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Lavoro Povero. Festa nazionale di “Riconquistiamo tutto”, la minoranza Cgil. Parlano i delegati: «In questi anni ci siamo impoveriti, anche i contratti non ci tutelano»

Massimo Franchi – Collegno (Torino)

Vaglielo a dire ai lavoratori che prendono meno di 9 euro l’ora che siamo contrari al salario minimo». Il dilemma dei sindacati di fronte al disegno di legge del M5s lo racchiude Mirko, delegato della Morgan Carbon Italia di Martinsicuro (Teramo). Il dibattito organizzato alla festa nazionale di «Riconquistiamo tutto», la minoranza Cgil, porta sul palco quattro lavoratori e il presidente del Direttivo della Cgil Franco Martini. Le sfaccettature di un mondo del lavoro sempre più povero fanno da caleidoscopio ad una situazione dove la confusione regna sovrana.
«Nel terziario ci sono interi contratti, a partire dal famigerato Multiservizi, con minimi salariali più bassi: il nostro per esempio è di 6,84 euro», racconta Isabella che lavora da Decathlon a Torino. «È chiaro che chi guadagna queste cifre pensa che il salario minimo sia giusto e fa fatica a capire la nostra posizione. Il nostro vero dramma però sono gli orari: qualsiasi mia collega vorrebbe lavorare più ore e invece siamo tutti a part time involontario», conclude Isabella.
«Il contratto dei chimici del 2008 è stato il primo a cancellare il cosiddetto “valore punto” e introdurre l’Ipca e le verifiche ex post sull’inflazione quando addirittura le imprese nel 2015 volevano chiederci in dietro gli aumenti del contratto precedente. Oggi possiamo dirlo: ad ogni rinnovo abbiamo perso salario reale», racconta Massimiliano che lavora alla Pirelli di Torino, da pochi anni diventata mezza cinese.
Tentativi di migliorare la situazione salariale ne esistono, sparsi sul territorio. Alla Same di Treviglio (Bergamo) gli Rsu Fiom sono riusciti a strappare all’azienda un accordo in controtendenza rispetto ai contratti nazionali e aziendali recenti fatti tutti di benefit e premi di risultato. «Siamo riusciti a farci riconoscere 15 euro sui minimi tabellari validi per tutti: non sono tanti ma un anno dopo sono tutti contenti anche perché in più abbiamo fatto un accordo per ridurre l’orario: ci pagano 40 ore settimanali anche se in media annuale ne lavoriamo 38», spiega Matteo.
«Io non so quale sarà il testo definitivo della legge – esordisca Franco Martini – , quello che so di sicuro è che il salario minimo orario è un cavallo di Troia. Se l’obiettivo è denunciare che in Italia ci sono i bassi salari, siamo tutti d’accordo. Ma i salari si alzano favorendo la contrattazione collettiva che in gran parte sta già sopra i 9 euro, peraltro lordi nella proposta del M5s. Invece viene il dubbio che la legge voglia vanificare i contratti nazionale, tant’è vero che il governo non sta rinnovando la convenzione con l’Inps per attuare il Testo unico sulla certificazione sulla rappresentatività degli iscritti: mantiene l’attuale sistema caratterizzato la presenza di centinaia di contratti pirata che producono dumping salariale tra i lavoratori», conclude Martini.
A chiudere il dibattito è stata Eliana Como, la portavoce di «Riconquistiamo tutto». «Non si può affrontare tema “salario minimo” con semplificazioni ne’ approccio ideologico. I contratti nazionali in questi anni non hanno difeso il potere d’acquisto. La stessa Cgil ha firmato contratti ben sotto i 9 euro. Rischiamo di subire la propaganda 5 stelle, non solo perché parlano di 9 euro che 9 euro non sono ma anche perché se è il governo a proporsi in difesa dei salari il rischio è che ottengano quel processo di disintermediazione che da tanto auspicano. Credere che il governo ci regali l’aumento dei salari è folle, altrettanto opporsi a prescindere al salario minimo e difendere questo modello salariale perché ha palesemente fallito – analizza Como – . Per non restare schiacciati, la strada passa dal riconoscere il fallimento di politica salariare di ultimi anni e rilanciare una vertenza generale e radicale per riconquistare contratti veri e scardinare tutte le gabbie che via via abbiamo accettato in questi anni», chiude Como.

Sorgente: Sindacato e salario minino: «Come lo spieghiamo ai lavoratori?» | il manifesto

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