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Michele Giorgio

Quella di ieri è stata una giornata in agrodolce per Benyamin Netanyahu. Mentre si trovava a Washington, per celebrare l’annuncio da parte di Donald Trump del «piano di pace» americano particolarmente favorevole a Israele, il primo ministro ha dovuto ritirare la richiesta alla Knesset di immunità parlamentare, dopo l’incriminazione a suo carico in tre inchieste per corruzione, frode e abuso di potere. Netanyahu ha preferito evitare l’umiliazione della bocciatura, sicura, della sua richiesta da parte del parlamento.

Su Facebook il premier ha sfogato tutta la sua rabbia. «Manderò in frantumi tutte le accuse», ha promesso rivolgendosi agli israeliani. Poi, riferendosi al piano di Trump, ha aggiunto che non permetterà ai suoi rivali di «ostacolare l’opportunità storica che sta conducendo» negli Stati uniti. Gli ha risposto Benny Gantz, il leader di Blu Bianco, il principale partito di opposizione. Netanyahu, ha detto Gantz, deve dimettersi subito perché «Nessuna persona può gestire uno Stato e al tempo stesso misurarsi con tre gravi incriminazioni penali».

Il premier, che si proclama «innocente» e «vittima di un complotto della politica, dei media e dei magistrati», sperava di coprirsi le spalle sul lato giudiziario almeno durante la campagna elettorale. Invece ha dovuto registrare una immediata accelerazione del procedimento penale a suo carico. Poche ore dopo la decisione di ritirare la richiesta di immunità parlamentare, l’ufficio della procura ha presentato l’atto di incriminazione contro il primo ministro alla Corte Distrettuale di Gerusalemme. La rapidità della mossa ha offerto all’entourage di Netanyahu l’opportunità per rilanciare l’accusa del «complotto» da parte della magistratura. Non è chiaro quando comincerà il processo ma è difficile che ciò possa accadere prima delle elezioni del 2 marzo

Sorgente: Il premier: «Non voglio immunità». E viene subito incriminato | il manifesto

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