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Il vicepremier grillino non si presenta al Cdm ma provoca gli alleati: «Basta difendere i potenti». Ira del leghista: «Non mi faccio arruolare ma non capisco le soluzioni grilline sulle crisi industriali»

Amedeo La Mattina

Il governo sembra più compatto su come affrontare la difficile partita che il premier Giuseppe Conte sta giocando sullo scivoloso crinale tra nomine europee e procedura d’infrazione. Ma appena si toccano le questioni Ilva, Alitalia e Ponte Morandi saltano i nervi. Soprattutto quando di mezzo ci sono Benetton e Autostrade, diventati la bestia nera dei 5 Stelle. Poi se c’è una cosa che fa infuriare Luigi Di Maio è sentire i leghisti mettere in dubbio il suo lavoro per trovare una soluzione per gli stabilimenti della multinazionale dell’acciaio e un partner adeguato per la compagnia di bandiera. Con tutto ciò che ne consegue sulla tenuta dell’occupazione. «Il silenzio della Lega sulle concessioni, dispiace, fa sentire ancora più protetti i Benetton. A me il partito dei Benetton – afferma il vicepremier grillino – non fa paura, questa volta vincono i cittadini non i Benetton. E non c’entra nulla il lavoro. A me dispiace che sulla revoca alle concessioni, ma anche sull’immunità penale per l’Ilva, Salvini dica che si perderanno posti di lavoro. Ci si può fidare di me. Noi non possiamo farci ricattare». Il capo M5S assicura che non verranno persi posti di lavoro, «ma solo i profitti della famiglia Benetton».

A sua volta Matteo Salvini non ci sta a far passare la tesi secondo cui anche la Lega fa parte del «partito» di Atlantia, degli interessi di un gruppo sul quale rimane in sospeso il giudizio della magistratura che dovrà decidere quali sono state le responsabilità sul crollo del Ponte Morandi. Sono state le parole di Di Maio a farlo infuriare: «Il mio partito non si fa arruolare da nessuno. Non ho però capito quali sono le soluzioni del ministro dello Sviluppo economico per l’Ilva, per Alitalia e chi dovrà gestire le autostrade se dovesse essere revocato la concessione all’Aspi».

Salvini abbandona il Consiglio dei ministri irritato per le parole del suo alleato. E anche per le affermazioni del ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli, che in mattinata aveva detto di sperare che la Lega «non si aggiunga alla lista infinita di avvocati strapagati dal concessionario Aspi: tuteli l’interesse pubblico che è stato leso dall’assenza di gestione, provocando 43 morti». Un’irritazione che è aumentata per l’assenza di Di Maio al Cdm che doveva decidere l’assestamento di bilancio. Un’assenza interpretata come la voglia di non mettere la sua firma sulla decisione del governo: se poi alla fine all’Europa non bastasse questo assestamento e l’Italia venisse comunque colpita dalla procedura d’infrazione, la colpa non sarebbe dei 5 Stelle. Una interpretazione che i grillini considerano «lunare e assurda», spiegando che Di Maio non era presente per motivi personali. In ogni caso, spiegano le stesse fonti M5S, la mancata partecipazione di Di Maio era stata annunciata da diversi giorni. Dunque, «Salvini si dia una calmata: semmai faccia lavoro di squadra».

Il ministro dell’Interno nega di aver fatto polemica, ma non molla sul tema di fondo. Continua ad essere preoccupato delle conseguenze che potrebbero subire i lavoratori o i piccoli risparmiatori, «gli italiani che non hanno colpe». Non possono essere loro a pagare per errori di altri. No, i leghisti non credono che Di Maio si stia muovendo bene. Dicono che sono due le cose: o il ministro grillino ha in mano delle soluzioni su Alitalia e Autostrade («ma noi non ne veniamo messi al corrente») oppure sta andando dritto contro un muro. Su Alitalia, ad esempio, l’ex viceministro Edoardo Rixi afferma che Lotito e Toto non hanno le risorse e le capacità industriali adeguate. «Piaccia o non piaccia, Atlantia potrebbe essere il partner giusto».

Sorgente: “Non difendiamo i Benetton ma chi gestirà le autostrade?” Rabbia Salvini su Di Maio – La Stampa

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