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L’unica vera base di incontro fra i partiti del nuovo governo, più e prima ancora dei posti e delle sedie da occupare, appare la distanza e l’opposizione rispetto a Salvini

DI ILVO DIAMANTI

Il governo giallo-rosso sta cominciando il suo cammino. Oggi affronterà la fiducia alle Camere. I gialli del M5s e i rossi del Pd (più che rossi, forse, rosa…) hanno promosso una nuova maggioranza. Guidata dallo stesso premier precedente. Giuseppe Conte. Mentre la Lega è rimasta fuori. A fare opposizione. Dopo avere aperto la crisi, a Ferragosto. E oggi sono molti a parlare di una scelta azzardata, con esiti imprevisti. Da Salvini. Convinto che, senza la “sua” Lega, non vi sarebbe stata alternativa alle elezioni. Al più presto possibile. Un passaggio obbligato, che avrebbe premiato LdS, la Lega di Salvini. Giunta al massimo del consenso. Oltre il 34%, alle elezioni europee. Ma sopra il 35%, secondo i sondaggi delle settimane successive. Invece, è andata diversamente. Così, la Lega, oggi, appare isolata. Insieme al suo capo. Mentre il carro giallo-rosa marcia alla guida del Paese. Un’impresa sicuramente difficile. Dagli esiti incerti. Ma che costituisce una sconfitta, per Salvini. Oggi meno influente e importante di qualche mese fa. Tradito non tanto dagli alleati ma, anzitutto, da se stesso. Dalla propria “presunzione”. In senso letterale: la convinzione del proprio potere “presunto”. Fondato su un consenso che lo avrebbe reso insostituibile. I sondaggi più recenti segnalano, invece, un calo significativo della Lega (2-4 punti in meno rispetto alle Europee). Ma soprattutto della popolarità “personale” del leader. Tuttavia, occorre prudenza prima di sostenere che questa situazione costringerà la Lega e, soprattutto, il suo capo in un angolo. D’altronde, il nuovo governo, per ora, non suscita grande fiducia fra gli italiani. Meglio essere cauti nel formulare profezie “definitive”. Quanto meno, perché attraversiamo tempi liquidi. Durante i quali tutto cambia e può cambiare. Molto in fretta.

D’altra parte, non è scontato che Salvini si senta spiazzato da questa soluzione. Cioè: l’uscita dal governo. Il passaggio all’opposizione. Certo, avrebbe preferito nuove elezioni, considerato il clima d’opinione. Ma restare al governo gli sarebbe costato di più. Avrebbe comportato rischi maggiori. Soprattutto di fronte ai costi che comporteranno, per le famiglie e le imprese, le misure della manovra finanziaria nei prossimi mesi. Ora ha le mani libere. Può fare – lui sì – l’avvocato, o meglio, il tribuno del popolo. Contro i poteri forti che impongono sacrifici ai cittadini. Ai lavoratori e agli imprenditori. I poteri forti, che ci sorvegliano. In Italia e soprattutto in Europa. Dove oggi si è insediato Gentiloni. Il vero emblema e riferimento di questo governo. Europeo.
D’altronde, l’opposizione è il mestiere che Salvini conosce meglio. Lo ha fatto, per un anno, “nel” governo. Ma, oggi, può finalmente “fare opposizione nell’opposizione”. Mobilitando le piazze piuttosto che le spiagge…

Questa condizione, peraltro, potrebbe alimentare un clima d’opinione a lui favorevole. Tanto più perché attraversato dal risentimento. Contro di lui. l’anti-salvinismo. Indicato da molti osservatori e commentatori come la principale chiave di lettura, il principale fattore unificante, di questa maggioranza.
Infatti, è difficile individuare elementi di coesione o almeno di convergenza fra i nuovi soci di governo. Soprattutto dopo l’ultimo anno, durante il quale il Pd ha associato la Lega e il M5s nella critica incondizionata. Il M5s: complice e subalterno rispetto alla Lega di Salvini. Ridotto a una L5s. Lega a 5 stelle.
Così, l’unica vera base di incontro fra i partiti del nuovo governo, più e prima ancora dei posti e delle sedie da occupare, appare la distanza e l’opposizione rispetto a Salvini. L’antiasalvinismo, appunto.

Tuttavia, proprio questo aspetto potrebbe produrre conseguenze non previste. Sgradevoli, per la compagine di governo. E, dunque, gradite alla Lega di Salvini. Anzitutto, perché restituirebbe alla Lega e al suo capo il ruolo che sanno fare meglio. L’opposizione, appunto. Scaricando sugli altri le conseguenze e i costi di scelte che, altrimenti, avrebbero dovuto assumere in modo diretto.
Poi, perché la “personalizzazione” della politica è efficace anche – e tanto più – in funzione “negativa”. Come frattura che attraversa il sistema. E gli offre struttura e riferimenti.
Basta rivolgere lo sguardo indietro. Dal 1994 fino a pochi anni fa il vero muro che ha attraversato la politica in Italia è l’anti-berlusconismo. Il muro di Arcore. Che ha rimpiazzato il muro di Berlino. Opponendo Berlusconi ai “neo e post-comunisti”, secondo lo schema predicato dal Cavaliere.

L’anti-berlusconismo è durato vent’anni. Fino all’arrivo di Matteo Renzi. Il quale, a sua volta, ha eretto un muro, comunque, un “muretto”. Tra il “suo” Pd, il PdR, e gli altri. Soprattutto dopo il referendum del 2016, che ha personalizzato e diviso gli elettori su base personale. Amplificando l’anti-renzismo.
Così, oggi, l’anti-salvinismo potrebbe generare effetti imprevisti. In contrasto con le intenzioni di coloro che lo evocano. Facendo di Salvini “il nuovo muro” di un’Italia divisa. Garantendogli, in questo modo, legittimazione. E visibilità.
Insomma, ai soci della nuova maggioranza, conviene trovare “buone ragioni” di dialogo e di intesa. Sul piano economico, sociale, sull’Europa. E far silenzio su Salvini.

Sorgente: L’anti-salvinismo che rafforza Salvini | Rep

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