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Chiara Appendino ha detto no a un vertice interno per risolvere la crisi con la sua maggioranza, tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità pubblicamente

Dentro o fuori, Con me o contro di me. Il rapporto tra Chiara Appendino e la sua turbolenta e variegata maggioranza è arrivato a un punto di svolta vero. Non che in questi tre anni di tormentata navigazione non ci siano stati momenti critici, anche drammatici. Ma sono sempre stati composti, non senza fatica, nel chiuso di una stanza. Stavolta è diverso. Chiara Appendino ha deciso di lavare i panni sporchi in pubblico, di denunciare apertamente la faglia che la divide da un pezzo della sua maggioranza e del Movimento 5 Stelle torinese.

Si presenterà in Consiglio comunale annunciando un nuovo vice sindaco – probabilmente Alberto Unia – e spiegando di non voler passare alla storia come la sindaca dei No, delle opportunità perse e dei progetti svaniti. Non rimetterà il mandato, ma rimetterà la decisione ai 23 consiglieri che la sostengono: se siete con me si va avanti, se non lo siete ditelo pubblicamente e sfiduciatemi.

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Di sicuro è un inedito: un sindaco che si isola per due giorni, annuncia di presentarsi in Consiglio comunale con delle comunicazioni da fare di cui nessuno conosce con esattezza il contenuto. Non i suoi assessori, non i 23 consiglieri che compongono la maggioranza. Eppure è esattamente il copione che Appendino ha deciso di recitare oggi, negandosi a chi negli ultimi due giorni le ha chiesto un momento di confronto prima della resa dei conti pubblica. Non vuole un ennesimo vertice di maggioranza; ha deciso di rivolgersi direttamente alla città, scavalcando l’assemblea in cui siedono i rappresentanti degli elettori.

A chi, come la capogruppo del Movimento 5 Stelle Valentina Sganga, sostiene – non a torto – che scelte così cruciali debbano passare da una discussione interna e collettiva, e a chi invoca uno spirito collegiale finora mancato nei rapporti tra giunta e maggioranza, la sindaca oppone la sua determinazione: basta farsi rosolare, basta sgambetti e autogol. E niente discussioni in privato perché in passato hanno generato tregue infrante in un amen. La discussione deve essere pubblica e pubblici devono essere gli impegni o il dissenso. Così ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità.

Appendino lancerà la sua sfida; poi starà ai suoi reagire. Dovranno farlo a caldo, individualmente, dato che trovare una linea comune in pochi minuti sarà impossibile. E dovranno scegliere. L’ala dura, gli ortodossi, una linea di fatto già ce l’ha: ribaltare lo schema della sindaca, spiegare che non è lesa maestà (anzi, è coerenza) chiedere il rispetto del programma e dell’identità del Movimento; altri diranno che se ci sono state divergenze è perché molte decisioni sono state calate dall’alto sui consiglieri che ne erano all’oscuro.

Le incognite sono molte. La prima riguarda il destino di Guido Montanari: la delega di vicesindaco gli verrà sfilata per essere affidata ad Alberto Unia, contro cui – nonostante i rapporti con le truppe siano al minimo – nessuno può insorgere in quanto unico assessore grillino. Più complicata una cacciata di Montanari dalla giunta, che pure Appendino sta valutando: le servirebbe però un nuovo assessore all’Urbanistica e di questi tempi non è così agevole trovarlo.

Comunque vada, dalla sua la sindaca ha il sostegno incondizionato di Luigi Di Maio. Nell’universo del Movimento 5 Stelle è un fattore decisivo: chi dovesse schierarsi contro, si sarà opposto non solo a lei, ma al partito e al suo leader. Sarà responsabile della caduta di Torino e probabilmente espulso dal M5s.

Sorgente: Appendino sfida i consiglieri grillini: “Si cambia o a casa” – La Stampa

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