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“Tanto ne sfornano uno all’anno”, “scimmie”, “tradizione africana”, “rito tribale”, “rito satanico…”. Inizia così la discesa agli inferi in un pronto soccorso della provincia italiana. È sabato mattina, si entra, si fa il triage, si prende il numero e si aspetta. Forse si guarda anche un po’ il cellulare, si chatta, ci si lamenta delle lungaggini. Tutto sembra normale nell’ospedale di Sondrio, quando verso le 10.30 un grido e poi i singhiozzi interrompono l’attesa. È una madre che si dispera, sta vedendo la figlia di cinque mesi morire. Le sue urla, il suo dolore, non suscitano commozione ma dispetto, fastidio. Non fanno crollare le certezze sul senso della vita, non lasciano attoniti. Per lei tutto questo non si prova. Perché? È nigeriana.

Le lacrime, le grida, per alcuni sono “riti tribali”, per altri sono “riti satanici”, per qualcun altro il dolore di quella madre, simile al dolore di qualsiasi altra madre, in qualsiasi parte del mondo, è invece la reazione tipica “della tradizione africana”. Per qualche ora, i medici, aiutati dalle forze dell’ordine, tentano di rianimare la bimba. Poi si devono arrendere. Non ce la fa. È morta.

Le urla diventano strazianti. La giovane donna viene raggiunta dal marito. Ma anche in quel momento il cinismo, l’orrore non si fermano. La discesa agli inferi continua. E in quella sala di attesa, in cui l’umanità è per alcuni sospesa, è possibile pensare, dire, sentire frasi agghiaccianti. Come questa: “Tanto ne sfornano uno all’anno”. Lo dicono senza vergogna, senza sprofondare, senza timore, senza ritegno. La donna di origini nigeriane è molto giovane, ha 22 anni. È in casa quando si accorge che la bimba, nella culla, non respira. Corre in strada, chiede aiuto e un automobilista le presta soccorso portandola subito all’ospedale.

Le chiamano “morti bianche”, morti inspiegabili che colpiscono i lattanti. Per essere certi si attende l’esito dell’autopsia disposta dalla Procura.
Alle quattro del pomeriggio la fine della speranza è ufficiale: la bimba è morta. E a quel punto anche nella sala d’attesa cala il gelo. Se oggi possiamo scrivere e denunciare quello che è accaduto, è grazie a una testimone. Sono i testimoni che tramandano la Storia: chi ha visto, chi ha vissuto, chi ha il coraggio e la forza di raccontare.

La testimone al pronto soccorso di Sondrio si chiama Francesca Gugiatti, è una giovanissima consigliera comunale, ha 25 anni ed è stata eletta con una lista civica di centrosinistra. Francesca fa parte del movimento delle Sardine e quando sabato sera è andata alla riunione cittadina del neo movimento ha raccontato. Il gelo è calato anche lì. Le Sardine sono nate anche per questo: contro l’indifferenza, contro l’odio per il diverso, contro una politica e una cultura indifferenti alle morti in mare.

Francesca prende la parola, e ricostruisce quella terribile giornata che ha descritto anche in un post su Facebook che diventa virale. “Non stavo
bene, mia mamma mi ha accompagnata in ospedale…”. È appena arrivata quando sente le urla, poi i primi insulti, l’indifferenza anche davanti al
dolore, davanti a una bimba di appena cinque mesi che sta morendo: “Tanto ne sfornano uno all’anno”. La madre che è con lei si arrabbia, non sta zitta e ribatte: “Ma cosa dici! Stai parlando di una bambina morta”. Gli insulti arrivano da persone sulla sessantina, non da teppisti: sanno quello che dicono.

Francesca è l’unica a sentire le loro offese, lo precisa la direzione sanitaria dell’ospedale che prende le distanze dall’episodio ma sottolinea come le frasi non possano essere né confermate né smentite. I carabinieri, intervenuti per aiutare la madre della piccola, sono dentro il pronto soccorso. Uno di loro, un maggiore, quando non c’è più speranza ha un malore. I medici neanche hanno sentito, né gli infermieri: erano impegnati a tentare di salvare la bimba. Questa volta in quel pronto soccorso accade qualcosa: l’orrore trova un argine nella parola, in chi denuncia, in quell’Italia rappresentata anche dai medici e dalle forze dell’ordine che non ci stanno ad arrendersi alla barbarie.

La testimonianza di Francesca, anche tramite la condivisione del post, fa il giro d’Italia, scuote le coscienze. È una scena troppo straziante, troppo tutto, per stare indifferenti, per non dire basta. La politica prende posizione contro l’episodio di razzismo. Dal Pd a Italia viva, da Forza Italia a Leu. Anche Giorgia Meloni interviene per condannare l’episodio: “Da madre – scrive la leader di Fratelli d’Italia – non posso che provare profondo disprezzo per chi è così infame da insultare una donna straziata dal dolore più atroce”. Tra i primi ad intervenire Matteo Renzi: “Quella donna merita un abbraccio, non il disprezzo razzista”.

Nel pronto soccorso di Sondrio si sono confrontate due Italie: l’Italia dell’odio per il diverso, del razzismo. L’Italia che, dopo anni e anni di campagne, non rispetta più la vita umana se non ha il suo stesso colore. Dall’altra c’è l’Italia che invece non rinuncia a restare umana: la sardina
Francesca, il signore che offre il primo soccorso, i carabinieri, i medici, gli infermieri. Non si sono lasciati vincere dall’egoismo, ma hanno reagito, hanno provato pietà e dolore, per quella madre straziata che secondo alcuni ha un’unica imperdonabile “colpa”: avere la pelle diversa dalla nostra.

Ps: Sul web si scatena l’attacco alla testimonianza di Francesca. “È una sardina: si sarebbe inventata tutto, non ci sono altri testimoni”. Lei ribatte che ci sono altre persone che hanno assistito e si sono indignate. Nessuno la smentisce…

Sorgente: Muore bimba di 5 mesi: “Chi se ne frega è una scimmia” • Il Riformista

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