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Governo. Franceschini: «Ci giochiamo la credibilità». I 5S: «Consigliamo di lavorare a un’intesa»

Alla vigilia di un vertice di maggioranza sul Mes convocato per stasera tra le otto e le nove e che promette di essere allo stesso tempo incandescente ma non conclusivo, nel Pd si diffonde il dubbio che l’obiettivo di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista sia proprio la crisi, per andare al voto sventolando le loro bandiere più lucide e cosa meglio della tripletta Mes-prescrizione-autostrade? C’è chi si spinge oltre e sospetta che i 5 Stelle vogliano arrivare alle urne prima che entri in vigore il taglio dei parlamentari. Se non verrà avanzata richiesta di referendum il tempo è stretto, non va oltre il 12 gennaio. Ma se il referendum verrà chiesto ci saranno invece sei mesi a disposizione.

CHE I SOSPETTI SIANO fondati o meno, pesa in ogni caso anche questo sulla decisione del Pd di puntare i piedi sul Mes oggi e sulla prescrizione domani. «Mi aspetto che le legittime critiche del nostro alleato non portino a provocare una crisi di credibilità per il Paese», segnala il capogruppo alla Camera Graziano Delrio. Dietro i toni cortesi è un semaforo rosso per la richiesta di rinvio. «Sul Mes ci giochiamola credibilità del Paese, dello spread e dei mercati», rincara Dario Franceschini. Non si allude solo alla richiesta di emendare il trattato, ripetuta in mattinata da Di Maio ma, appunto, anche al rinvio. Non a caso, da Bruxelles, vengono fatti filtrare commenti e giudizi che rendono esplicito il parere della Ue e dell’Eurogruppo: «Un rinvio è possibile ma non sarebbe nell’interesse dell’Italia». In codice significa che la richiesta sarebbe quanto mai sgradita. A Roma il messaggio viene colto al volo. Il tam tam del Pd ripete infatti che chiedere il rinvio vorrebbe dire fare la peggior figura possibile.

Il braccio di ferro prosegue per tutto il giorno. I toni sembrano per un po’ abbassarsi, poi s’impennano. Di Maio smentisce le ricostruzioni secondo cui si sarebbe detto pronto a far cadere il governo sul Mes ma conferma che «il negoziato ha tutte le possibilità di migliorare questo trattato». Insiste sul pacchetto con l’Unione bancaria, chiarendo però che, al momento, quella riforma va anche peggio di quella del Mes. Franceschini commenta senza esagerare in fiducia, nonostante la smentita sull’eventualità di crisi: «Prendiamo per buone le parole di Luigi Di Maio. Di qui a lunedì vedremo se alle parole seguiranno i fatti».

IL PRIMO ROUND SARÀ infatti domani, prima a Montecitorio, poi, alle 15.30, al Senato dove Conte e Salvini si troveranno faccia a faccia ed entrambi promettono scintille. Quella del premier è solo un’informativa che non prevede voti di sorta. Lo scontro riguarderà soprattutto il comportamento del premier, accusato da Salvini e Meloni di aver preso con l’Europa impegni opposti a quelli dettatigli dal parlamento. Conte, in realtà, nel primo pomeriggio, era partito conciliante: «La sovranità appartiene al popolo, rappresentato dai parlamentari. Lunedì mi confronterò con il parlamento». Toni bassi che al ministro Gualtieri e al Pd non piacciono neanche un po’. Dopo un giro di telefonate a Conte arriva un messaggio tassativo e subito dopo il premier sfodera l’ascia di guerra: «Lunedì spazzeremo via tutte le fesserie che sono state dette sul Mes e ne ho sentite tante. Io sono paziente ma il momento di spazzare via le chiacchiere sarà lunedì».

FORMALMENTE il linguaggio da sfida all’Ok Corral, del resto omogeneo a quello da duello al sole scelto da Salvini, è rivolto solo al leader leghista. In realtà i destinatari principali sono proprio i 5S che però scelgono di accettare la sfida del Pd e di passare ad accenti di neppur troppo velata minaccia: «Nonostante la nostra contrarietà ai princìpi del Mes, il M5S sta cercando di avere un approccio costruttivo. Se la si mette sul piano della credibilità, ci sembra che la credibilità, in tutti questi anni, la abbiamo persa firmando qualsiasi cosa per compiacere qualche euroburocrate. Consigliamo al Pd di lavorare con noi a un’intesa. Tutti sanno che il Mes è modificabile ed emendabile».

NON È SOLO un tenere il punto. E’ un rilancio che allude alla crisi. Un messaggio tanto duro da confermare quasi i dubbi di chi pensa che i 5S vogliano rompere. O almeno che siano pronti a correre il rischio. Tanto più che la rissa è destinata a ripetersi sulla prescrizione.

Sorgente: Mes, sfida apertra tra Di Maio e i dem. Conte: basta fesserie | il manifesto

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