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Il segretario Pd: “È un metodo folle che danneggia l’Italia”. Il Tesoro ha pronto un piano di cambiamenti su alcuni aspetti del Mes e sulle banche

di Tommaso Ciriaco

ROMA – A questo punto della storia, Nicola Zingaretti non può che confermare la linea, l’unica linea possibile: non sarà il Pd a rompere, non sarà il Nazareno a inseguire Luigi Di Maio in questa corsa a perdifiato verso il burrone, per di più a braccetto con Matteo Salvini. E però il segretario del Pd vede tutti i rischi della strategia antieuropea del capo dei grillini.

«Una follia», così si è lasciato sfuggire con i suoi. Soprattutto per il metodo scelto dal ministro degli Esteri, che ha portato avanti un dibattito a colpi di tweet e comunicati stampa «su un tema delicatissimo come il rapporto con Bruxelles». Perché è legittimo avere opinioni diverse, molto meno esternarle in questo modo. «Una sfida senza senso all’Europa», dunque, portata avanti con argomenti presi in prestito dal leader dell’opposizione. Una follia, ancora, perché il dibattito interno al Movimento e l’escalation di Di Maio generano un danno politico – immateriale ma pesantissimo – e fanno pagare un prezzo economico quantificabile, eccome se quantificabile, al Paese intero: lo spread infatti mostra segnali di nervosismo, facendo scontare all’Italia «il costo dell’incertezza».

E d’altra parte al Nazareno leggono tutti allo stesso modo l’ennesimo strappo del capo politico del Movimento: «Non capisco più Di Maio, davvero, non lo capisco», ripete da giorni al telefono con gli altri ministri il capo delegazione Dario Franceschini. Luigi Zanda è «stufo», l’hanno sentito dire così, di questo rilancio continuo e senza una logica. Tutti danno la colpa allo scontro interno ai 5stelle, fomentato per paradosso dalla visita di Beppe Grillo a Roma e dalla rinnovata fedeltà al patto con il Pd espressa dal comico. «Io non rompo, noi dobbiamo innanzitutto approvare la manovra per il Paese – continua però a dettare la linea il segretario dem – se Di Maio decide di forzare la mano, se ne assume la responsabilità».

Responsabilita, certo. Ma è altrettanto vero che Zingaretti ha ripetuto a più riprese ai suoi di non temere nuove elezioni, che travolgerebbero per primi proprio i grillini. I segnali che arrivano dalle piazze di mezza Italia, innescate dalla protesta delle Sardine, raccontano di un «vento che può cambiare, che sta cambiando», anche se il fantasma di una vittoria di Salvini resta allarmante. E poi c’è la scelta dell’imprenditore Pippo Callipo – per mesi il candidato in pectore dell’alleanza giallorossa in Calabria – di scendere comunque in campo, sostenuto dal Nazareno: «Un altro segnale che qualcosa si muove, un gesto di generosità», così lo giudica Zingaretti.

Il nodo, a questo punto, sembra soprattutto l’atteggiamento che terrà Giuseppe Conte. «Mi fido di lui», si limita a far trapelare il segretario Pd. Come a dire: non cambierà idea, non si piegherà ai 5stelle. Quello che non può dire è che il premier ha preso impegni con gli altri leader, ha negoziato per mesi il nuovo “salva Stati” e non può certo rimangiarsi la parola data soltanto perché Di Maio ha deciso così. E se invece provasse a farlo, per salvare la baracca? Sarebbe comunque il «suicidio» dell’esecutivo imposto dal Movimento, hanno concordato il segretario, Gentiloni e quella fetta crescente di big Pd stufa del continuo gioco al rialzo del ministro degli Esteri.

Il quale, ufficialmente, tiene il punto. E tiene la maggioranza per un giorno sull’orlo del precipizio. Vertice annullato, ballerino, forse meglio nessun vertice che certifichi una crisi di fatto. Poi, a sera, Conte ottiene di convocarlo. E ci riesce perché Di Maio porterà all’incontro di Palazzo Chigi le sue proposte. E si dirà pronto a ragionare sul piano di mediazione di Roberto Gualtieri, già pronto, che assorbe alcune delle sue idee (non quella sul rischio di una ristrutturazione automatica del debito, per il dem un falso problema) e che suona più o meno così: «All’Eurogruppo di martedì proveremo a cambiare gli allegati del Mes e lotteremo per migliorare l’unione bancaria». Ma senza mettere in discussione il via libera al patto politico sul salva-Stati al prossimo Consiglio Ue del 12-13 dicembre, a cui tra l’altro seguirà la firma formale dei leader a febbraio, dopo i passaggi burocratici di rito.

Qualcosa il ministro del Tesoro otterrà, insomma. Che basti a Di Maio per poter cantare vittoria e lasciar perdere con la richiesta di rinvio in primavera del Mes, però, è tutto da dimostrare. L’alternativa l’ha toccata con mano Conte ieri, chiamando alcune “colombe” di peso dei 5S: alcune sembravano falchi. Il premier è uscito turbato dalla ricongnizione, perché non ha potuto escludere lo scenario più grave: quello di finire impallinato il 10 dicembre al Senato, alla vigilia del Consiglio europeo.

Sorgente: Zingaretti: “Da Di Maio sfida senza senso all’Ue”. La mediazione di Gualtieri | Rep

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