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Il 23 settembre la firma. La prima accoglienza in Italia e a Malta, poi saranno distribuiti in Europa. I due Paesi ne prenderanno il 25% ciascuno

ROMA. La trattativa segreta parte da lontano, dal 18 luglio scorso. C’era stata quel giorno a Helsinki una riunione dei ventotto ministri dell’Interno, Matteo Salvini presente. Italia e Malta presentarono un documento congiunto per portare a livello europeo il problema degli sbarchi. Lo stesso giorno, Francia e Germania presentarono un loro documento, dedicato invece alle navi umanitarie. Fu deciso in quella sede di lavorare a un documento congiunto. Nel frattempo i tecnici hanno lavorato sodo per amalgamare le posizioni. E ora ci siamo: il 23 settembre, a Malta, i quattro ministri dell’Interno si vedono per suggellare il lavoro degli sherpa e presentare il «Temporary predictive riallocation program». Un Programma temporaneo e predefinito per le riallocazioni. Il tema di cui parlerà oggi anche Giuseppe Conte a Bruxelles, all’incontro con Ursula von Der Leyen.

Quindici giorni dopo, al vertice tra ministri dell’Interno e della Giustizia che si terrà in Lussemburgo, si spera che ci siano molte altre adesioni per partire sul serio con slancio europeista.

Il punto su cui i quattro governi hanno negoziato è un meccanismo automatico, per quote prefissate, che approfitta di un cavillo nel Regolamento di Dublino. E allora: quando ci sarà la prossima emergenza con una nave umanitaria (generalmente sono Ong francesi o tedesche), Francia e Spagna in quanto Paesi di bandiera chiederanno a Italia e Malta di fornire i loro porti come «punti sicuri di sbarco», senza che per questo italiani e maltesi dovranno farsi carico di tutto quel che segue.

Il porto sarà indicato e seguirà una prima accoglienza, ma con l’accordo che nel giro di un mese, tassativamente, tutti gli sbarcati siano accolti altrove. Per il momento, sia il governo francese, sia quello tedesco si sono impegnati a prendersi il 25% degli sbarcati. Ma per Italia e Malta non è ancora sufficiente. E perciò il programma non dovrebbe essere operativo fintanto che il 100% degli sbarcati non avrà una destinazione sicura.

Italia e Malta si sono trovate d’accordo che non accoglieranno nessuno facendosi scudo di una ragione economica: già quel mese di accoglienza sarà un forte impegno logistico ed economico. Salvini non voleva concedere di più. E siccome l’accordo è ormai in dirittura d’arrivo, probabilmente anche il neoministro Luciana Lamorgese non si discosterà dalla linea.

Questo impegno alla ricollocazione per percentuali prefissate si basa chiaramente sull’esperienza di questo ultimo anno – anche ieri, grazie alla regia di Bruxelles, i profughi a bordo della «Alan Kurdi» scenderanno a Malta e in seguito andranno altrove – ma vuole superare il caso per caso, come esplicitato ieri al Senato dal premier Giuseppe Conte: «È un fenomeno che va gestito a livello europeo».

Conte ha aggiunto: «Dobbiamo lavorare al più presto per modificare il regolamento di Dublino». La modifica del regolamento richiederà tempi lunghi, però. Ed è tutto da vedere se andrà in porto. Nel frattempo i Paesi volenterosi si sono resi conto che è inaccettabile il braccio di ferro con le navi in mare e la contrattazione tra governi. Con questo Programma, formalmente il regolamento è rispettato: Paese di approdo sarà là dove lo straniero è riallocato, non quello del mero scalo tecnico.

Ma perché questo accordo non suoni da «via libera» soltanto alle Ong, è previsto che i partner europei siano di manica larga (sempre per percentuali prefissate) anche con chi viene salvato nell’area Sar italiana o maltese attraverso la Guardia costiera, accettando il principio che questi disgraziati puntano ad entrare in Europa, non in Italia o a Malta.

Sorgente: Migranti, patto con Francia e Germania: “Sbarco nei porti sicuri e ricollocazione” – La Stampa

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