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Con la riesumazione di una vittima si scoprono gruppi sanguigni diversi. Caso riaperto dopo il libro del giudice Priore. I morti potrebbero essere 86

ROMA. La sorpresa viene dall’esame del Dna: nella tomba di una delle vittime della strage di Bologna, la giovane mamma Maria Fresu, che aveva 24 anni al momento dell’esplosione, c’erano i resti di due donne diverse. Ed è un vero giallo.

Sarà necessario procedere ora con le comparazioni genetiche tra famigliari e verificare che cosa di quei poveri resti sia riconducibile alla Fresu e cosa no. Ma questa scoperta può aprire scenari inimmaginabili. E quindi il tribunale di Bologna, dove è in corso un processo a Gilberto Cavallini, all’epoca giovanissimo neofascista affiliato ai Nar, accusato di essere tra gli esecutori della strage, andrà fino in fondo.

Il mistero della Fresu era stato sollevato dall’ex giudice Rosario Priore nel suo libro «I segreti di Bologna», scritto a quattro mani con l’avvocato Valerio Cutonilli. Priore aveva rimarcato un’incongruenza clamorosa: dagli atti emerge che la signora Fresu avesse il gruppo sanguigno 0; e questa è una tristissima certezza perché Maria aveva avuto una bimba due anni prima, ci sono ancora le cartelle cliniche del parto. Per inciso: quel 2 agosto, Maria Fresu stava andando in vacanza con la piccola Angela e due amiche; si trovavano tutte nella sala d’aspetto della stazione e l’esplosione non risparmiò lei, né la piccola, né una delle giovani. Ebbene, nella tomba Fresu c’era conservato un lembo facciale di donna, il cui gruppo sanguigno è A. E ciò è strano anzi impossibile, sosteneva Priore: o il gruppo sanguigno è 0 oppure A.

Per venire a capo del mistero, la corte bolognese aveva deciso la riesumazione dei resti della Fresu. Qualche giorno fa, il clamoroso risultato: due Dna diversi. E ora non resta che aspettare il prossimo passaggio. Ma se il lembo facciale non è di Maria, di chi è? Forse le vittime sono ottantasei? Va riscritta la storia della strage?

I più interessati a quel reperto di carne umana sono i periti esplosivisti. Ha spiegato il professor Danilo Coppe: «Con gli elementi in possesso, le cose non tornano». Particolare raccapricciante, ma indispensabile per capire la portata del mistero: il lembo facciale, quasi uno scalpo (e dalle foto si capisce che era di una giovane donna), fu trovato lontano dalla sala di attesa, tra i binari. Per gli esplosivisti, la spiegazione è una sola. Succede quando una persona è a diretto contatto con l’esplosione; su quel reperto quindi possono esserci utili particelle di esplosivo. E però non torna con quanto si sa di Maria Fresu, che invece sostava a molti metri dalla detonazione. Di qui, la fibrillazione che ha accolto la notizia. Se fosse confermato che sono stati trovati i resti di una un’altra giovane donna che si trovava a diretto contatto con la valigia dell’esplosivo, c’è da domandarsi: chi era? Una turista mai individuata o chi portò la bomba dentro la stazione? E dove è finito il cadavere?

Sorgente: Bologna, l’ultimo giallo della strage. In una bara due Dna sconosciuti – La Stampa

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