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Condannati i leader separatisti. Scoppia la rivolta: bloccate stazioni e strade. Voli cancellati per gli scontri

Le condanne, la protesta, le cariche nell’aeroporto, le lacrime delle famiglie, l’incertezza del domani. In poche ore la crisi territoriale spagnola si è mostrata in tutta la sua drammaticità. Nove leader indipendentisti sono stati condannati a 100 anni di carcere complessivi, 13 per Oriol Junqueras, ex vicepresidente e leader di Esquerra Republicana, oggi il principale partito catalano. Colpiti duramente anche i ministri del governo Puigdemont, la presidente del Parlamento Carme Forcadell e i due Jordi, gli attivisti Cuixart e Sànchez. Il tribunale supremo spagnolo li ha ritenuti responsabili dell’organizzazione del referendum di indipendenza del primo ottobre 2017, proibito dalla corte costituzionale e represso da giudici e polizia, ma che riuscì a coinvolgere due milioni di votanti. Nella lista non c’è l’ex presidente Carles Puigdemont rifugiatosi in Belgio ormai da due anni. L’ordinamento spagnolo non prevede processi in contumacia e proprio per questo la procura ha riattivato il mandato di cattura europeo, dopo due tentativi falliti di estradizione (Belgio e Germania hanno negato la consegna).

Per la Catalogna indipendentista è un giorno molto duro. Appena i media cominciano ad anticipare la sentenza (filtrazioni che hanno generato molte polemiche) in molti si riversano nelle strade. Ma la protesta va anche al di là della metà separatista della popolazione. Dalle finestre si agitano le bandiere repubblicane, le aule universitarie si svuotano, gli automobilisti suonano i clacson. Tutti al «carrer», in strada. La protesta prende corpo con una sorta di spontaneismo organizzato, una contraddizione solo apparente. I manifestanti si radunano davanti all’università di Barcellona e in quelle delle altre città catalane. Poi arriva il messaggio: «Tutti all’aeroporto». E una massa si riversa sull’autostrada che porta al Prat. Uno degli scali più frequentati d’Europa va in crisi, nonostante la presenza di polizia catalana e spagnola. Il tentativo di bloccare le partenze riesce in parte, ma i disagi sono molti. Il modello sono le proteste di Hong Kong che avevano spesso proprio l’aeroporto come sfondo. Le cariche dentro i terminal impediscono a molti passeggeri di accedere ai controlli di sicurezza. Molti voli vengono cancellati, i ritardi si accumulano. Le proteste continueranno nei prossimi giorni, con il sostegno di un mito del calcio come Pep Guardiola: «La comunità internazionale intervenga».

Le turbolenze coinvolgono anche i palazzi: in quello della Generalitat, il presidente catalano Quim Torra, parla di «vendetta dello Stato» e chiede un incontro al re di Spagna e al premier Pedro Sánchez. Quest’ultimo compare da Madrid e dichiara la «vittoria dello stato di diritto» e chiude, almeno per ora, la strada a un indulto: «Accettare la condanna vuol dire scontare la pena». Il contesto pesa, perché la Spagna è di fatto in campagna elettorale, si voterà il 10 novembre e qualunque mossa sul tema catalano può costare caro. L’opposizione di destra, popolari e Ciudadanos, vogliono che i socialisti giurino di non scendere a patti con i «delinquenti», come li chiama Albert Rivera.

La sentenza però dice che non si è trattato di un golpe. Secondo i magistrati, in Catalogna le istituzioni agirono di comune accordo con la piazza per uno scopo illegale. Così, è la spirito della sentenza, si è arrivati alla «sedizione» che, unita all’utilizzo illegale dei fondi pubblici, ha portato alle condanne. Per il Supremo, però, questo tentativo è sì sedizioso, ma non un colpo di Stato: sono state respinte infatti le teorie della procura generale che indicavano il reato di «ribellione», un attacco alla costituzione che presuppone l’utilizzo della violenza. Non è stato un golpe quindi e forse fra qualche mese qualcuno dei detenuti riuscirà a uscire, per lo meno di giorno, ma nessuno per le strade di Barcellona trova consolazione.

Sorgente: Un secolo di carcere per gli indipendentisti. Proteste e cariche all’aeroporto di Barcellona – La Stampa

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