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di NATALIA ASPESI

E se avessero ragione i talebani, i sauditi, senza arrivare all’Isis? Se non fossero le donne ad essere in pericolo in quanto donne, ma fossero loro, le femmine, a costituire un pericolo pubblico in quanto femmine?

A causa di un’arma micidiale, il loro corpo; in grado di sconvolgere il fragile corpo del maschio o per lo meno la parte meno controllabile del maschio. Ogni centimetro di nudità oltre alla caviglia, è un proiettile, quindi la necessaria difesa, non della donna ma dell’uomo, sarebbe obbligare lei a celarsi dentro chador o niqab: un talebanesimo italiano atto a salvare lui da un malsano comportamento di cui sarebbe la vera vittima, e poi magari quella strilla, lui è costretto a picchiarla o a eliminarla, e ti rovina la vita facendoti finire in prigione per qualche anno.

Si vorrebbe sapere cosa hanno risposto all’Istat gli intervistati ambosessi su eventuali responsabilità maschili: o sociali.

E per esempio la violenza oggi è nel linguaggio, nella politica, in strada (sulle strisce e con bastone rischi sempre di essere travolta tra insulti di vario genere porno), in ogni tipo di rapporto, nella rabbia insensata, nell’odio non solo per il diverso ma anche per l’uguale.

Questa colpa del nudo è poi la più scema: ci sono ragazze tipo 80 chili, orgogliose della loro panciona nuda che se la nascondessero sarebbero più facilmente fonte di peccato virile, ci sono mariti che esibiscono felici al supermercato la loro amata in sottoveste, i settimanali di gossip mostrano solo donne di gran successo, modelli cui aspirare, sempre in tanga e posizionate in modo che la lettrice e si presume il lettore, si trovi sempre in un mare di natiche, sino forse a non volerne sapere più. Il sondaggio avrà chiesto ai soli maschi se la loro mamma anche femminista, amandoli visceralmente in quanto maschi, ha fatto loro credere di essere più forti, più importanti, degni della massima venerazione e sottomissione, rispetto alle cosiddette femminucce? Che nel frattempo crescevano più libere, amate senza necessità di traguardi, inventandosi un futuro in cui sarebbero state tutto ma non madri come la loro mamma, mentre i fratelli l’avrebbero cercata nelle altre donne vuoi madonna vuoi peccatrice, ovviamente non trovandola?

Il sondaggio accenna al fatto che sono più al Sud le donne che si lasciano pestare tanto poi passa, e gli uomini convinti, a parte il loro fascino irresistibile che piega ogni ripulsa, che se una sciocchina proprio non vuole si salva, anche se lui è un lottatore di Sumo e lei una bambolina di 40 chili.

A parte il sondaggio conosco non poche signore che prendono a pentolate il marito o al primo suo gesto antipatico se ne vanno in albergo e non ne vogliono più sapere: e a lui, per fortuna biologica o familiare o geografica, magari organizza vendette tremendissime, però di tipo finanziario o familiare, ma mai le darebbe quello schiaffo con cui ogni notte sogna di umiliarla.

Negli anni 70-80 divennero notizia i processi per stupro e il giornalismo maschilista, terrorizzato dalle femministe, cominciò a mandare le sue cosiddette firme: le più ardite pro stuprata, le altre pro stupratore ovviamente innocente. Erano magnifiche sceneggiate, le mamme dell’accusato si accanivano contro la sporcacciona che lo aveva fatto peccare e gli avvocati rivelavano che la sedicente stuprata avendo già avuto un fidanzato non poteva essere vergine e quindi era da escludersi lo stupro, trattandosi di mero eccesso di palpeggiamento: nel frattempo le femministe creavano corsi di karate antiviolenza: se ci furono vittime maschi, la cronaca non lo dice. Intanto questa è stata una bella occasione per vagheggiare soldi dello Stato per programmi di difesa delle donne contro la violenza se non per gli uomini di dissuasione alla violenza. Non ci si pensa, pare sempre una cosa che devono risolvere le donne. Ognuno ha detto la sua compresa me e speriamo in bene.

Sorgente: Violenza contro le donne: le domande da fare ai maschi | Rep

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