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Coronavirus in Cina, da Wuhan a Pechino: la quarantena si estende

«Ai confini della realtà, sembra la fine del mondo» si legge sui social network cinesi. La lista di località coinvolte dai blocchi ai trasporti si allunga. Annullati i festeggiamenti per il Capodanno

di Guido Santevecchi

Dal nostro corrispondente
PECHINO — Oltre trenta milioni di persone chiuse nelle loro città. «Ai confini della realtà, sembra la fine del mondo» si legge sui social network cinesi. Per cercare di fermare il virus polmonare le autorità hanno montato un’operazione quarantena di proporzioni mai tentate prima nella storia. E la paura del contagio è arrivata anche nel cuore dell’orgoglio imperiale della Cina: la Città Proibita di Pechino non accoglierà turisti fino a nuovo ordine. Stando ai numeri dell’agenzia Reuters, le vittime del nuovo ceppo di coronavirus sono ormai venticinque, mentre le città in cui è stato imposto il blocco dei trasporti sono dieci, per un totale di 32 milioni di cittadini coinvolti.

Da ieri mattina sono stati fermati i movimenti in uscita da Wuhan, l’epicentro dell’infezione, 11 milioni di abitanti: niente voli, niente treni, posti di controllo ai caselli delle autostrade. C’è un inquietante effetto domino. È stata presa la stessa decisione per Huanggang, oltre 7 milioni di cittadini, sempre nella provincia dello Hubei; anche i funzionari della vicina Ezhou, un milione di anime almeno, hanno troncato i collegamenti ferroviari. Venti milioni di persone non possono varcare i confini delle loro città a meno di «avere ragioni specifiche». Incertezza, ansia crescente. Altre città dello Hubei stanno seguendo: i funzionari devono essersi spaventati per la minaccia di essere inchiodati alla colonna del disonore lanciata dal Partito-Stato, se il virus dilagherà. E così, riferisce Reuters, i bus sono stati bloccati anche a Chibi, Xiantao, Zhijiang, Qianjiang, Xianning, Huangshi ed Enshi, per un totale di trentadue milioni di persone coinvolte dalle restrizioni di movimento.

La grande Wuhan e Huanggang hanno fermato autobus e metropolitana nel loro perimetro, imposto alla gente di indossare la mascherina nei luoghi pubblici, compresi i ristoranti: se preso alla lettera significa che bisogna mangiare solo in casa. I cinema hanno sospeso la programmazione. Poi l’annuncio di Pechino: non si sa se per solidarietà politica della capitale o per timore dei contagi già arrivati, ha cancellato i grandi festeggiamenti per il Capodanno lunare che cade sabato. E sbarrato le porte di una delle meraviglie del mondo.

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Che cosa sappiamo del nuovo virus in Cina?

Una quarantena di massa del genere, in tempi moderni, si era vista solo in Sierra Leone nel 2014, al culmine dell’epidemia di Ebola. Il governo africano ordinò alla popolazione di restare a casa per tre giorni, mentre funzionari sanitari andavano porta a porta a recuperare cadaveri e cercare malati per isolarli. Wuhan ha molti più abitanti dell’intera Sierra Leone, ed è gente abituata a muoversi freneticamente per le proprie attività. Circolano già dubbi su possibili violazioni dei diritti umani. Perché la quarantena, tecnicamente, si dovrebbe applicare a casi sospetti di infezione: qui è sospettata un’intera popolazione. Se la Cina agisce è criticata, se non agisce è sempre criticata.

Su Weibo, il Twitter cinese, la gente chiede già quanto potrà durare. Nessuna risposta al momento. Davanti alla stazione ferroviaria si è allineata una fila di poliziotti e militari, muniti di mascherine nere. Transenne e camici bianchi di personale armato di termometri a infrarosso sulle tangenziali: nei filmati sui social si vedono colonne di auto in coda. Viene presa la temperatura a campione e molte vetture sono autorizzate a passare, secondo le prime testimonianze. Tutto sta succedendo alla vigilia di Chunjie, il Capodanno lunare, la festa del ritorno a casa per centinaia di milioni di cinesi emigrati lontano dai loro villaggi ad alimentare le catene di montaggio e i cantieri della seconda economia del mondo. Wuhan e lo Hubei sono un grande polo industriale e i volti delusi, in lacrime, di chi è bloccato e non può raggiungere i cari sommano tristezza alla paura.

«Onore alla popolazione di Wuhan per il suo sacrificio», titola nell’edizione inglese il Global Times, quotidiano di Pechino. Il tg statale della sera, Xinwen Lianbo, che parla ai cinesi, ha relegato la notizia del virus in coda, mentre gli annunciatori di Hunan Tv vanno in onda con mascherina. La gente è informata lo stesso, dal web. Su Weibo il trend #Wuhanchiusa ha oltre un miliardo di contatti. A Pechino, fino a pochi giorni fa, la gente non era preoccupata, lontana da Wuhan e dal suo mercato. Ma ora in strada le mascherine si sono moltiplicate. Da ieri la porta anche il custode del palazzo dov’è l’ufficio del Corriere. Nelle scale grande odore di disinfettante, sotto la porta sono stati fatti scivolare fogli di istruzioni: alla larga dalla selvaggina, da chi viene da Wuhan, avvisateci subito se avete febbre o mal di testa.

In tempi di coronavirus la Cina ha anche bisogno di eroi. Ce n’è già uno: il virologo Zhong Nanshan, che è stato il primo a dichiarare che il coronavirus «passa da persona a persona». Ora, a 84 anni, il direttore della squadra di ricerca sanitaria nazionale, è a Wuhan. La stampa cinese lo presenta come un coraggioso che ha già combattuto la Sars, arrestandola nella provincia del Guangdong nel 2003. Allora Zhong aveva 67 anni, ora è piuttosto anziano, ma oltre ad essere lucidissimo è anche in perfetta forma fisica, dicono i giornali, presentando le sue foto in palestra con i pesi. Se solo riuscisse a schiacciare anche il coronavirus.

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