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La tassa sullo zucchero, prevista dalla legge di Bilancio 2020 è stata pensata, si presume, come misura per convincere le aziende che producono bevande zuccherate a diminuirne la quantità. Come è noto il consumo fra i bambini e i giovanissimi è elevato, e gli effetti sulla salute preoccupanti. Partiamo dalle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la dose giornaliera da non superare è di 25 grammi, che vuol dire in totale 5 cucchiaini, e lo zucchero, come sappiamo è nascosto un po’ ovunque.

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Se prendiamo in considerazione la quantità contenuta in una lattina tipica da 330 ml, possiamo vedere che in una Fanta venduta in Italia ce ne sono 39 grammi, in Germania 30, in Francia 21, in Inghilterra 15.
Una lattina di Schweppes in Italia ne contiene 29,7 grammi; lo stesso in Germania, mentre in Francia 19,1; in Inghilterra 13,8. Solo nella Coca-Cola i grammi sono 35 ovunque nel mondo. Per il resto, la lista di prodotti identici è lunga, cambia solo la quantità di zuccheri, che si abbassa nei Paesi dove c’è la sugar tax. La Germania, come noi, per il momento non ha nessuna imposta.
Fanta e Schweppes: perché all’estero sono meno zuccherate

Vediamo cosa dicono le leggi. Sono significativi gli esempi di Francia e Gran Bretagna. Il governo guidato da Nicolas Sarkozy ha introdotto la Soda Tax di 7 centesimi al litro nel 2012. I produttori l’hanno attaccata violentemente minacciando un aumento dei prezzi per i consumatori (cosa che si è verificata soprattutto per i succhi di frutta cresciuti di 19 centesimi al litro). L’imposta è stata modificata e da luglio 2018 viene applicata in proporzione allo zucchero utilizzato. È un cambio di rotta dettato dalla volontà di spingere produttori a riformulare la ricetta più che a fare cassa. Oggi sotto i 10 grammi è di 3 centesimi al litro, che diventano 3,5 centesimi sotto i 20 grammi, fino ad arrivare a 23 centesimi per 150 grammi. Risultato: la lattina francese di Fanta e Schweppes, tassata sui 2 centesimi, ha praticamente la metà dei cucchiaini di zucchero di quella italiana. Per la Coca Cola l’imposta sale a 5 centesimi.

I produttori inglesi: ridotto lo zucchero e no tax

La Gran Bretagna di David Cameron ha introdotto la Soft Drinks Industry Levy il 6 aprile 2018. La tassa prevede due aliquote: 20 centesimi al litro tra i 50 e gli 80 grammi; oltre gli 80 grammi cresce a 27 centesimi. Anche qui lo scopo è di convincere i produttori ad abbassare i contenuti di zucchero per non pagare. Obiettivo raggiunto, perché la Fanta e la Schweppes inglesi hanno trovato più conveniente scendere sotto i 50 grammi al litro, e quindi: no tax. Il 50% dei produttori ha ridotto il contenuto di zuccheri nelle bevande per una quantità annua stimata attorno alle 45 mila tonnellate. Oggi, nel mondo, la sugar tax è applicata in 39 Paesi.

Che cosa succederà in Italia

Cosa prevede la nuova normativa italiana? Una tassa da 10 centesimi al litro sopra i 25 grammi. Vuol dire intorno ai 3 centesimi per una lattina da 330 ml con un contenuto medio di zuccheri, una cifra uguale a quella applicata in Francia e Gran Bretagna. Con una differenza: il limite di zuccheri sopra il quale i produttori pagheranno, ossia 25 grammi al litro. Una soglia troppo bassa per spingerli a modificare la ricetta. Chi fuori dall’Italia l’ha ridotta al minimo, infatti, non è sceso sotto i 50 grammi al litro. La conseguenza è che la misura italiana certamente permetterà di fare cassa (la stima è di 233 milioni di euro in un anno) e probabilmente contribuirà a diminuire un po’ i consumi come prevede l’Organizzazione mondiale della Sanità che sottolinea: «Le politiche fiscali che comportano un aumento di almeno il 20% del prezzo al dettaglio delle bevande zuccherate porterebbero a riduzioni proporzionali del consumo di tali prodotti». Ma per il calo di zuccheri a lattina – che dall’esperienza estera è considerata la pratica più efficace per tutelare la salute – la sugar tax com’è stata concepita dal nostro Paese serve a poco.

La posizione della comunità scientifica

Rimane il fatto che secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità le imposte sulle bevande zuccherate sono una delle misure efficaci per frenare la carie l’obesità, e il diabete di tipo 2. La comunità scientifica internazionale è allineata, e lo dimostrano i risultati là dove è applicata. In Italia la petizione promossa da Il Fatto Alimentare per l’adozione della sugar tax sulle bevande zuccherate è sottoscritta da dieci società scientifiche e da personaggi autorevoli come Francesco Branca (direttore del Dipartimento di nutrizione salute e sviluppo dell’Oms), Walter Ricciardi (ex presidente dell’Istituto superiore di Sanità), Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri), oltre a centinaia di medici, dietisti, biologi e nutrizionisti. Lelio Morricone, alla guida della Nutrizione clinica e Prevenzione cardiovascolare della Sant’Ambrogio di Milano, ribadisce: «È fondamentale che i soldi incassati con la tax sugar vengano utilizzati poi in campagne di educazione alimentare».

Gli interessi della politica

La politica anziché aggiustare il tiro per rendere la norma più efficace, litiga. Per Matteo Salvini «è una roba da matti», per Matteo Renzi una follia. Il timore è tutto concentrato sulle eventuali ripercussioni sul gruppo Coca-Cola che in Italia imbottiglia anche Fanta e Sprite, vale 813 milioni di euro l’anno e dà lavoro a 26.000 persone. «Coca-Cola è molto più italiana di quanto non si creda – sottolinea il gruppo sul sito –. Ogni anno genera un impatto importante sull’economia del Paese, dove le bevande del marchio The Coca-Cola Company vengono prodotte ogni giorno in cinque stabilimenti, dal Veneto alla Sicilia grazie ai nostri partner imbottigliatori, Coca-Cola HBC Italia e Sibeg». E manda un avvertimento: «Bloccheremo gli investimenti». Eppure non risulta che in Francia e in Gran Bretagna un solo produttore abbia chiuso bottega o ridotto il business.

I dati allarmanti sull’obesità

Intanto in Italia è obeso circa il 10% dei ragazzi fra i 10 e i 19 anni, tra i 5 e 9 anni il 20,5% dei bambini e il 14,9% delle bambine. Oltre 60 docenti del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale di Milano firmano un appello: «I dati sono molto allarmanti. Dal punto di vista psicologico-relazionale un vero disastro. Dal punto di vista sanitario una disfatta su tutta la linea. È infatti risaputo che un bambino obeso è un soggetto che quasi certamente svilupperà patologie di vario genere da adulto. Non a caso in Italia il diabete è in continuo aumento ed è atteso un vero e proprio boom con le nuove generazioni. La sua diffusione è quasi raddoppiata in trent’anni: nel 1980 coinvolgeva il 2,9% della popolazione, oggi il 5,3%, e ora come allora siamo sempre 60 milioni di abitanti. Il 16,5% delle persone sopra i 65 anni è diabetico. Se non basta un’informazione di igiene alimentare, che a dire il vero viene proposta in diverse forme, bisogna necessariamente ricorrere alla disincentivazione dell’abuso di zucchero». In Francia e Inghilterra l’obesità infantile era sotto al 10%, lo hanno considerato un dato allarmante ed hanno introdotto l’imposta. Da noi, dove i numeri sono purtroppo ben più alti, partirà a ottobre dell’anno prossimo. Se tutto va bene.

Sorgente: Corriere della Sera

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