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Il Black Friday è uno scocciatore da strada, di quelli che (come in Orazio, ricordate?, “ibam forte Via Sacra”) vi si attaccano ai garretti e, ogni volta che cercate di liberarvene, rilanciano con pretesti sempre nuovi.

Basta che uno sia poco attratto dall’idea di beneficiare di sconti epocali di massa per la sola giornata del 29 novembre che ecco, il Black Friday si dilata a Black Week, estendendosi sull’intera settimana. Se poi uno continua a nicchiare, al costo di programmare sette giorni in un bunker antiatomico onde sfuggire alla frenesia da saldo, il Black Friday non demorde e diventa Black November, stiracchiandosi su un mese intero di offerte imperdibili – esattamente come il seccatore che, pur di ottenere qualcosa da voi, fa mostra di essere disposto a concedervi mirabolanti deroghe quando invece state già benissimo così. Il Black Friday trae dunque la propria irrinunciabilità dall’eccezionalità, dal capitare talmente di rado da non poter essere mancato. Se non che, capitando così di rado, si rischia di mancarlo davvero; allora la sua eccezionalità si trasforma nell’essere un venerdì talmente straordinario da cadere tutti i giorni della settimana, tutti i giorni del mese e, c’è da giurarci, prima o poi anche tutti i giorni dell’anno. Così che, posti davanti all’occasionissima di ottenere a prezzo stracciato ciò che ci pare quando ci pare, l’affare non ci parrà poi gran cosa e non compreremo più niente, uccidendo il capitalismo per asfissia da sconti.

Sorgente: Il Black Friday che uccide il capitalismo – Il Foglio

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