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In 600mila ieri alla festa nazionale catalana. I partiti secessionisti divisi e in lotta tra loro. La popolazione si prepara a una mobilitazione permanente

DALL’INVIATO A BARCELLONA. 

Il rito si è tornato a compiere, gli indipendentisti in piazza per mostrarsi all’Europa e al mondo: «La Catalogna deve essere uno Stato». Ma stavolta tutte queste bandiere repubblicane e i cori insistenti hanno un obiettivo molto più prossimo: «I nostri partiti ci portino all’indipendenza». E il banco di prova della disobbedienza, in teoria, sarebbe vicino: fra poche settimane arriverà la sentenza del processo ai leader in carcere preventivo da quasi due anni, con l’accusa di aver, di fatto, organizzato un colpo di Stato violento, nel tentativo di proclamare l’indipendenza nell’autunno del 2017.

I leader in carcere
A Madrid e Barcellona nessuno ha dubbi: per Oriol Junqueras e compagni ci sarà una condanna e probabilmente non sarà lieve (l’accusa è arrivata a chiedere 25 anni di carcere per il leader di Esquerra). E a quel punto in qualche modo si dovrà rispondere. La sola idea porta scompiglio nei partiti, ognuno con una strategia diversa. Il presidente della Generalitat Quim Torra, con l’appoggio del suo predecessore Carles Puigdemont, parla di «aprire uno scontro con lo Stato», senza spiegare come si dovrebbe articolare. Junqueras dal carcere vuole nuove elezioni catalane. La piazza sogna di far diventare Barcellona una Hong Kong del Mediterraneo, con una mobilitazione permanente.

La strategia sbagliata
Sul Passeig de Gracia, al mattino, passano turisti e gente al passeggio, «lei vede un clima prerivoluzionario?», chiede retoricamente Francesc-Marc Álvaro, professore e autore di un saggio sull’indipendentismo fresco di stampa («Saggio generale di una rivolta»). Per Álvaro gli errori degli indipendentisti sono stati enormi, «ma se la Spagna pensa di vincere questa battaglia solo nei tribunali si sbaglia».

La manifestazione di Barcellona di ieri, quindi, è solo un antipasto e dalle torri veneziane di Piazza di Spagna (ironie della toponomastica) viene fatto calare uno striscione: «Prepariamo la risposta alla sentenza».

La Diada meno affollata

Anche quest’anno, è il nono consecutivo, Barcellona si è riempita per la Diada, la festa «nazionale» che ricorda la caduta della città nella guerra di successione spagnola del 1714, diventata poi l’occasione per mostrarsi al mondo. «Obiettivo indipendenza», era lo slogan, un messaggio ai partiti che hanno cominciato a frenare, mischiando la retorica di sempre alla prudenza di chi è uscito scottato dalla risposta durissima della Spagna alle spinte secessioniste degli anni scorsi.

L’appello ai partiti
I numeri della piazza sono alti, 600mila persone, secondo la polizia municipale. Un dato meno stupefacente di altre edizioni nelle quali si raggiunse il milione, il più basso dall’inizio di questo movimento, ma sempre importante in una regione di 4,5 milioni di abitanti. Sui numeri si discute, ma non è questo che preoccupa gli indipendentisti. Sulla Gran Via, per oltre due chilometri, la folla dice praticamente una cosa sola: «I partiti trovino l’unità». Non è un invito generico, perché, a distanza di due anni dal referendum proibito, di quell’epica risorgimentale è rimasto ben poco.

Strategie differenti
I partiti indipendentisti sono sempre più divisi, governano insieme, ma si fanno la guerra senza nemmeno preoccuparsi di nasconderlo. Esquerra Republicana e il Partito democratico (PdCat) non si mettono d’accordo sulla strategia da adottare. Alcuni vogliono dialogare con il governo spagnolo, Junqueras dalla sua cella, altri vogliono mettere lo Stato nuovamente alle corde, Puigdemont. Per i primi l’indipendenza non si può portare avanti con questo rapporto di forze, per gli altri bisogna insistere sulla via unilaterale. Finita, quindi, la minaccia per Madrid? Non proprio, perché in Catalogna restano almeno 2 milioni di persone che, nonostante i tanti guai, hanno interiorizzato la secessione. I partiti però, Esquerra e l’ala moderata del PdCat frenano, hanno molti dirigenti in carcere e hanno capito cosa vuol dire confrontarsi, in maniera improvvisata, a una potenza come la Spagna. Non si dovrà aspettare molto per vedere una nuova prova di queste contraddizioni, Barcellona proverà a diventare Hong Kong.

Sorgente: La sfida degli indipendentisti a Madrid. Trasformare Barcellona in Hong Kong – La Stampa

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