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Forze speciali e poliziotti contro i manifestanti che protestavano per l’esclusione dei dissidenti dalle elezioni

MOSCA. «Siamo disarmati!» urla la folla. Ma gli agenti in assetto antisommossa non si fermano: trascinano via con la forza i manifestanti e distribuiscono manganellate a chiunque capiti loro a tiro. Il centro di Mosca ieri è stato testimone dell’ennesimo atto di repressione politica della Russia di Putin. In serata si contano oltre mille persone arrestate, ma il bilancio potrebbe crescere ulteriormente. Almeno sei dimostranti hanno invece riportato delle ferite. Tra loro c’è una giovane donna che sanguina vistosamente dalla testa. Si è beccata una manganellata, ha perso per un attimo i sensi, poi si è pulita le mani imbrattate di sangue sulla divisa dei poliziotti.

La gente chiede che anche gli oppositori possano correre alle elezioni di settembre per rinnovare il Consiglio Comunale di Mosca. Molti dissidenti si sono visti bocciare la candidatura. Chi aspira a diventare consigliere comunale senza essere sponsorizzato da un partito presente alla Duma deve infatti raccogliere circa 5.000 firme.

Esclusi dalle elezioni

Molti ce l’hanno fatta, ma le autorità hanno comunque sbattuto loro la porta in faccia invalidando molte firme con pretesti ed errori voluti. «Che fine hanno fatto le nostre firme?» scandiscono in coro i manifestanti sfidando le schiere delle forze speciali «Omon». La protesta, ovviamente, non è stata autorizzata, e le teste di cuoio rispondono avventandosi sui dimostranti e portandoli via. «Pozor! Pozor!», «Vergogna!», gli urla contro la folla. «È assurdo che per manifestare ci voglia il permesso del governo», ragiona Mikhail. «Ma anche se non ci riconoscono il diritto di scendere in piazza, noi abbiamo il dovere di farlo».

La protesta è iniziata nel primo pomeriggio davanti al municipio di Mosca. È qui che Aleksey Navalny aveva dato appuntamento ai suoi sostenitori prima di essere arrestato e condannato a 30 giorni dietro le sbarre. Di fronte all’imponente edificio rosso di viale Tverskaya sono però schierati centinaia di poliziotti, che cominciano ad arrestare ancor prima che la protesta abbia inizio. La strada che conduce in Piazza Rossa è blindatissima e le transenne impediscono il passaggio a chi vorrebbe manifestare. I dimostranti si spostano quindi in corteo nelle vicine vie del centro di Mosca, illuminate da un caldo sole estivo. La protesta è pacifica, la gente non chiede che il rispetto di un diritto fondamentale: quello di partecipare a elezioni che siano davvero libere. Ma per il Cremlino ogni manifestazione è una minaccia, soprattutto ora che la stagnazione economica e l’aumento dell’età pensionabile hanno notevolmente ridotto la popolarità di Putin. In Russia il malcontento avanza e le proteste si moltiplicano.

Crolla la popolarità di Putin

«Putin vattene!», «La Russia senza Putin». Sono questi gli slogan più urlati. «L’anno scorso non hanno permesso a Navalny di candidarsi alle presidenziali, adesso vogliono tagliare fuori chiunque sia contro il Cremlino», dice Svetlana, una ragazza sui vent’anni. Nel 2013 Navalny raccolse quasi un terzo dei voti alle elezioni per il sindaco di Mosca. Da allora la sua partecipazione alla politica è stata impedita in ogni modo. Adesso però migliaia di persone protestano contro l’esclusione dei suoi alleati dalle elezioni comunali: oppositori di spicco come Yashin, Sobol e Gudkov.

«Questa è la nostra città», scandisce ancora la folla. La protesta va avanti fino a sera. Fino agli ultimi arresti in Piazza Trubnaya. Nel frattempo i tg mostrano come principale notizia del giorno l’immersione di Putin negli abissi del Golfo di Finlandia a bordo di un batiscafo. «La Russia sarà libera!» urlano i manifestanti, più un auspicio che un grido di battaglia. Ma l’opposizione non molla: sabato prossimo si protesta di nuovo.

Sorgente: Putin soffoca l’opposizione, mille arresti – La Stampa

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