerra e il disprezzo nel cuore.
Sorgente: Due fiori | Il Caffè di Massimo Gramellini