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di Federico Rampini

Mentre il mondo segue con apprensione un nuovo scontro geopolitico legato all’energia fossile – la tensione che oppone Iran e Arabia saudita – un altro conflitto politico sull’ambiente oppone due poteri americani al cento per cento. È la resa dei conti sul cambiamento climatico fra il governo federale di Donald Trump e la California, il più grande e ricco tra gli Stati Usa. Nel suo accanimento contro l’ambientalismo, Trump lancia una sfida che non era stata osata neppure dall’amico dei petrolieri George W. Bush.

Ieri Trump ha annunciato che revoca il diritto speciale della California a fissare le proprie regole sull’ambiente. Quella prerogativa risale al 1970, la riconobbe un altro presidente repubblicano, Richard Nixon. Quest’ultimo non era uno stinco di santo, eppure oggi sarebbe più vicino a Greta che all’attuale capo della Casa Bianca.

Lo scontro finale tra le due Americhe è quasi “obbligato”, perché il negazionismo di Trump sul clima è stato in parte vanificato dalla California. Questo Stato supera per ricchezza Francia Inghilterra Italia, e sarebbe membro del G7 se fosse indipendente. È la sede della Silicon Valley, dei giganti digitali, del turbo-capitalismo più avanzato, ma anche della Tesla che produce auto elettriche. All’avanguardia da anni nelle energie rinnovabili, la California ha deciso che rispetterà gli accordi di Parigi, checché ne dica Trump. Il governo locale, con sede a Sacramento e in mano al democratico Gavin Newsom, ha fatto di più. Proprio in virtù della sua facoltà di legiferare in materia di ambiente, ha imposto drastici tagli alle emissioni per le auto, i camion, le centrali elettriche. L’esatto opposto della deregulation fossile varata da Washington. Le maggiori case automobilistiche americane e straniere hanno già annunciato che rispetteranno gli standard californiani in fatto di emissioni carboniche.

Il “federalismo ambientalista” ha spinto 13 Stati Usa a riconoscere la California come la propria guida: le loro normative sono agganciate automaticamente a quelle di Sacramento. Questo svuota la deregulation fossile di Trump e lo rende impotente. Alla Ford, alla General Motors, e molte altre case, non conviene produrre due gamme di auto diverse, le une da vendere in California e 13 Stati Usa, le altre più inquinanti per il Texas e i rimanenti. Costa troppo, è un controsenso. Sicché alla fine è lo Stato più ambientalista a imporre le sue regole che diventano universali.

Trump ha provato prima a prendersela con gli industriali dell’auto. Ha ordinato al suo Dipartimento di Giustizia di promuovere un’azione antitrust: come se le case automobilistiche fossero “colluse” nel rispettare le norme della California. Ma questa accusa di oligopolio è a dir poco azzardata. E allora Trump tenta “l’arma nucleare”: stracciare quell’autonomia di Sacramento che è sedimentata nell’ordinamento federalista da mezzo secolo. Con un ordine esecutivo il presidente ha cancellato il Waiver – deroga speciale – contenuto nella legge Clean Air Act del 1970 che porta la firma di Nixon. È certo che la contesa arriverà fino alla Corte suprema. Il massimo organo costituzionale ha una maggioranza di giudici repubblicani grazie alle due ultime nomine di Trump. Però il presidente corre dei rischi. La destra americana per tradizione è federalista e difende gelosamente l’autonomia dei singoli Stati: grazie a questa, per esempio, gli Stati repubblicani respingono ogni interferenza di Washington sul diritto a possedere armi. Anche i giudici conservatori saranno in crisi, perché una ferita all’autonomia della California oggi potrebbe tradursi domani (se cambiano i rapporti di forze al Senato, se la Casa Bianca va a un democratico) in un’ingerenza nelle scelte del Texas o altri Stati repubblicani.

La resa dei conti è formidabile. Washington contro Sacramento, non è solo il tentativo estremo di difendere la libertà d’inquinare. Ciò che Trump non può sopportare della California, è il “modello” stesso di un capitalismo a lui avverso ma dinamico e opulento. La Silicon Valley non è affatto la culla del socialismo che piacerebbe a Bernie Sanders o Elizabeth Warren. Anzi al proprio interno l’economia digitale della West Coast ha generato diseguaglianze abnormi, eserciti di senzatetto, storture monopolistiche. Anche il mito della sostenibilità digitale va maneggiato con cautela, perché una parte dell’inquinamento Apple e compagnia lo hanno semplicemente delocalizzato altrove. Non sono santi, i capitalisti di San Francisco e Seattle. Ma questo li rende ancora più “pericolosi” per Trump, in un certo senso. La scelta della California dimostra che si può scommettere sull’ambiente anche in un’economia di mercato, coinvolgendo le più grandi imprese per capitalizzazione di Borsa. Che puntano al profitto, ma guardano lontano, vedono arrivare un disastro, capiscono qual è il loro interesse nel lungo termine.

Sorgente: Combattendo California | Rep

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