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Il presidente emerito della Consulta all’Huffpost: “Non si tratta di abolirle, ma se si riducono a meri gruppi di potere, allora arrivano le degenerazioni”. Il sorteggio al Csm? “Insensato”

by Federica Olivo

Le correnti in magistratura hanno assunto troppo potere? Valerio Onida, presidente emerito della Corte costituzionale, accenna a un’espressione amara in volto quando HuffPost gli fa questa domanda, a margine di uno degli eventi del Congresso nazionale di Area, la corrente che al Csm mette insieme i togati di Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia. “Eh, forse un po’ sì, purtroppo”, risponde nel chiostro del convento del centro di Roma dove si svolge la tre giorni dei magistrati progressisti. L’idea di abolire l’associazionismo nella magistratura, però, è fuori discussione: “Sono gli eletti che devono ricordare che non devono rispondere agli interessi delle correnti quando svolgono le loro funzioni”. Il riferimento è al caso Palamara, che sta portando nell’organo di autogoverno della giustizia – e nella magistratura tutta – scompiglio e sgomento.

Sulla questione il professore si lancia a una punta di ottimismo: la vicenda che ha portato alle dimissioni del consigliere togato Luigi Spina e all’autosospensione di quattro suoi colleghi potrebbe essere un punto di partenza per un’autocritica profonda, per una riflessione che possa portare la categoria a non commettere più gli stessi errori.

 

In questi ultimi giorni, dopo l’inchiesta sulle nomine delle procure, si è parlato molto di riformare il Csm. Tra le varie proposte c’è quella del sorteggio, cosa ne pensa?

Non mi sembra una proposta sensata. Si tratta di scegliere – da parte del Parlamento e dei magistrati – persone che siano in grado di esercitare la funzione delicata dell’autogoverno dei magistrati. Il sorteggio non garantisce magistrati più adatti.

 

Luciano Violante, in un’intervista ad Huffpost, pensava a un modello in virtù del quale si andrebbero a sorteggiare solo la metà dei togati a metà consiliatura, in modo da andare, con il passare del tempo, a nominare i singoli membri, non tutto l’organo. In questo caso il sorteggio sarebbe accettabile?

Il problema resta lo stesso. Al limite potrebbe essere creato un sistema per cui si elegge un determinato numero di persone e poi, tra queste, si sorteggiano i 16 togati. C’è stato un tempo in cui le commissioni dei concorsi per le università erano composte così. Un sistema elettorale del genere potrebbe anche, forse, avere un senso, ma io penso che una cosa debba essere chiara: gli eletti non assurgono a quel ruolo per rappresentare le esigenze o il pensiero dei rispettivi gruppi di appartenenza. Devono essere designate le persone ritenute più idonee a svolgere questa funzione. Quando viene designato un giudice costituzionale, dal parlamento o dalla magistratura, non viene eletto per rappresentare interessi o vedute di un partito, ma per svolgere – con uno sforzo di imparzialità – la sua funzione. Deve essere così anche per il Csm. Non è un’elezione politica. Le uniche cose che contano sono la piena indipendenza e l’autonomia dei singoli membri. Da questo punto di vista le correnti dovrebbero fare un passo indietro.

 

Secondo lei, quindi, le correnti hanno troppo potere?

Di fatto un po’ sì, purtroppo. Forse perché si è andato perdendo lo scopo originario delle correnti, che era quello di riflessione su tematiche culturali e giuridiche. Se si riducono a meri gruppi di potere, allora arrivano le degenerazioni, come quelle di questi giorni. Ma non si tratta di abolirle, sono gli eletti che devono ricordare che non devono rispondere agli interessi delle correnti quando svolgono le loro funzioni.

 

L’inchiesta sulle nomine ha portato inevitabilmente a una perdita di credibilità della magistratura agli occhi dei cittadini. Come potrà recuperarla ora?

Il vicepresidente del Csm ha preso a riguardo una posizione molto energica. L’unica cosa che resta da fare è combattere queste pratiche. Da un certo punto di vista, il fatto che sia emerso questo episodio può addirittura essere un segnale d’allarme positivo, che induce l’intero corpo della magistratura a riflettere sulle sue prassi. E a migliorarle.

 

C’è un’altra vicenda che ha visto come protagonista la magistratura in questi ultimi giorni. Mi riferisco agli attacchi fatti da Salvini ad alcuni magistrati, “rei” di avere posizioni politiche diverse dalle sue. Posizioni che, a suo dire, potrebbero influenzarne le decisioni. Cosa pensa delle parole del ministro?

E’ una vicenda che conosco solo in parte, ma se dovessimo dire che un magistrato non può emettere sentenze perché ha opinioni politiche, allora nessuno potrebbe più fare il suo lavoro. Un’altra cosa il divieto, espresso dalla Costituzione, di iscriversi a un partito politico. Al di fuori di questi casi in questi casi conta l’imparzialità. Non mi sembra che nelle circostanze cui si riferiva il ministro sia venuta meno. Non mi risulta che nessuno dei magistrati in questione abbia partecipato ad assemblee di partito.

 

Hanno espresso alcune opinioni sul decreto sicurezza nel corso di eventi pubblici..

Quando si discute di cultura e di politica anche i magistrati hanno diritto di parlare, come tutti. Sicuramente ci vuole un certo riserbo, ma un’opinione politica non pregiudica la serenità e l’imparzialità della decisione di un giudice.

 

Sorgente: Valerio Onida: “Le correnti nella magistratura facciano un passo indietro” | L’HuffPost

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