Il debito pubblico continua a salire, in contrasto con quanto succede in altri Paesi Ue, come il Portogallo e la Spagna. Ma non è l’unica cosa che separa il debito italiano dagli altri
Che il debito pubblico italiano sia alto (oltre che in aumento), è risaputo. Gli ultimi dati Eurostat certificano l’aumento nel 2018 al 132,2% del Pil, rispetto al 131,4 % del 2017. Questo in un contesto in cui il debito pubblico della maggioranza dei Paesi membri dell’Ue (24 su 28, se includiamo il Regno Unito) è sceso.
Tra questi ci sono anche la Spagna e il Portogallo che insieme all’Italia, la Grecia e l’Irlanda sono stati i Paesi più colpiti dalla crisi dell’Eurozona che ha seguito la crisi economica. Ma non è soltanto questo che separa il debito pubblico italiano da quello di altri Paesi, come Portogallo e Irlanda.
Come sottolinea uno studio della società di consulenza Prometeia, siamo in una situazione simile alla Spagna (e diversa da altri Paesi come la Grecia e il Portogallo): la maggior parte del debito pubblico italiano è in mano non alle istituzioni europee, ma a investitori privati.
Una differenza che implicherebbe un maggior rischio, sempre secondo Prometia: «Per Italia e Spagna, una quota più elevata di titoli in mano al mercato implica una maggiore dipendenza dagli investitori e, quindi, un maggior rischio di rifinanziamento. In Grecia, Portogallo e Irlanda, al contrario, il contributo del settore istituzionale europeo attenua in modo significativo tale rischio, concorrendo al contenimento dei rendimenti dei titoli governativi».