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Dai depistaggi alle testimonianze dirette, un documentario rivisita la storia dolorosa della strage realizzata dai neofascisti veneti di Ordine Nuovo

di GIANLUCA DI FEO

Quella della strage di Piazza Fontana è una storia dolorosa, che ha condizionato mezzo secolo di vita italiana. L’esplosione nella Banca nazionale dell’Agricoltura ha cambiato tutto: la strategia della tensione ha partorito gli anni di piombo, chiudendo nel sangue i sogni di un decennio. Dalla crescita economica del boom e dai successi sindacali conquistati con gli scioperi dell’Autunno caldo, si è passati alla crisi e alla stagione degli omicidi, rossi e neri, ma egualmente crudeli. Con una parte dello Stato che ha soffiato sul fuoco, aizzando gli scontri di piazza e negando ogni giustizia. Il risultato è che oggi esiste una verità storica su quell’eccidio, realizzato dai neofascisti veneti di Ordine Nuovo e depistato da ampi settori dei servizi segreti, ma non esiste una responsabilità processuale: nessuno ha pagato per la morte di 17 persone e il ferimento di altre 88.

Adesso che l’anniversario porta di nuovo a parlare di Piazza Fontana, è importante che molti comprendano gli snodi di una vicenda tanto complessa e importante. Un valido aiuto arriva da un documentario che verrà trasmesso mercoledì 11 dicembre alle 21.50 da History Channel: una ricostruzione chiara dei cardini di questa trama, con le testimonianze dirette di molti protagonisti a partire dai superstiti e dai familiari delle vittime. Uno dei punti di forza del filmato è la suggestione dei sotterranei degli archivi di Perugia dove, dopo avere girato l’Italia, sono finiti milioni di documenti originali dei tanti processi che hanno segnato questo procedimento. E’ come se l’onda d’urto dell’ordigno dalla sala cilindrica – dove quel venerdì pomeriggio si ritrovavano gli imprenditori agricoli del milanese per chiudere i contratti con una stretta di mano – avesse assunto una potenza incredibile, stravolgendo tutti i livelli delle società italiana. E infliggendo un colpo irreparabile alla credibilità delle istituzioni.

Ne parla Ugo Paolillo, il primo pubblico ministero dell’inchiesta e il primo a dubitare della pista anarchica immediatamente accreditata dagli apparati di sicurezza, tanto da venire sollevato dall’indagine. I ricordi dell’ingresso nei locali distrutti scorrono sulle immagini terribili di corpi straziati e si accompagnano alle memorie di figli che non hanno mai ottenuto giustizia. E tra tanti interventi di rilievo – come quello di Guido Calvi, legale di Pietro Valpreda; della storica Benedetta Tobagi; dell’avvocato Federico Sinicato che ha assistito le famiglie delle vittime; di Martino Siciliano, ordinovista che ha preso parte alle prove dell’attentato – sorprende la sobrietà delle parole di Roberto Gargamelli, all’epoca anarchico diciannovenne del circolo 22 marzo, arrestato e processato ingiustamente assieme a Valpreda. Nonostante nel suo caso persino l’unico testimone ne avesse negato il riconoscimento

Sorgente: Strage di Piazza Fontana, viaggio nei sotterranei di un processo senza colpevoli – Repubblica.it

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