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Nulla di fatto per le nomine. Sospeso il vertice più lungo della storia Ue, si riprende martedì

La decisione di Donald Tusk dopo il nulla di fatto

by Angela Mauro

La notte porta consiglio? Forse no. Dopo una nottata intera di trattative che sono andate avanti a fatica fino a metà mattinata, al consiglio europeo straordinario in corso a Bruxelles sulle nomine europee riappare il nome del socialista Frans Timmermans per la presidenza della Commissione europea, ma ancora nessuna soluzione, ma poi tutto si ferma. Affossata dall’assemblea dei Popolari ieri, la candidatura dell’olandese è rispuntata fuori nel corso degli incontri bilaterali della mattina. Deve però ancora essere discussa dai leader nella riunione comune, che riprenderà domani, martedì, alle 11, dopo la fumata nera di oggi. Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha, infatti, decretato lo stop della riunione.

In attesa che i lavori riprendano, resta una minoranza di blocco contro Timmermans da parte dei paesi governati dal Ppe, in primis il blocco di Visegrad e chissà se anche l’Italia, visto che Matteo Salvini è contrario mentre il premier Giuseppe Conte dice non porre “veti”. Ad ogni modo, oltre a Visegrad, anche Lettonia, Romania, Croazia e Cipro sono contrari a Timmermans. Pur senza l’Italia, i paesi contro sono 8 e sono sufficienti per bloccare l’olandese (non ci sarebbe infatti la maggioranza di 21 sul totale di 28 paesi Ue).

Di certo, già ora si può dire che questo summit europeo è da record: i leader sono riuniti da ieri sera, il vertice è il più lungo di tutti i tempi, superando persino i vari consigli infiniti del 2015 sulla crisi del debito in Grecia.

A metà mattina in sala stampa il nuovo schema – ancora traballante – viene spiegato dal portavoce della presidenza finlandese di turno dell’Ue, al via proprio oggi. Oltre a Timmermans successore di Juncker, la nuova bozza di accordo prevederebbe la presidenza del Consiglio affidata al Ppe. Anche se il nome di Michel Barnier continua a essere un’ipotesi: raccoglie maggiori consensi ma al momento non ha quello della Germania, benchè Barnier sia del Ppe, la famiglia politica di Merkel. I tedeschi però fanno fatica ad accettare un francese, dopo che Emmanuel Macron ha affossato la candidatura del bavarese Manfred Weber per la Commissione.

Il nome sul tavolo è quello della bulgara Kristalina Georgieva, esperienza in Banca mondiale ma con un ‘neo’: non è mai stata premier. Per la prassi, non potrebbe diventare presidente del Consiglio europeo, l’organo che riunisce appunto i capi di Stato e di governo. Ma di fronte allo stallo che ha tenuto in piedi i leader per tutta la notte in questo terzo vertice sulle nomine dal voto di maggio, tutto è possibile. E allora qui spiegano che se l’accordo su Timmermans regge (socialisti e liberali insistono sul loro candidato, Pedro Sanchez ed Emmanuel Macron guidano questa ‘crociata’), allora è possibile che anche la ‘mai premier’ Georgieva presieda il consiglio: non c’è una regola scritta.

Ancora, lo schema prevederebbe due posti per i liberali in Commissione: l’Alto rappresentante per la politica estera e una vicepresidenza. Rispettivamente affidati al belga Charles Michel e la danese Marghrete Vestager.

Quanto alla presidenza dell’Europarlamento – che dovrà essere votata dopodomani a Strasburgo – è stata offerta al capolista del Ppe Manfred Weber. Tedesco, Weber ha combattuto fino all’ultimo per fare il presidente della Commissione. Dalle informazioni a disposizione, non sarebbe molto contento della nuova offerta, anche se la proposta durerebbe per cinque anni. Cioè Weber presiederebbe l’Eurocamera per tutta la legislatura e non solo per metà, come è successo nel mandato 2014-2019, quando la presidenza è stata tenuta dai socialisti con Martin Schulz per la prima metà e con Antonio Tajani di Forza Italia (Ppe) per la restante parte.

E’ il Ppe la vera incognita. Al suo interno c’è il blocco più contrario al socialista Timmermans per la Commissione. A cominciare dai paesi di Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia. E con l’incognita Italia. Matteo Salvini si è schierato con l’est, contro Timmermans, diversamente da Conte, arrivato a Bruxelles con la mission di non porre veti contro l’olandese. “Quella di Salvini è sua opinione politica”, sottolineano fonti di Palazzo Chigi. Inoltre, Timmermans piace al M5s: “E’ l’unico che abbia il salario minimo europeo nel programma”, dicono le stesse fonti di governo. “Sta a Conte, che è il premier, fare la sintesi tra Lega e Movimento”.

Certo: Italia più il blocco di Visegrad non basta per formare una minoranza di blocco. Secondo le regole, servono almeno quattro paesi europei che rappresentino il 35 per cento della popolazione dell’Unione. Ma ieri l’assemblea del Ppe è stata pressocchè unanime contro Timmermans, ribaltando di fatto lo schema preparato da Angela Merkel negli incontri a margine del G20 di Osaka, in Giappone. Dunque è questo il vero ostacolo: nel Ppe, ormai influenzato dalla destra di Visegrad.

Tornando all’Italia, comunque, se davvero Timmermans resta sul tavolo – ieri sera era dato per fuori corsa – è prevedibile un ennesimo scontro in seno al governo, proprio alla vigilia della procedura per debito eccessivo che domani la Commissione europea tratterà nella sua riunione a Strasburgo, dovendo decidere se raccomandarla o meno al consiglio dei ministri economici (Ecofin) del 9 luglio. Il tutto alla luce di quanto verrà deciso nel Consiglio dei ministri di questa sera a Roma, dove Conte arriverà subito dopo questo summit europeo.

E la Bce? Ufficialmente non se n’è discusso, dicono fonti europee. Ufficiosamente, se lo schema Timmermans regge, il dopo-Draghi potrebbe essere francese. Quella della Bce è una casella che Macron si è scelto fin dall’inizio.

Sorgente: Nulla di fatto per le nomine. Sospeso il vertice più lungo della storia Ue, si riprende martedì mattina | L’HuffPost

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