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Si apre così una settimana cruciale per il futuro dell’Ilva di Taranto, in attesa di un nuovo incontro tra il premier Giuseppe Conte e il proprietario della multinazionale Lakhsmi Mittal che gli sherpa continuano a tessere per cercare di uscire dall’impasse. E sono attese le prime mosse delle due procure che indagano sulla gestione del siderurgico nell’ultimo anno, dai prezzi delle materie prime alle vendite infragruppo fino alla ‘sparizione’ del magazzino

Le ditte dell’indotto in presidio davanti all’ingresso, i sindacati al Quirinale in serata e l’apertura del ministro Francesco Boccia a un “prestito ponte” se ArcelorMittal dovesse decidere di andare via. Si apre così una settimana cruciale per il futuro dell’Ilva di Taranto, in attesa di un nuovo incontro tra il premier Giuseppe Conte e il proprietario della multinazionale Lakhsmi Mittal che gli sherpa continuano a tessere per cercare di uscire dall’impasse nella quale è finito il siderurgico. E nelle prossime ore sono attese le prime mosse delle due procure – quella jonica e Milano – che indagano sulla gestione del siderurgico nell’ultimo anno, dai prezzi delle materie prime alle vendite infragruppo fino alla ‘sparizione’ del magazzino.

La crisi dell’indotto – In mattinata, come annunciato domenica, diversi mezzi pesanti si sono già schierati davanti alle portineria dello stabilimento siderurgico in segno di protesta per i crediti vantati in generale dalle aziende dell’indotto (non sono dagli autotrasportatori) nei confronti dei gestori di Arcelor Mittal. Sul posto sono arrivati il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e il presidente della Confindustria Taranto Antonio Marinaro. Le imprese, la scorsa settimana, avevano messo in mora ArcelorMittal, intimando di saldare le fatture scadute (oltre 5 milioni di euro) entro venerdì. Ma i bonifici non sono mai partiti. La Regione Puglia potrebbe “pagare le fatture al posto di Mittal” così “subentreremmo come creditori dell’Ilva”, è l’ipotesi di Emiliano.

I sindacati al Quirinale – Il consiglio di fabbrica, intanto, torna a riunirsi in giornata per decidere quale forma di mobilitazione intraprendere nei prossimi giorni per richiamare azienda e governo ai propri impegni. Si fa strada l’ipotesi di una manifestazione degli operai a Roma, senza escludere la possibilità di uno “sciopero al contrario” con gli impianti presidiati e la volontà di “disubbidire” ad ArcelorMittal non rispettando il cronoprogramma per lo spegnimento. La voce dei lavoratori arriverà nella Capitale già in giornata attraverso i tre leader di Cgil, Cisl e Uil che saranno ricevuti dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Quirinale per un incontro sulla vertenza Ilva e in generale delle crisi industriali.

Il fronte governativo – L’esecutivo, invece, riflette sulle prossime mosse. “Siamo compatti e tutto dovrà essere definito entro giovedì, quando si riunirà il Consiglio dei ministri”, ha confidato un autorevole fonte di governo a Ilfattoquotidiano.it. Una frase che lascia intendere come i contatti informali tra Conte e i Mittal non si siano mai interrotti e potrebbero portare a un nuovo faccia a faccia nei prossimi giorni. Il filo però è sottilissimo e può spezzarsi in qualsiasi momento. Come ha spiegato l’amministratore delegato Lucia Morselli ai sindacati nel vertice al Mise di venerdì, l’azienda (definita “salvatrice della Patria”) ritiene necessaria l’introduzione di un nuovo scudo penale perché produrre nell’area a caldo di Taranto ad oggi è “criminale”. E in ogni caso, pur ristabilite le tutele legali, resterebbe il nodo esuberi e un accordo dovrebbe essere trovato in tempi rapidissimi, visto che ArcelorMittal continua a insistere sulla data del 4 dicembre come ultimo giorno di gestione delle acciaierie.

Il ministro Boccia: “Piano B? Prestito ponte” – Per questo si ragiona su un piano B. Per il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia “non c’è alternativa”: in caso di addio dei franco-indiani sarà l’amministrazione straordinaria “con un prestito ponte” a riportare “nel giro di uno o due anni” l’azienda sul mercato. “Segnalo a Mittal che mi pare fin troppo evidente che molte cose non tornano, a partire dall’alimentazione dall’altoforno, fino alle perdite – ha aggiunto – Mi chiedo come abbia fatto Mittal a perdere più dei commissari, che sono persone competenti ma non sono dei manager”.

Le procure: indagini al via – Dubbi che Boccia aveva già espresso la scorsa settimana e che trovano una prima conferma nel contenuto dell’esposto denuncia dei tre commissari alla procura di Taranto. Nei prossimi giorni la Guardia di finanza, delegata alle indagini, potrebbe compiere i primi passi formali con acquisizione di documenti che chiariscano i dubbi posti ai magistrati sui prezzi di acquisto delle materie prime e le vendite infragruppo con società estere. Mentre il procuratore capo Carlo Maria Capristo e il pm Maurizio Carbone, come confermato negli scorsi giorni, sono pronti a sentire le persone persone informate sui fatti. Gli inquirenti milanesi, invece, si concentrano su un altro filone – quello legato all’influenza sul titolo azionario delle dichiarazioni rese dall’azienda nell’ultimo mese – e si attende la fissazione dell’udienza da parte del Tribunale civile sul ricorso d’urgenza ex articolo 700 depositato dai legali dei commissari straordinari dopo il recesso annunciato dall’azienda. Tra gli altri motivi, ArcelorMittal indicava anche la perdita delle quote di Co2 a partire dal 2020. Un bluff, come spiegato da un’inchiesta de Ilfattoquotidiano.it.

Sorgente: Ex Ilva, le ditte dell’indotto in presidio agli ingressi. I leader sindacali al Quirinale. Il ministro Boccia: “Pronti a un prestito ponte” – Il Fatto Quotidiano

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