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Non si può vivere di soli Renzi, Zingaretti e Calenda. Continuare, come diceva Marcuse, coltivando il sogno necessario di un partito “di sinistra”, davvero.

di Fulvio Abbate

Non si vive di solo Renzi, e lo stesso vale per quell’altro, Zingaretti, e perfino per Calenda. Occorrerebbe, volendo, una forza politica di sinistra, se non altro per sentirsi più comodi con l’utopia, sembrerà un discorso astruso, perverso, scaduto, del secolo trascorso, sì, l’Ottocento, ma sarà concesso ad alcuni di tenere ancora a mente una parola, la stessa che troviamo, incisa, a Berlino sulla tomba di un certo Marcuse: “Weitermachen!” Ovvero: Continuare. Lo sai che significa continuare, no? Significa pensare, camminare, pedalare, sciare, buttarsi giù da una certa altezza con il toboga della Storia.

Due cose, per non dirne cento, in questi giorni hanno fatto venire voglia, almeno ad alcuni, della presenza necessaria di una forza che chiameremo, confidenzialmente, “di sinistra”, perfino a solo scopo diportistico culturale, immaginativo, rapsodico, fantasmatico, giusto per non avere la sensazione che la Storia, sempre quella, si concluda davanti all’unico sogno di una legge elettorale proporzionale, forse c’è di più, c’è perfino un altrove, sarà appunto pure fantasmatico, letterario, feticistico, monomaniacale, ma non per questo occorre rinunciarvi. Non voglio esagerare, ma ne basterebbe una del 7%, una forza politica come lo chalet piccolo come te, una sorta, che so, di Democrazia proletaria remix, e non cercate di non capire a cosa mi stia riferendo, non buttatela in termini “ancora con ’sto comunismo?”, cose semmai per “equilibri più avanzati”, cose che diano appunto la sensazione che il mondo, sì, che non si è fermato mai un momento, eppure, se solo lo facesse, sarebbe opportuno non trovarsi davanti unicamente la faccia di un Marcucci, di una De Micheli, di un Franceschini. Cioè a ciascuno il suo, a ognuno la sua storia. Ora, che qualche cretino banale possa subito pensare che dietro al nostro auspicio ci sia una vocazione fideistica, sarebbe davvero un pensiero corto e fuori luogo. Ci sarà invece un modo di immaginare ancora una riflessione sul cammino comune che vada oltre i risultati della Juve o l’agenda parlamentare risicata dello stesso giorno?

Occorrerebbe una forza “di sinistra”, anche per un fatto di semplice soddisfazione personale, pescaggio di memoria storica, per non avere più la sensazione che i libri di una Rosa Luxemburg o di una Simone Weil o dello stesso Gramsci siano ormai roba da portare al mercatino franchising. Dai, ci sarà pure un 7% di persone convinte di una simile necessità nel mare dell’astensione, no? Chiarito che è davvero da imbecilli dare credito a chi reputi piena legittimità unicamente alle idee più corrivamente moderate, sorta di morte della Storia raccontata dai più mediocri commentatori politici incapaci, lo ripeto, di levarsi oltre il più vieto filo dell’orizzonte da talk televisivo.

Scendendo nel mesto dettaglio, un 7% che non abbia mai pensato che nel M5S vi fossero i termini per coniugare in progress certe battaglie appunto “di sinistra” sia pure rivedute e corrette nella post-ideologia di un comico già da prima serata televisiva, dimenticando invece che, forse, non si può dare credito a un movimento politico, questo, sì,  del tutto tecnocraticamente leninista, ripeto: le-ni-ni-sta – che si configura nell’opacità dei suoi gestori, tale Casaleggio associati.

E, va da sé, nell’improponibilità culturale di molte sue figure pubbliche, tu ora mi dirai “E Fico allora?”, e io ti risponderò che non si è mai compreso con esattezza che cifra l’uomo davvero riassuma, anzi, come dicono al Sud, che pesce sia.

Magari, come escluderlo, occorrerebbe una forza “di sinistra” per un semplice fatto di fantasia, come quando il comico Coluche, collega di Grillo, lui, sì, compiuto eversore, lassù nell’Esagono immaginò se stesso nella corsa per l’Eliseo, no vorrei buttarla eccessivamente in cultura, ma Tristan Tzara, l’inventore del Dadaismo, sarà in prima fila nella battaglia antifascista per la Spagna repubblicana, e a chi dovesse dire che si tratti di cose vecchie e superate non resta che rimandarlo al volto di un Giorgio Amendola, ombra trascorsa della sinistra italiana, lo stesso di cui l’altro giorno ho scorto un libro dentro l’immondizia, decidendo di salvarlo prima che finisse in discarica, un racconto autobiografico che, a dispetto di tutto, mi ha restituito il racconto di un signore napoletano, famiglia borghese, in possesso di una intelligenza e di una finezza e ironia non comuni, sarà grave citare Giorgione Amendola, l’Ollio della sinistra migliorista italiana o c’è l’obbligo di non andare oltre, che so, Zanda?

Occorrerebbe una forza “di sinistra” in primo luogo per resistere al semplice raccapricciante pensiero che Matteo Renzi possa essere scientemente capace di pretendere una Chiara Ferragni tra i capilista del suo partito (idea non peregrina, posto che perfino un consulente d’immagine dei tramontati Ds suggeriva a Fassino di affidarsi a Dolce e Gabbana e a Donatella Versace, giuro, è tutto vero) poco importa se il Pd o quello nuovo o quell’altro ancora che dovesse avere in mente.

Ma ciò che più mi ha convinto circa la necessità di fare caso alla faccia ancora buia del Pianeta Astensione, con le sue scimmie irriducibili al paesaggio politico finora conosciuto e consueto, è stata la lettura del programma del corso di studio della Scuola Holden, dominio di Baricco, colui che anni addietro disse che sarebbe stato il caso di “lanciare un arpione al futuro”, divenuta nel frattempo quasi un’università, lauree per impeccabili ceti medi riflessivi, il cinema giansenista penitenziale di Nanni Moretti come corso a latere, là dove si parla testualmente di un “nuovo umanesimo”, mica c…! Quanto al modo per raggiungerlo, basterà fare caso alle seguenti discipline: “Armonia: Come accostare le cose in modo giusto”. E ancora: “Design della mente: Come strutturare i pensieri e la realtà”, cui segue “Figure: Come unire punti apparentemente remoti”, e infine, imperdibile, “Instabilità: Come muoversi nel mondo mutando forma”.

Soprattutto quest’ultimo punto, questa idea della mutazione delle forme, tra Lukács e Tiramolla, mi appare davvero interessante, passibile d’ogni interpretazione, fosse anche la più immaginifica; se lo dicono loro, se questi ti possono perfino dare il brivido erotico di una laurea, quale malinteso senso del limite e della responsabilità dovrebbe impedire ad altri di tornare a sventolare felici una propria bandiera in cima alla propria tavernetta, al proprio piccolo chalet del 7%? Come dice quello, sì, quello, Marcuse?  “Weitermachen!” Esatto: Continuare.

 

Sorgente: Voglio una cosa di sinistra. Anche al 7% | L’HuffPost

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