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In mare, in cielo e a terra per aiutare i migranti, le organizzazioni umanitarie non si fermano. Anzi rilanciano la sfida grazie al boom di donazioni

ROMA –  La cifra record l’hanno raggiunta due cittadini italiani che, lanciando il loro personale fundraising su Facebook, hanno messo insieme 438 mila euro grazie a 25 mila donatori, un terzo delle donazioni (ben 1.300.000 euro) che in una settimana sono arrivate alla Sea-Watch per far fronte al “costo” dell’ultima missione finita a Lampedusa con il sequestro della nave e l’arresto della Capitana Carola Rackete. Spese legali e multa del governo italiano sono più che pagate. E sulla solidarietà dei suoi sostenitori conta adesso anche Mediterranea Saving Humans che lancerà una nuova raccolta fondi: “Adesso con due navi sotto sequestro abbiamo bisogno di altri aiuti per continuare la nostra missione”, dice Luca Casarini, uno dei fondatori della Ong italiana.

Le multe e l’offensiva giudiziaria fanno paura e, con l’annunciato innalzamento delle sanzioni fino a un milione di euro, possono tagliare le gambe alle organizzazioni non governative impegnate sul fronte dei migranti. Ma la violentissima campagna politica e mediatica (non solo in Italia) non ha sortito gli effetti auspicati da chi vede nelle Ong organizzazioni con finanziamenti oscuri, il nome del magnate George Soros brandito per instillare il sospetto della grande speculazione.

Bilanci in positivo

La solidarietà ha avuto la meglio. In Italia come in Spagna e in Germania. Il temuto calo delle donazioni (che era stato ipotizzato intorno al 10-15 per cento) non c’è stato affatto e la raccolta fondi ha coperto le spese. Delle grandi organizzazioni non governative, come Medici senza frontiere e Save the children per cui i soccorsi in mare sono stati solo una parentesi, ma anche delle piccole nate con l’intensificarsi dei flussi migratori dalla Libia a fronte del disimpegno della flotta europea. Nel 2018 l’offensiva politico-giudiziaria è riuscita a fermare solo le due più piccole e più giovani, entrambe tedesche, la Iuventa (la prima nave a finire sotto sequestro a Trapani, da due anni in attesa della conclusione dell’inchiesta) e la Lifeline (nave bloccata a Malta, comandante processato e condannato). Alla fine, sul fronte dei flussi migratori, per mare, per terra e adesso anche per aria sono rimaste in otto, finanziate in massima parte da decine di migliaia di piccoli donatori.

Le Ong di mare

Nel Mediterraneo la flotta delle navi umanitarie si è dimezzata. Resistono in quattro. La Germania su tutti. Il Paese europeo che accoglie più migranti si conferma anche quello più solidale.I grandi movimenti di sinistra, i Verdi, il mondo degli attivisti, ma anche la Chiesa sono tra i grandi sostenitori delle Ong tedesche che sono tornate in forza nel Mediterraneo: la Sea-Watch innanzitutto, forte del milione e ottocentomila euro raccolti a sostegno della sue missioni in mare. Bilanci supertrasparenti come i nomi dei big sponsor, le chiese evangeliche, il cardinale Reinhard Marx, il capogruppo dei Verdi al Bundestag Anton Toni Hofreite, solo per citare qualche nome. Le entrate del 2018 hanno coperto il milione e quattrocentomila euro di spese della nave che batte bandiera olandese.

È tedesca anche la più piccola Sea-Eye tornata in mare nelle scorse settimane con la Alan Kurdi battezzata dal papà del bimbo morto nel naufragio del 2015. Un portale di finanziamento comune con la spagnola Open Arms e la neonata italiana Mediterranea Saving Humans ( con una quota anche ad Alarm Phone, il “centralino” che dà l’allarme delle barche in difficoltà) segna la strategia comune delle quattro Ong di mare che hanno deciso di aiutarsi vicendevolmente per provare a resistere a multe da capogiro e fermi di nave. Ed è quello che sta avvenendo in queste ore nel Mediterraneo con la Open Arms che ha fatto da supporto a Sea-Watch, Sea-eye e Mediterranea.

Gli spagnoli possono contare su una grande rete di finanziatori: 3,5 milioni di euro l’anno scorso, il 90 per cento di donatori privati, supporter di grido da Richard Gere al Manchester city. Ma il governo spagnolo ha deciso di tagliare loro le gambe, prima revocando l’autorizzazione a compiere operazioni di Search and Rescue, e adesso con megamulte che vanno da 200 a 900 mila euro. Il fondatore Oscar Camps prima ha atteso, poi ha tentato una missione di supporto portando provviste al campo di Lesbo, poi ha deciso per una azione di disobbedienza civile e la Open Arms è tornata in zona Sar libica perché “dal carcere si esce, dal fondo del mare no”.

I “disobbedienti” italiani sono quelli di Mediterranea, le navi “dei centri sociali”, come dice sprezzantemente Salvini facendo riferimento alla leadership di Luca Casarini. Ma dietro Mediterranea e agli 820 mila euro raccolti da ottobre 2018 c’è una composita piattaforma di società civile, dall’Arci a tanti piccoli comuni, e la linea di credito di Banca Etica che ha consentito di acquistare la Mare Jonio e di noleggiare la Alex.

Le vedette dal cielo

È l’ultima nata, Pilotes Volontaires, sede a Chamonix, per iniziativa di due piloti professionisti. Gli occhi del loro Colibrì segnalano le barche in difficoltà e danno le coordinate alle navi umanitarie. Tremila donatori hanno consentito di portare a termine 52 missioni, ognuna delle quali ha un costo di 1.500 euro. Con il Mediterraneo ormai privo di una flotta di soccorsi, l’apporto degli aerei umanitari è fondamentale. Al Colibrì si è aggiunto il Moonbird noleggiato dalla Sea-Watch: 262 mila euro la spesa nel bilancio del 2018.

Gli aiuti a terra

I “monumenti” della solidarietà sono tornati ai loro progetti di terra. Per Msf e Save the children (che pure erano scese in acqua partecipando al noleggio di diverse navi) il soccorso in mare costituiva solo una percentuale minima del loro impegno su tutti i teatri di guerra e crisi del mondo. La vicenda Aquarius, che ha dato il via alla campagna dei porti chiusi, ha indotto la Ong a puntare tutte le sue energie sulle delicatissime presenze nei centri di detenzione libici e nelle isole greche e, in Italia, nell’assistenza medica alle vittime di tortura. Un impegno premiato con donazioni in crescita, 61 milioni di euro. Così come per Save the children, quest’anno al suo centesimo anno di vita: una fiducia indiscussa, 113 milioni di donazioni, 4 team di assistenza ai minori migranti in Sicilia, Calabria e alla frontiera di Ventimiglia, un servizio Helpline e centri di supporto ai minorenni in accoglienza.

Chi ha diversificato e oggi si dedica all’intermediazione per favorire i corridoi umanitari è Moas di Regina Catrambone, la prima a scendere nel Mediterraneo nel 2015, la prima a tirarsi fuori dalla insensata guerra alle Ong per dedicarsi prima agli aiuti ai Rohingya e ora a favorire le evacuazioni dei più vulnerabili dalla Libia verso l’Europa.

Sorgente: Missione Ong: ecco l’esercito della solidarietà che spaventa i sovranisti | Rep

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